I sette peggiori inganni della storia dello sport: da Lance Armstrong a Maradona

Altri Sport
comb_inganni

Il caso dei giocatori di cricket australiani è solo l’ultimo grande imbroglio del mondo dello sport. Dalla vergognosa farsa della nazionale (non) paralimpica della Spagna alla donna che vinse la maratona correndo... in metropolitana. Passando per le lacrime di Lance Armstrong da Oprah e da quel gol di mano passato alla storia: ecco, secondo il Mirror, i 7 casi peggiori

VERO FAIR PLAY, IN FRIULI ESPERIMENTO "SILENT MATCH"

Calcio, basket, ma anche rugby e sport olimpici, proprio dove la correttezza e la sportività dovrebbero essere al loro massimo livello, quello più puro. L’ultimo grande imbroglio dello sport è successo nel mondo del cricket, coinvolti Steve Smith, capitano dell’Australia, David Warner, vicecapitano, e Cameron Bancroft - tra i più grandi giocatori dell’epoca recente. Hanno ingannato tutti, provando a vincere seguendo la via disonesta. Avevano dei pezzetti di carta vetrata nei calzoni con cui sfregare la palla. Risultato: effetti imprevedibili nel lancio, capaci di ingannare i battitori. Un imbroglio chiamato, nel gergo tecnico “ball tampering”. Conseguenze? Squalifica per un anno per Smith e Warner, nove mesi a Bancroft. Il coach Lehmann si è dimesso. Punizioni arrivate dalla federazione australiana, non da quella internazionale. Ma il loro è solo l’ultimo di tanti casi eclatanti in cui tutti i valori dello sport sono venuti meno. In Inghilterra il Mirror ne ha stilato un elenco: ecco i 7 peggior imbrogli di sempre.

Spagna, vergogna ai Giochi

Erano le Paralimpiadi di Sidney, le prime del nuovo secolo. Tra le tante medaglie d’oro dei Giochi ci fu anche quella della Spagna nel basket maschile, vincente in finale sulla Russia. Inganno colossale, oltreché vergognoso: di quella squadra ben dieci giocatori su dodici erano infatti normodotati, e solo due avevano un QI inferiore a 70, quello in grado di attestare una forma di ritardo mentale. Il velo di menzogna cadde pochi mesi dopo l’oro grazie alle confessioni di Carlos Ribagorda, uno dei cestisti della squadra. L’ex presidente della federazione Martin Vicente venne multato di 5400 euro, la federazione stessa dovette restituire gli oltre 142mila euro intascati come sussidi. Ovviamente, anche la vittoria fu revocata, e il titolo andò alla Russia.

Foto Daily Mirror

Rosie Ruiz, la maratona in metropolitana

Sembra più la trama di un film la sua, o forse quella di una scenetta comica. Quasi una barzelletta che prende vita: ma tutto questo accadde realmente, a Boston, nel 1980 durante la 84^ edizione di una delle maratone più famose al mondo. Tra i concorrenti c’era anche Rosie Ruiz, la donna che vinse la corsa facendo parte del percorso in metropolitana. Possibile? Sì, perché inizialmente il titolo andò veramente alla cubana. Il tempo finale fu di 2 ore, 31 minuti e 56 secondi, il terzo tempo più veloce mai corso da una donna. Eppure a molti il volto non sembrava affatto quello di un’atleta stremata dalla fatica, motivo semplice: la Ruiz si era mischiata nella folla, rientrando soltanto nel finale di gara. L’inganno venne scoperto e il suo nome cancellato dall’albo d’oro.

Il “bloodgate” di Tom Williams

Rugby, sport di grande lealtà e correttezza: il terzo tempo è un vanto per la disciplina stessa, eppure quel giorno di aprile del 2009 tutte le regole vennero meno per Tom Williams degli Harlequins. L’occasione erano i quarti di finale della Heineken Cup contro il Leinster, anno 2009. Durante la partita Williams perde sangue in viso: nulla di strano all’apparenza per una partita di rugby. Tuttavia, dopo le investigazioni, le federazioni scoprirono che il sangue venne generato da delle capsule nascoste in bocca. L’espediente nacque per favorire una sostituzione tattica. Williams fu squalificato per 12 mesi, gli Harlequins persero comunque quella partita e il trofeo, alla fine, andrà proprio ai Leinster.

Dora Ratjen, l’uomo che batté le donne

Il salto è di molto a ritroso nel tempo, durante i Campionati europei di Vienna. Dora Ratjen stabilisce un nuovo primato nel salto in alto femminile, raggiungendo la misura di un metro e 70. Il problema? Non era una donna, o almeno, non totalmente, e il suo fu uno dei primi casi di ermafroditismo. All’anagrafe come Heinrich Ratjen, venne immediatamente privato della medaglia d’oro, e lì terminò la sua carriera sportiva. Dora/Heinrich provò a giustificarsi asserendo come ci furono sempre molti dubbi sul suo vero genere, e che per tutta la vita venne cresciuto come una ragazza.

Foto Daily Mirror

Il sabotaggio di Tonya Harding

All’inizio degli anni Novanta Tonya Harding era la più bell’immagine del pattinaggio su ghiaccio americano, finché non venne scoperto il suo terribile tentativo di sabotaggio nei confronti di Nancy Kerrigan, sua prossima rivale nelle Olimpiadi del 1994 di Lillehammer. La Kerrigan venne infatti aggredita dopo una sessione di allenamento ai Campionati nazionali e fu costretta a ritirarsi momentaneamente dalle competizioni, spingendo il titolo proprio verso Tonya Harding. Le indagini dimostrarono successivamente come l’ex marito della Harding Jeff Gillooly pagò un aggressore per eliminare la concorrenza dalle gare per la moglie. L’infortunio però fu più lieve del previsto, e in quei Giochi Olimpici invernali Nancy Kerrigan vinse l’argento. Tonya Harding chiuse ottava, salvo poi vedersi revocato anche il precedente titolo nazionale ed essere bandita a vita dalla federazione americana.

Lance Armstrong da Oprah

Di Tour de France ne vinse sette, e passò alla storia come una delle più grandi imprese dello sport di tutti i tempi, specie dopo essere risalito sulla bicicletta dopo aver vinto la lotta contro il cancro. Nel 2012 l’agenzia americana anti doping smascherò però il sistema di Lance Armstrong, passato alla storia come uno dei più sofisticati programmi di doping mai conosciuti nel mondo dello sport. Dopo essere stato privato di tutte le sue vittorie confessò in tv a sua trama di inganni, in una celebre intervista con Oprah Winfrey incisa a fondo nella storia.

La Mano de Dios

Quando gli chiesero di quel gol di mano lui rispose che, in realtà, si trattava della mano di Dio. Un’istantanea che è passata alla storia, quel buffetto al pallone a scavalcare Peter Shilton nei quarti di finale del Mondiale messicano del 1986. Quello fu il suo Mondiale, dell’Argentina campione del mondo e di Maradona che diventa divinità in patria. Inghilterra affondata 2-1, e dopo di loro toccherà al Belgio in semifinale e alla Germania nella finalissima. 2-1 il risultato finale e, cinque minuti dopo quella che rimane - a tutti gli effetti - una scorrettezza, Maradona segnerà il gol più bello che il calcio possa ricordare. Lo chiamarono il gol del secolo, saltando mezza Inghilterra e depositando il pallone in rete. Quel suo gol di mano rimane la scorrettezza più grandiosa della storia dello sport?