Bolt e l'attimo maledetto: quanti soldi bruciati in un passo

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Bandiera gialla per Bolt: in un attimo sfumano il sogno della medaglia e un bel malloppo
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Il ragazzone a cui piace scherzare e farsi beffe di tutti, stavolta si è scontrato con il mondo dei “grandi”: quello dei contratti, degli sponsor, degli affari. Una piccola distrazione che gli è costata un bel gruzzolo, oltre che una medaglia. LE FOTO

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Bolt squalificato in finale: le foto


di Vanni Spinella

“Certe volte parto come una scheggia, altre come un pollo", ammetteva Usain Bolt solo qualche mese fa. Stavolta, ad uscire dai blocchi, è stato il pennuto.
E la gallina dalle uova d’oro ha combinato la frittata.

Una frazione di secondo, fatale e costosissima. Una brutta botta, non solo sportiva. Anche per il portafogli. In un centesimo di secondo, quello con cui Usain Bolt ha decretato la propria squalifica per falsa partenza nella finale dei 100 metri al Mondiale di Daegu, il campione giamaicano si è “bruciato” un vero e proprio capitale.
Roba che neanche giocando in Borsa di questi tempi avrebbe perso tanto in così poco tempo.

Se le cifre sono rimaste quelle del Mondiale di Berlino 2009, dove Bolt fece incetta di titoli e record, si parla di circa 160.000 dollari in premi. La medaglia d’oro (finita al collo di Blake, che a inizio Mondiale era quotato a 10) gli avrebbe garantito circa 60.000 dollari. Un eventuale nuovo record del mondo, altri 100.000. Totale, 160.000, sfumati in un attimo.
Tanti, tantissimi, anche per chi ne guadagna “solo” 2.665 al secondo. È il frutto del calcolo che qualcuno aveva fatto per gioco al termine del precedente Mondiale, quando Bolt, con la doppietta 100m-200m (due ori e due nuovi record) si portò a casa la bellezza di 320.000 dollari correndo per circa 120 secondi, tra batterie, semifinali e finali. 2.665 dollari, appunto, per ogni secondo trascorso in pista.

Il danno economico maggiore per l’azienda-Bolt, però, è rappresentato dalle perdite legate agli sponsor, abituati a ricoprire d’oro chi vince, non certo chi sbaglia (anche se fa notizia). Senza la pretesa di fare i conti in tasca a Bolt precisi al centesimo, i numeri restano importanti anche usando le spanne.
Basti pensare che le prodezze all’Olimpiade di Pechino avevano garantito a Bolt un contratto con la Puma da un milione di dollari, un altro con la Digicel (azienda di telefonia mobile) da 1.800.000 all’anno (per due anni) e una BMW M3 nuova di zecca, un gioiellino da 70.000 dollari sfasciato qualche mese dopo in un incidente causato dall’eccesso, ironia della sorte, di velocità.
Senza considerare gli inviti ai meeting: uno sprint di Bolt a un qualsiasi “gala” viene rimborsato con un gettone-presenza che in media oscilla tra i 180.000 e i 300.000 dollari. Dopo Pechino gli era stato offerto un milione per presenziare a Zurigo e a Bruxelles.

Bolt ha capito immediatamente di far parte di un grosso giro d’affari, sa di essere un personaggio e quindi fa il personaggio. Spesso, esagerando. E stavolta l’ha pagata cara.
Il ragazzone a cui piace gigioneggiare e farsi beffe di tanti altri seri (nel senso che non ridono davanti alla telecamera) professionisti, stavolta si è scontrato con il mondo dei “grandi”: quello dei contratti, degli sponsor, degli affari.
Un mondo che sembrava aver dimostrato di conoscere quando, in occasione del Golden Gala di Roma a maggio, dichiarava: “Ho risvegliato l’atletica rendendola più cool, più attraente per tutti. Per la finale olimpica dei 100 metri a Londra ci sono già un milione di richieste. Io smuovo il business ma sono condannato a fare record, altrimenti chi viene si sente derubato”.
Non ci sarebbe da sorprendersi se a Daegu ci fosse chi si sta già informando sulle pratiche di rimborso del biglietto.

Sbruffone e giocherellone, ma non crediate che a Bolt i soldi non interessino. Ai tempi del trasferimento di Cristiano Ronaldo dal Manchester United al Real Madrid, il giamaicano (tifoso dichiarato dei Red Devils), commentò le cifre dell’ingaggio dicendo: “Mi secca che attiri le attenzioni più di me. Sarebbe giusto che guadagnassi quanto lui”.
Giusto per restare in tema, aveva anche ammesso di coltivare il sogno di diventare un calciatore professionista, dopo le Olimpiadi del 2016, aggiungendo: “Sono un attaccante di movimento come Eto’o. Lui è più forte, ma come stile di gioco siamo simili”.
Anche se fosse, da Eto’o ha ancora molto da imparare: a partire dalla gestione dei propri risparmi.

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