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NBA Finals, Green: "Certo che è personale, tra noi e loro"

NBA

Mauro Bevacqua

Il fattore X di queste finali. Il giocatore che rischia di essere più determinante. Il miglior difensore. La bocca più larga. Tutto questo è Draymond Green. Lo abbiamo incontrato in esclusiva alla vigilia di gara-1: ecco cosa ci ha detto

OAKLAND- Quello che è successo l’anno scorso non se lo è dimenticato nessuno — e tanto meno lui, Draymond Green. Il litigio di gara-4 con LeBron James — colpevole a suo dire di averlo calpestato durante una fase di gioco — con conseguente colpo tra le gambe, rivisto e rivalutato negli uffici NBA ha portato alla squalifica del n°23 di Golden State per una partita e quindi alla sua assenza in gara-5. Quella in cui gli Warriors avrebbero potuto chiudere 4-1 la serie e laurearsi campioni e che invece ha dato il via all’incredibile rimonta di Cleveland, coronatasi poi negli ultimi possessi della settima partita. Motivo in più perché Draymond Green sia tra i protagonisti più attesi di questa finale NBA 2017, una finale a cui arriva dopo una stagione comunque clamorosa, soprattutto dal punto di vista difensivo (che in attacco, in fondo, giocando con Curry, Thompson e Durant, c’è meno bisogno…). Non a caso è lui il principale candidato al titolo di difensore dell’anno, alla luce di numeri che lo incoronano primo in tutta la lega per recuperi (2.03 a partita), al massimo in carriera per stoppate e con un’efficienza difensiva davvero fenomenale (da 99.3 i punti per 100 possessi subiti dagli Warriors salgono a 104.1 quando lui riposa in panchina, statistica che assume proporzioni imbarazzanti nei playoff — 94.4/111.9, per un net rating difensivo di +17.5).  

Le parole alla vigilia di gara-1

In un'intervista esclusiva con skysport.it alla vigilia del via delle finali 2017 Draymond Green riflette sullo storico cammino di Warriors e Cavs — un combinato 24-1, il miglior bilancio di sempre per due squadre chiamate a giocarsi il titolo: “Riflette il fatto che siamo due grandi squadre, non certo il fatto che sia stato facile, né per noi né per loro. Oggi entrambe arrivano a questo momento al picco della loro forma: siamo pronti”. Che davanti a Golden State si pari ancora una volta Cleveland, non fa che aumentare il gusto della sfida del n°23 degli Warriors: “Amando la competizione come la ama ognuno di noi, è ovvio che la sfida — al terzo anno — diventi anche personale. Noi vogliamo batterli e loro vogliono fare lo stesso: ed è esattamente così che dovrebbe essere. Non diamo certo per scontato di essere in finale un altro anno ancora, ma allo stesso tempo sappiamo che il nostro cammino non è certo completo”. Green poi si concede parole speciali per due elementi speciali del roster allargato — giocatori e coaching staff — di Golden State. Partendo da Ron Adams, lo storico vice allenatore e stratega difensivo di casa Warriors (“Ci tiene sempre concentrati, mantiene alto il nostro livello di intensità, perché Ron si aspetta da ognuno di noi niente di meno che la grandezza”), per arrivare a un veterano con cui ha subito sviluppato un ottimo rapporto, David West (“Certo, sarebbe bello regalargli un titolo, ma non siamo qui a cercare di vincere né per lui, né per nessun altro singolo giocatore. Vogliamo vincere come gruppo, insieme, perché se uno di noi soffre tutti soffriamo e se uno di noi goisce, gioiamo tutti”). La chiusura, però, la dedica a un avversario — anzi, all’avversario, LeBron James, vittima (indiretta) di un brutto episodio razzista: “Un episodio schifoso — lo definisce, come da personaggio senza troppi giri di parole inutili — perché stiamo tutti cercando di batterci perché cose come queste non succedano più ma evidentemente la strada è ancora lunga, ci vuole ancora tempo per migliorare la situazione razziale negli Stati Uniti”.