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NBA ancora Kyrie: “Posso controllare i miei sogni”

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Di nuovo ospite nel podcast di Frye e Jefferson, Kyrie Irving ha raccontato il suo strano rapporto con i sogni e l'addio all'ex compagno di squadra Jordan McRae. E LeBron James ha raccontato un suo spaccato di vita personale

Dopo aver fatto il giro del mondo con le sue convinzioni sulla forma della Terra, Kyrie Irving non ha ancora finito di stupire. Di nuovo ospite del podcast di Richard Jefferson e Channing Frye con la reporter di Fox Sports Ohio Allie Clifton, Irving è tornato solo brevemente sulle reazioni provocate dalle sue parole di un mese fa (dicendo che “mi sono state tirate addosso delle pietre criticando le mie opinioni”) ma è andato molto più in profondità – e in maniera decisamente inconsueta – sul suo rapporto con Jordan McRae. Il suo ex compagno è stato tagliato a inizio marzo per far spazio a Andrew Bogut, ma l’addio non è stato indolore per Irving, visto che ha perso uno dei suoi migliori amici in squadra. Anche Frye e Jefferson si sono uniti al suo “dolore” – tanto che la conduttrice ha dovuto ricordare loro che McRae non era morto… –, ma Irving è andato decisamente oltre raccontando di come l’ex compagno (con cui condivide una collanina con pezzi complementari, tipo quelle delle coppiette) gli sia apparso in sogno.

Posso controllare i miei sogni – “Stavo ascoltando questo audiolibro di Jiddu Krishnamurti e David Bohm. Parlavano, solamente loro due. Parlavano di intimità, di libertà di pensiero, di riuscire a scavare in profondità dentro se stessi e liberare la propria mente, una conversazione pazzesca… Mentre dormivo, c’è stato questo momento in cui mi sono detto ‘Ah, vorrei alzarmi ma in questo momento proprio non riesco’”. Se fin qui è tutto normale, ora arriva il momento in cui le cose si fanno strane: “Mi sentivo come se stessi guardando me stesso mentre dormivo, ma stavo dormendo sullo stomaco e le mani erano dietro… Poi continuavo a sentire la porta che si apriva e a vedere qualcuno, sentivo qualcosa che passava tipo sopra la mia schiena ma non potevo svegliarmi, anche se ero cosciente di quello che stava succedendo. Tipo davvero, davvero cosciente. Perché posso controllare i miei sogni”.

L’apparizione – Ci siete ancora? Riuscite a seguire il racconto di Kyrie? Bene, proseguiamo: “Quindi sono cosciente, ma non sono sveglio: sono in sonno profondo eppure mi sto guardando, e sento che Jordan [McRae] sta cercando di dirmi addio. È lì che penso: ‘Dannazione, ma perché la donna delle pulizie lo ha fatto entrare?’. Però continuo a sentire la porta che si apre, anche se non riesco a svegliarmi. Sento la pressione, ma non sono spaventato. Non sono nervoso, non sono impaurito. Sono solo lì che mi dico: ‘Oh, svegliati’. Quindi mi sveglio ma sono ancora stanco, eppure inizio a gridare: ‘Ti voglio bene fratello! Ti voglio bene fratello!’. Ma non c’è nessuno nella stanza. A quel punto mi dico: ‘Digli un’ultima volta che gli vuoi bene. Solo un’altra volta’”.

Trasparenza – Pur avendo a volte risultati come quello che avete appena letto, il podcast di Frye e Jefferson è nato proprio con questo intento: fornire ai propri compagni una piattaforma per essere totalmente trasparenti, anche a costo di rendersi a tratti incomprensibili. Eppure le puntate realizzate con Kevin Love e soprattutto LeBron James hanno avuto dei momenti molto interessanti, come lo spaccato di vita personale regalato dal Re sul finire dell’episodio numero 12: “Io sono drogato dal ‘processo’. Ne sono totalmente dipendente. L’altro giorno ho detto a mia moglie e le ho chiesto scusa. Perché nel percorso che sto facendo per diventare il più grande di sempre, o quantomeno arrivare al punto in cui nessuno mai potrà dimenticarsi di cosa ho raggiunto, a volte mi sono dimenticato di quanto loro fossero importanti per tutto quello che faccio. Volevo che capisse che nel corso di questo viaggio che è la mia carriera nella pallacanestro ci saranno momenti in cui perderò di vista quanto lei e i miei tre figli siano importanti”. Un’ammissione di colpevolezza rara per una superstar di grandezza mondiale, ma che in un contesto come quello di “Road Trippin’” diventa normalità.