Squadra rossa o blu? Mourinho-Conte e le "bande" della Premier League

Premier League

Vanni Spinella

Alleanze, rotture, incredibili dietrofront: così nascono i "partiti" degli allenatori, tra scambi di complimenti e parole al veleno. I nemici dei nemici sono davvero amici?

RISULTATI E CLASSIFICA DI PREMIER LEAGUE

La prova in esterna, sul campo, è di quelle toste, dopo tutto quello che si sono sputati addosso: da una parte il capo della brigata rossa, José Mourinho; dall’altra, con il grembiule blu, la squadra di Antonio Conte. Avevano promesso che avrebbero sistemato la faccenda in privato, da soli in una stanza, il giorno di Manchester United-Chelsea. Quel giorno è arrivato.

Fuori da quelle quattro mura però ci sarà tutto un mondo con l’orecchio teso, gente che parteggia per l’uno o per l’altro. Colleghi compresi, naturalmente. Dopo anni di battibecchi tra allenatori è abbastanza evidente che si siano create delle “bande” in Premier League, che vivono di delicati equilibri, reciproco respect (but not fear), scambi di complimenti veri o fasulli poco importa, amicizie effimere: una parola sbagliata o una di troppo e l’alleanza salta, l’amico diventa nemico.

Partiamo da Mourinho: trovare i suoi “amici” è un’impresa. Il portoghese non sta simpatico a nessuno e d’altra parte non è nemmeno interessato ad esserlo. Ma nella sua infinita astuzia riesce a modellare i rapporti a suo piacere, recuperando persino da fratture che parevano insanabili. Basti pensare che oggi (ma domani chissà) con Pep Guardiola c’è un discreto rapporto, e parliamo del nemico numero uno con cui si è creato un dualismo già epico alla Borg-McEnroe o Senna-Prost. Negli ultimi incroci i due si sono anche abbracciati fraternamente (gesto più cercato da Mou che dallo schivo Pep, a ribadire quanto sia Josè colui che guida nelle relazioni). E poi c’è Claudio Ranieri, nemico ai tempi degli Inter-Roma che valevano la leadership in Italia, ritrovato in Premier alla guida del Leicester dei miracoli: qui, fresco di esonero dal Chelsea, Mou si rimangiò anni di cattiverie dichiarando apertamente di fare il tifo per “l’amico” Claudio, meritevole del successo con le Foxes.

Per chi se lo fosse dimenticato, sono i due ai quali in passato Mou diede rispettivamente – con un elegante  giro di parole – del pelato stressato e – senza giri di parole – del vecchio.

Oggi i veri nemici di Mourinho sono due: Antonio Conte, naturalmente, cioè l’uomo colpevole di avergli rubato la ragazza (e Conte, che sa quanto José soffra nel vedere la sua Chelsea nelle mani di un altro, torna sull’argomento ogni volta che può, sadicamente), e Arsene Wenger, cioè colui al quale Mou, testuali minacce, un giorno spaccherà la faccia, se gli capiterà l’occasione propizia. Con Conte finora siamo rimasti nel campo della rissa verbale, duello dialettico senza esclusione di colpi (“clown!”, “demenza senile!”, “squalifica per scommesse”, “piccolo uomo” ) ma pur sempre dialettico, sperando di non doverci smentire dopo il tete-à-tete nella pancia dell’Old Trafford. Con Wenger, invece, Mou è arrivato al fronte-contro-fronte da bulli il 5 ottobre 2014, con il francese reo di aver chiesto l’espulsione del collega e di aver invaso la sua area tecnica e Josè che scacciandolo dalla sua proprietà promise vendetta (“Sai che qui non posso reagire, ma se un giorno ti incontro per strada…”).

In realtà i primi attriti risalgono al gennaio 2014, quando Wenger giudicò "bizzarra" la scelta del Chelsea di Mou di cedere nel mercato invernale un giocatore del valore di Mata rinforzando una concorrente diretta come il Manchester United. Mourinho replicò con una delle sue etichette meglio riuscite, “Wenger specialista in fallimenti” (“Non vince un titolo da 8 anni, al Chelsea mi avrebbero cacciato da un bel pezzo”) e poco dopo umiliò il collega con un 6-0 sul campo, rovinandogli la festa per le mille partite sulla panchina dell’Arsenal (22 marzo 2014). Cappotto che brucia più di tante parole.

Storica, invece, la rivalità con Rafa Benitez, che risale al 2005, semifinale di Champions tra Liverpool e Chelsea con il controverso gol-fantasma di Luis Garcia che spalancò le porte della finale ai Reds. Come se non bastasse, anche Benitez verrà scelto dalle ex di Mourinho, prima l’Inter e poi il Real Madrid, per tentare di dimenticarlo, portando la moglie dello spagnolo a dichiarare che Rafa aggiustava “i casini di Mourinho”. Inevitabile la pungente risposta dello Special One: “Pensi alla dieta del marito: Rafa ha distrutto la mia Inter”, ricordando come con la stagione del Triplete gli avesse apparecchiato la tavola per la vittoria di altri due tituli, Supercoppa europea (persa) e Mondiale per Club (vinto). Lui, l’altro, la moglie, le ex: un casino sentimentale. Non serve una terapia di coppia (o di gruppo?) per capire che Mou, quando segna il territorio in un club, poi ama essere ricordato come il miglior amante mai avuto (anche quando è lui a lasciare) e non si dà pace se vede che la ex riesce a rifarsi una vita.

Anche tra Mourinho e Klopp è finita male, ma per questioni di soldi, non di donne. A gennaio il Liverpool ha sborsato un patrimonio per il difensore van Dijk e Mou non aspettava altro dal giorno in cui Klopp aveva criticato la cifra spesa dallo United per acquistare Pogba. È stato in silenzio per più di un anno, ma al momento giusto ha ripescato dall’archivio quelle vecchie dichiarazioni: “E adesso?”, ha chiesto rivolgendosi direttamente ai giornalisti. “Perché nessuno di voi gli ha domandato cosa ne pensa ora di quella cifra?”

In attesa della fredda stretta di mano tra i due, il prossimo 10 marzo, è meglio che Klopp indossi il grembiule blu: Jurgen, sei nella squadra di Antonio, con cui le affinità sono molte di più. Stesso modo di vivere la partita, con la vena del collo sempre gonfia, e di esultare per un gol, con una folle corsa solitaria o andando ad abbracciare i propri ragazzi.

Tra i big resta solo Pochettino, al quale francamente è difficile volere male. Solo un piccolo screzio con Conte che a luglio indica le solite note tra le favorite per il titolo, aggiungendo che per il Tottenham, a differenza delle altre, “non sarebbe una tragedia” se non dovesse vincere. Apriti cielo. Perché tradotto è un modo per lasciar intendere che il Tottenham sia un club con scarsa ambizione: per chi punta in alto, invece, perdere deve essere una tragedia. È stata l’unica volta in cui Pochettino ha ribattuto, chiedendo – naturalmente – respect, per lui e per la squadra. Niente di grave, per carità, ma in ogni caso, per sicurezza, Mauricio indossa il grembiule rosso: con Josè il rapporto è molto buono, rafforzato dai recenti apprezzamenti dello Special One che ha profetizzato una luminosa carriera per il collega, garantendo che “ha il talento per allenare un grande club”. “Anche se credo che sia già in un grande club”, ha poi precisato prima che Pochettino potesse interpretare male. Con certe cose non si scherza.

Il giro di amicizie di Conte contempla un paio di nemici di Mourinho, in accordo alla legge per cui “i nemici dei nemici sono amici”. Detto dell’affinità con Klopp, va sottolineata la stima reciproca che lo lega a Guardiola. Al suo sbarco in Premier, Conte si disse entusiasta all’idea di misurarsi con Pep, che dopo poche giornate rispose al complimento con un'investitura pesante: “Antonio è il migliore al mondo, ha trasformato il Chelsea”. Curiosamente, però, Conte non riesce a farsi piacere il grande nemico del nemico, quel Wenger che non gli ha fatto niente di male, se non batterlo a ripetizione. Da quando è in Inghilterra, Conte ha vinto solo una volta su 8 contro l’Arsenal, perdendoci due trofei (finale di FA Cup 2017 e Community Shield) e venendo eliminato nella recente semifinale di League Cup.

Di un altro nemico storico, invece, si è liberato in fretta, visto che Walter Mazzarri è durato un solo anno alla guida del Watford. Con l’attuale allenatore del Torino la rivalità risale ai tempi in cui i due si sfidavano con Juve e Napoli e il pomo della discordia sarebbe un modulo, il 3-5-2, di cui Mazzarri ritiene di avere una sorta di copyright e che Conte gli “copiò” proprio in vista di uno scontro diretto del 2011, per schierarsi a specchio con il rivale. L’esperimento funzionò talmente bene che da quel momento il 3-5-2 più famoso divenne quello di Conte (che poi l’ha adottato anche in Nazionale), accusato di essere un copione. Figuratevi se Antonio lo studente modello può accettare una simile offesa.

Occhi che si allungano sulla lavagnetta del collega e anche oltre, andando ad aggiungere a queste torbide relazioni quel pizzico di voyeurismo che non guasta. Conte, che conosce bene il punto debole di Mourinho, l’ha tirato in ballo per far scattare il nemico (“C'è una persona che continua a guardare qui. Se ne è andato, ma continua a guardare qui”), ma il primo a parlare di guardoni era stato proprio lo Special One, nel 2005, riferendosi a un Wenger che a suo dire ficcava troppo il naso negli affari del Chelsea: “È un voyeur, gli piace guardare gli altri: c’è gente che, quando sta a casa, utilizza un grande telescopio per vedere quello che accade nelle altre famiglie. Lui parla, parla, parla del Chelsea”. Ecco, se c’è una cosa che mette d’accordo Conte e Mourinho forse è proprio il nemico comune Wenger, quello che non verrebbe scelto da nessuno dei due capitani. Magari nella loro stanzetta dopo United-Chelsea, in nome di questa affinità, stapperanno una bottiglia di vino francese.