Please select your default edition
Your default site has been set

NBA Finals, Irving: "Non mi sono piaciute le parole degli Warriors..."

NBA

Mauro Bevacqua

"Volevano stappare lo champagne nel nostro spogliatoio". A Kyrie Irving qualche parola di troppo proveniente dallo spogliatoio degli Warriors non è piaciuta. Ha reagito con una super prestazione da 40 punti, "che non mi sorprende - dice LeBron James - perché nei grandi momenti dà il meglio"

CLEVELAND - Il primo a presentarsi davanti ai microfoni è Tyronn Lue, sarcastico nel rispondere (o meglio, nel non rispondere, limitandosi a un beffardo sorriso) sulle domande riguardanti l'arbitraggio. Ma è quando arriva sul palco Kyrie Irving che le cose si fanno interessanti. Ecco le parole dei protagonisti della vittoria Cavs in gara-4.

Kyrie Irving

Kyrie Irving non nasconde i suoi sentimenti, quando si siede al tavolo della conferenza stampa: “Quello che è successo la scorsa partita — la sconfitta, il mio errore al tiro nel finale — mi ha in qualche modo segnato. Lo stesso vale per alcune voci uscite dallo spogliatoio degli Warriors — ho sentito che volevano chiudere qui la serie, vincere sul nostro campo. Mi ha dato fastidio tutto — di quello che ho sentito — ed è stato importante per darmi extra motivazioni. Oggi, coi social media onnipresenti, le voci ci arrivano: vediamo tutto quello che succede, sentiamo ogni sussurro”, ha ricordato la point guard dei Cavs. Che poi ammette: “Sono felice di esserci scrollati questa scimmia dalle spalle, la prima vittoria. L’aggressività e il ritmo della nostra transizione sono state fondamentali, così come limitare le palle perse che così non azionano il loro contropiede e ci permettono di schierare la nostra difesa. Sono super orgoglioso dei ragazzi, da T.T. [Tristan Thompson] a Deron Williams, Richard Jefferson, tutti. Siamo una squadra diversa quando tutti danno il loro contributo”. Irving chiude con una considerazione: “Finalmente siamo entrati nella serie, ce ne abbiamo messo di tempo ma abbiamo capito come giocare di gruppo per poter battere una grande squadra come questi Warriors. Il nostro sforzo dev’essere collettivo, non individuale”. Anche se 40 punti aiutano.

LeBron James

Anche James torna sulle parole di Kyrie Irving — e su quelle degli Warriors: “Io non sono sui social ma mi hanno riportato delle dichiarazioni in cui hanno fatto sapere che avrebbero voluto stappare lo champagne nel nostro spogliatoio — credo l’abbia detto Draymond, che alla fine… [ride] alla fine va bene. Queste voci sono servite a stimolarci ulteriormente”, dice. “Tanto è vero — afferma — che oggi è stata forse la partita in cui siamo andati più vicini a giocare 48 minuti come vogliamo giocare: 27 assist, tanta fisicità, movimento di palla, pochi palloni persi. Questa è quella che io chiamo Cavaliers basketball: i tiri da tre fanno parte della nostra identità, abbiamo stabilito tanti record nel corso della stagione, abbiamo giocatori che sono qui proprio per aprire il campo con il tiro da fuori”. Il Re poi ha parole di grande rispetto verso due dei suoi scudieri in particolare — e il primo non può non essere Kyrie Irving: “Kyrie è fantastico nei closeout game, si trova perfettamente a suo agio nei grandi momenti. Non mi sorprende: è un giocatore speciale, lo ha dimostrato anche stasera”. Lodi anche per Tristan Thompson, definito “un pezzo importante del nostro puzzle. Gli Warriors nelle prime gare sono stati bravi a neutralizzare i suoi rimbalzi offensivi, quelli che ci davano extra possessi. Stasera però T.T. ha giocato alla grande, 10 rimbalzi ma anche 5 assist: sì, io e lui abbiamo parlato in questi giorni, ma non vi dico cosa gli ho detto. Vi dico però che sapevo cosa potermi aspettare da lui”. Una reazione, sicuramente, classica di chi è spalle al muro: “Non mi piace riuscire a dare il massimo solo in queste condizioni ma questo dimostro che se gli Warriors hanno il DNA dei campioni, beh, ce l’abbiamo anche noi”.

Kevin Love

Le prime parole dell’ala dei Cavs sono per LeBron James e Kyrie Irving, i protagonisti della serata: definisce il primo “un treno in corsa”, il secondo “il miglior ball-handler al mondo”. “Stasera sono stati loro a dettare il ritmo, trascinandoci per tutta la partita”. Love conferma le parole del suo allenatore: “Nessuno discorso motivazionale, non ce n’era bisogno: tutte le nostre motivazioni venivano dall’essere spalle al muro. Anche perché sapevamo di aver giocato bene in gara-3 e di esserci fermati solo a un paio di possessi da una possibile vittoria. Quella arrivata stasera, perché abbiamo giocato la nostra pallacanestro, abbiamo spinto sull’acceleratore, giocato con fisicità e quando la partita è fisica ci piace, perché siamo un gruppo che non molla mai, che non si dà mai per vinto”. 

Coach Tyronn Lue

Le prime parole di coach Lue servono a rivendicare le scelte da lui fatte fin qui: “Io resto fedele ai miei giocatori — dice — non cambio il quintetto. Resto fedele a Tristan Thompson, che ha giocato con grandissima energia, e resto fedele a J.R. Smith, che dopo aver giocato bene in gara-3 si è confermato anche stasera”. L’allenatore di Cleveland individua ovviamente nelle percentuali al tiro il fattore decisivo [52.9% dal campo, addirittura 53.3% dall’arco, con 24 triple a bersaglio, ndr]: “Ci sono entrati i tiri, finalmente — dice — ma è stato fondamentale anche diminuire il numero degli errori”. E poi aggiunge: “Sapevamo di essere sotto 3-0 ma sapevamo anche di poterli battere, di aver sostanzialmente buttato via gara-3”. Racconta di non aver fatto nessun discorso motivazionale ma poi gioca con le parole prima di abbandonare il tavolo della conferenza stampa: “Dopo gara-5 dovremo comunque tornare a Cleveland, cerchiamo di tornarci con una vittoria”. Sono le stesse parole usate dell’anno scorso. Allora portarono bene.