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NBA, Mike Brown in ritardo, “colpa” della polizia. E Pop se la ride

NBA
Gregg Popovich e Mike Brown, rivali in campo ma amici nella vita (Foto Getty)
Brown_Popovich

Curioso episodio prima della palla a due tra Warriors e Spurs, con coach Mike Brown che ha rischiato l’arresto dopo essere stato inseguito mentre arrivava alla Oracle Arena. Finito con l’auto davanti il bus degli Spurs, nessuno lo aveva riconosciuto tranne Gregg Popovich…

I Golden State Warriors hanno passeggiato nella notte contro i San Antonio Spurs, battuti senza troppo affanno in meno di un tempo dai padroni di casa. Ad arrivare con il fiato corto e in grande ritardo invece è stato Mike Brown - l’assistente allenatore che in questi playoff ha preso il posto di Steve Kerr -, incredulo di fronte a quanto successo mentre si stava dirigendo alla Oracle Arena. Brown infatto è finito accerchiato da cinque poliziotti che l’hanno sottoposto a diversi controlli dopo averlo inseguito. “Ero in macchina assieme a mio figlio e un paio di amici e ci stavamo dirigendo verso la Oracle Arena – racconta l’ex allenatore dei Cleveland Cavaliers -. Guardando nello specchietto retrovisore, ho detto a mio figlio, che è un grande tifoso di San Antonio e in particolare di Popovich: ‘Cam, gli Spurs sono dietro di noi!’. Lui mi ha chiesto come facessi a saperlo e gli ho detto che tutta la scorta che stava seguendo il bus era certamente per quello. Una delle motociclette al seguito ci ha superato in prossimità di un semaforo, fermando il traffico nelle altre direzioni nonostante fosse rosso e lasciando passare tutta la carovana con noi in testa. Mio figlio a quel punto ci aveva preso gusto: ‘Dovresti ringraziare gli Spurs per questo’, mi ha detto ridendo. Arrivati all’ultimo incrocio però, ho continuato a proseguire dritto per dritto verso l’ingresso, ma mi sono piombati di fronte dei poliziotti urlandomi contro ‘Fermati, fermati!’. ‘Tranquilli, al momento sono quello che fa l’allenatore degli Warriors’, ho provato a spiegargli, ma loro non sembravano essere molto convinti. ‘Non ci interessa, si fermi!’.

La telefonata di Pop: “Stavo morendo dalle risate”

“A quel punto mi sono un po’ risentito e ho pensato che non avrei permesso alla polizia di Oakland o San Francisco di fare i bulli con me, per di più all’interno del parcheggio del palazzo della mia squadra. Per questo ho proseguito verso l’arena e vedendo che il poliziotto che mi intimava di fermarmi era in moto, ho pensato che se mi fossi avvicinato a lui con il mio Range Rover l’avrei allontanato, si sarebbe spaventato; io ho una moto e di solito a me succede quando le auto si accostano un po’ troppo. Poi però è arrivato un SUV che mi intimato di rallentare: ‘Tu, nel Range Rover, ti ho detto di accostare. Hai sentito gli ordini!’. A quel punto ero io a essere intimorito, visto che avevo cinque poliziotti che mi circondavano. Così ho preferito fermarmi ed essere collaborativo, ma ho perso un sacco di tempo”. Appena il coach di Golden State è sceso dall’auto per far compiere le verifiche del caso agli agenti, il telefono ha iniziato a squillare: “Ho guardato ed era Gregg Popovich. Ho risposto e lui stava morendo dalle risate. Mi ha detto: ‘Mike, non sapevo fossi tu. Ero seduto sull’autobus e ho visto questo Range Rover nero con la polizia che ha iniziato a inseguirlo. Quando mi sono reso conto che non voleva fermarsi, ho pensato adesso di certo lo arresteranno’. Io gli ho detto: ‘Pop, è la mia arena’. ‘Sì sì, me ne sono reso conto appena ti ho riconosciuto. Sto davvero morendo dalle risate, non riesco a fermarmi’”. Alla fine, prima della palla a due, l’allenatore dei texani è tornato su quanto accaduto, continuando a ridere: “Qualcuno dovrebbe insegnarli che quando la polizia ti ordina di fare qualcosa, conviene eseguire”. Agli ordini, capo.