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NBA, è arrivato il momento di parlare di Clint Capela: il segreto meglio tenuto della lega

NBA

Mauro Bevacqua

Con lui in campo assieme a Paul e Harden i Rockets sono 29-1: ritratto del centro di Houston che guida la NBA per percentuali dal campo, è sesto per stoppate e settimo per rimbalzi. E da finalizzatore nei pick and roll nessuno fa meglio di lui nell’intera lega

“Facile la sua vita. Non deve far altro che ricevere un passaggio da Chris Paul o da James Harden e schiacciare”. Il commento di Kevin Durant – a descrivere il ruolo nei Rockets di Clint Capela – non voleva certo sottolineare i meriti del centro di Houston, anzi. Ci ha pensato la replica di Mike D’Antoni però a ribaltarne immediatamente l’accezione: “Il lavoro di Clint è esattamente quello, e gli conviene farlo bene. Anche perché di assist da quei due continueranno ad arrivargliene” (139 da Harden, 52 da Paul che però ha giocato 11 gare in meno, sui 329 canestri segnati da Capela). “Farlo bene”, però, al momento sembra essere un forte understatment per le prestazioni in mezzo all’area del n°15 di coach D’Antoni: nessuno nella NBA segna con percentuali migliori delle sue (realizza il 65.9% delle conclusioni che tenta) e se qualcuno nella lega viene coinvolto più spesso da rollante nei giochi a due (Marc Gasol a Memphis, ad esempio, ma anche Myles Turner e Domantas Sabonis a Indiana o Jusuf Nurkic a Portland) dei giocatori con più di quattro possessi del genere a partita Capela è nettamente il migliore per punti per possesso (1.34, contro l’1.14 di Turner, secondo) e per efficienza realizzativa (va a punti nel 67.3% dei casi, contro il 54% di Robin Lopez, secondo). Non fa altro che schiacciare, dice Durant? Vero anche quello (146 finora, dietro solo ad Andre Drummond in tutta la NBA), ma che male c’è si chiedono a Houston? La verità è che le parole dell’ultimo MVP delle finali NBA – arrivate in reazione a un’affermazione audace dello svizzero (“Sappiamo di poterli battere, siamo più forti degli Warriors”) – sono lo specchio del rispetto e del timore che la squadra di Mike D’Antoni (titolare del miglior record NBA con 45 vittorie e 13 sconfitte, una in meno proprio degli Warriors), incute al resto della competizione, campioni in carica inclusi. E se il merito viene spesso assegnato alle due superstar, James Harden e Chris Paul, ormai il ruolo di Clint Capela non si può più sottovalutare. 

È Capela il Most Improved Player 2018?

In una lega ossessionata dall’etichetta “Big Three”, difficile far meglio finora del bilancio mandato a libri dal trio Harden-Paul-Capela, in campo assieme in 30 partite, 29 delle quali vinte dai Rockets (unica sconfitta, finora, quella subita a New Orleans il 26 gennaio). Proprio conto i Pelicans, in una gara di dicembre, lo svizzero ha anche stabilito il suo massimo in carriera a quota 28 punti, prestazione impreziosita da un irreale 13/14 al tiro in soli 24 minuti. È una delle 9 volte in cui il centro di D’Antoni ha toccato quota 20 punti quest’anno (tutte gare vinte da Houston) dopo esserci riuscito un totale di 7 volte in tutta la sua triennale carriera. Lo stesso discorso vale alla voce rimbalzi: 9 volte a quota 15 o più dopo esserci riuscito una volta sola prima del via di questo campionato. Dati che tratteggiano la miglior stagione di sempre di Capela, confermata dai massimi in carriera per punti (14.4), rimbalzi (11.1), stoppate (1.85), cifre ottenute restando in campo solo poco più di 27 minuti (dal 1964 nessuno è mai stato capace di collezionare statistiche del genere in meno di 28 minuti di gioco). E così, giustamente, da più parti si incomincia ad accostare il nome dello svizzero di origini angolane-congolesi al premio di giocatore più migliorato per la stagione 2017-18. 

La protezione al ferro e i progressi in lunetta

Il viaggio iniziato a Ginevra, continuato a Chalon-sur-Saône e approdato a Houston soltanto quattro anni fa, come 25^ scelta assoluta al Draft 2015 (ennesimo colpo da maestro di Daryl Morey), sta portando il centro di Houston a livelli da molti considerati impensabili e contando la data di nascita del ragazzo (18 maggio 1994, 24 anni ancora da compiere) è facile immaginare che i progressi non siano certo finiti. “Quando vedo Hakeem [Olajuwon] mi parla sempre dell’importanza di essere costante nel mio sforzo e di restare sempre aggressivo. Mi dice di continuare a lavorare duro e di lottare, sera dopo sera. È una sfida che mi piace”. I miglioramenti di Capela sono spiegati in maniera tanto semplice quanto efficace da James Harden – “Lavora duro e ascolta. È un ragazzo intelligente, raramente fa due volte lo stesso errore” – e i suoi progressi non si riflettono solo sulle sue cifre offensive, ma anche sull’impatto difensivo e nel fondamentale che al suo arrivo nella lega appariva come il suo più lampante limite, le percentuali dalla lunetta. Capela è infatti al sesto posto tra i migliori stoppatori NBA, sfiorando i due palloni respinti al mittente a sera: i Rockets sono 26-3 quando il loro n°15 protegge il ferro rifilando due o più stoppate agli attaccanti avversari e 16-0 quando le stoppate sono almeno tre. Negli ultimi due metri scarsi di campo concede agli avversari solo il 56.5% al tiro, quando al ferro nella lega si tira in media con il 62% (-5.2% il dato che racconta la sua capacità di protezione al ferro). Ancora più evidenti i progressi fatti in lunetta: da rookie l’Hack-a-Clint era la più logica delle soluzioni (17.4% ai liberi, 4/23 in stagione) ma i miglioramenti sono stati costanti: dopo aver sfiorato il 38% al secondo anno e superato il 53% la scorsa stagione, oggi Capela converte con il 59% i quasi quattro liberi a sera che si procura. Non certo una sicurezza (soprattutto nei finali di gara punto a punto) ma i Rockets in lunetta possono sempre mandarci Paul (90.9%) e Harden (86.8): Capela, come dice Durant, può limitarsi “a ricevere palla e schiacciare”. A Houston sono felici così.