Bolt: sfuma il mito dell'imbattibile, ma la leggenda resta intatta

Atletica

Lia Capizzi

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Anche il campione giamaicano, proprio sul più bello, è costretto ad assaporare il gusto della sconfitta. Un finale che ti spiazza, ma che nulla toglie all'uomo che ha riscritto i limiti e i record del mondo della velocità su pista

Sfuma il sogno di chiudere “unbeatable”, imbattuto. Gli ultimi 100 metri di Usain Bolt valgono solo un bronzo mondiale. L'uomo che ha riscritto il concetto di velocità, che ha sconvolto il mondo dello sport, non riesce a lasciare da numero uno. È come un film capolavoro che però nel finale ti spiazza, il cattivo vince sul buono. Si consuma l’ultimo atto di un copione di tante sfide tra Bolt e l’ex dopato Justin Gatlin. Stupore, sorpresa, di chi è sugli spalti dello stadio Olimpico di Londra o di chi è incollato alla tv. Un senso di smarrimento che dura poco e che poi si trasforma lo stesso in un tripudio per lo sconfitto. Gli applausi sono tutti per Bolt, pure il fischiatissimo Gatlin gli rende onore e si inchina di fronte a lui. Anche gli eroi cadono, anche Bolt deve assaporare il sapore aspro della sconfitta che gli era sconosciuto. Un finale amaro che non intacca comunque la leggenda del giamaicano. Una macchina di cattiveria, una volontà ferrea, veloce, velocissimo ma pure spavaldo e gioioso. Resteranno nell’eternità i suoi festeggiamenti coinvolgenti. E anche da sconfitto Bolt esibisce il suo gesto imitato in ogni angolo della terra, ispirato da un passo di danza giamaicano. Vuole comunque scagliare frecce di gioia il Robin Hood della Giamaica che in comune con il mitologico giustiziere inglese ha pure il nome di provenienza: non è la Foresta di Sherwood, ma la cittadina di Sherwood Content dove Usain è nato e cresciuto. Da ragazzino aveva il sogno di vincere i 200 metri alle Olimpiadi; ha fatto molto di più, correndo il mezzo giro di pista in 19"19 a Berlino, il 21 agosto 2009, e cinque giorni prima aveva pure sbriciolato il record dei 100 in 9"58. Senza contare gli 8 ori olimpici e gli 11 titoli di campione del Mondo.

Un dominio totale in pista, un'adorazione abnorme fuori. Negli anni il suo sorriso si è fatto più tirato, ha patito un po' l'assedio dei media e dei suoi stessi colleghi campioni. Come quando a Rio de Janeiro nel 2016 ha saltato la Cerimonia di Inaugurazione dei Giochi Olimpici, sapeva che avrebbe dovuto passare ore a stringere mani o scattare selfie. No grazie, troppo stress. Bolt chiude con al collo un poco brillante bronzo mondiale, ma ciò che è peggio è che lascia un vuoto incolmabile perchè nessuno può raccoglierne l'eredità. Dove lo troviamo un altro così? Il più grande intrattenitore sportivo. Nella fredda notte londinese della sua ultima volta i sentimenti sono mixati nel frullatore del cuore, c'è la tristezza per l’addio, c'è lo smacco per la scontitta ma domina la consapevolezza che Usain abbia preso la decisione migliore. Ha quasi 31anni (il prossimo 21 agosto), fisicamente non è più quello di una volta, è più macchinoso, meno fluido. È arrivato ai Mondiali di Londra con un programma risicato di allenamenti, lo scorso aprile è stato chiuso in casa due settimane per il dolore della morte del suo migliore amico – Germain Mason- in un incidente in moto al quale lui stesso ha assistito. No, non è più il fulmine Bolt. Meglio salutarlo così, seppure con un modesto 9”95, del resto in questa stagione non è mai riuscito ad essere più veloce. Venerdì tornerà in pista nella staffetta 4x100 e poi in futuro potrà "dormire fino a tardi e mangiare schifezze", come sogna. Nessun ripensamento, il giamaicano conferma il ritiro, così come noi confermiamo la nostra immutata riconoscenza. Grazie di tutto, Mr Bolt.