5 partite da seguire nel weekend senza Serie A

Calcio

Redazione l'Ultimo Uomo

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In Italia non si gioca ma nel resto d'Europa sì: ecco 5 partite interessanti che dovreste tenere d'occhio per superare l'astinenza di un turno senza campionato

L’Everton farà il fortino contro il Tottenham

di Emanuele Atturo

Tra Tottenham ed Everton ci sono 14 punti di distanza, gli stessi che sarebbero forse stati immaginabili ad inizio stagione, ma entrambe - a modo loro - possono considerarsi deluse da questa stagione di Premier League. Il Tottenham aveva cominciato l’anno da dove aveva finito i precedenti: vincendo e mostrando uno dei giochi più organizzati della Premier League. Il momento più alto della stagione è stato probabilmente il doppio confronto contro il Real Madrid, fra metà ottobre e inizio novembre - concluso con un pareggio all’andata e una vittoria per 3 a 1 in casa al ritorno. Il Tottenham aveva mostrato una maturità tattica che, rispetto alle stagioni precedenti, gli aveva permesso di essere più flessibile e cambiare approccio a seconda dell’avversario che aveva di fronte.

Da quel momento però gli “spurs” hanno perso, impercettibilmente, qualche certezza e hanno rimediato sconfitte contro Manchester UTD, Arsenal, Leicester e Manchester City, da cui la squadra di Pochettino ha rimediato un severo 4 a 1. Ora il Tottenham sembra finito in fondo alle gerarchie dei piani alti della Premier League: quinto a tre punti dal Liverpool, cinque dal Chelsea, sei dal Manchester UTD. L’unico obiettivo rimasto sembra quello di ogni anno, cioè la qualificazione diretta alla Champions League.

Dall’altra parte all’Everton le cose vanno persino peggio. Dopo un’ambiziosa campagna acquisti estiva, funzionale all’idea di Ronald Koeman di installare il gioco di posizione nel Merseyside, ora l’Everton sembra aver abbandonato ogni velleità. Koeman è stato esonerato il 24 ottobre, al suo posto è stato promosso David Unsworth che, mentre il club cercava un nuovo allenatore, è restato in carica fino a fine novembre. Le ricerche sono state disperate: l’Everton ha provato a prendere prima Fonseca dallo Shakhtar, poi Andrè Villas-Boas e persino Tony Pulis. Alla fine, dopo diversi rifiuti, la scelta è ricaduta su uno dei manager caduti più in disgrazia negli ultimi anni, ovvero Sam Allardyce, definito dal proprietario dell’Everton “il manager più sottovalutato d’Inghilterra”.

Con Allardyce i risultati dei “toffees” sono inizialmente migliorati e, accanto a vittorie semplici, l’Everton ha messo insieme alcuni risultati di prestigio, un 1 a 1 esterno contro il Liverpool e uno 0 a 0 in casa contro il Chelsea. Ora però la squadra non vince da cinque partite e ha perso le ultime tre consecutive e il gioco rudimentale di "Big Sam" sembra pagare meno.

Con Allardyce l'Everton ha cambiato il suo modo di stare in campo, abbandonando definitivamente le velleità del gioco di posizione. L'ex ct dell'Inghilterra ha messo la squadra su un 4-1-4-1 piuttosto rigido e conservatore, alternandolo a un 4-2-3-1 più offensivo. Partita con una serie di giocatori tecnici ed associativi - Sigurdsson, Rooney, Klaassen, Sandro - pochi di loro sono sopravvissuti. Allardyce ha sacrificato la tecnica sull’altare della fisicità e l’unico giocatore pensante della squadra è rimasto Wayne Rooney, da cui passano praticamente tutte le azioni della squadra. Rooney ha abbassato in maniera incredibile il suo raggio d’azione: deve aiutare l’uscita palla da dietro, smistare il gioco in orizzontale da destra a sinistra e farsi trovare utili in fase di rifinitura e conclusione quando necessario: 10 gol e 2 assist fin qui in stagione. Attorno a lui, come un pianeta impazzito, si muove Tom Davies, che col suo dinamismo si preoccupa soprattutto di offrire linee di massaggio e muovere un sistema altrimenti troppo rigido. Ora l’Everton cerca di attaccare soprattutto in ampiezza, e attraverso palloni lunghi su cui possono esaltarsi giocatori atletici come Calvert-Lewin, Nyasse e Bolasie.

Rooney, isolato al centro, a fare da macchina lanciapalle. Tutta la squadra si muove in funzione del suo gioco lungo: i due esterni restano larghissimi, le punte scattano in avanti per ricevere la verticalizzazione.

L’Everton è insomma una squadra che vuole innanzitutto minimizzare i rischi, mettendo le partite sul piano fisico e cercando di sfruttare al massimo le occasioni a disposizione, anche usando il talento di Sigurdsson nei calci piazzati. Dall’altra parte il Tottenham, che invece è da sempre alla ricerca della misura più virtuosa fra equilibrio e caos, spesso fatica di fronte a squadre chiuse e fisiche, come ha dimostrato anche il recente pareggio contro il West Ham. L’Everton farà di tutto per comprimere il più possibile gli spazi per le connessioni palla a terra fra i trequartisti avversari. All’andata la partita era finita con un netto zero a tre per la squadra di Pochettino, che aveva sfruttato al massimo l'atteggiamento passivo dell’Everton.

Per il Tottenham stavolta sarà più importante tenere i ritmi alti in fase di non possesso, puntando a una riconquista alta che metta in crisi la precaria costruzione bassa dell’Everton. La squadra di Allardyce non si fa mai problemi quando c’è da lanciare lungo, spesso con scarsa precisione: Pickford è il giocatore della Premier League col maggior numero di lanci imprecisi ogni 90 minuti, 18. L’Everton tiene il pallone pochissimo, con il 46,2% è la quattordicesima nel torneo per il dato sul possesso palla. Il Tottenham punterà insomma a ridurre il più possibile i tempi della riconquista, lasciando l’Everton a fare una partita meramente difensiva, come è capitato nel derby di FA Cup contro il Liverpool, dove i “toffees” si sono difesi strenuamente per 90 minuti, ma hanno finito per perdere 2 a 1.

Sarà probabilmente un’altra partita in cui vedremo svolgersi uno dei canovacci più tipici di questa stagione di Premier: una squadra che tiene il pallone e l’altra che non prova neanche a contestarglielo, come ha sottolineato Jonathan Wilson in un suo articolo recente sul Guardian.

Sarà interessante vedere se l’Everton farà esordire Cenk Tosun, ultima pazzia del mercato, arrivato per 27 milioni dal Besiktas. Il turco non ha caratteristiche molto dissimili da Nyasse: è un centravanti sgobbone, fisico, che aiuta la squadra in ogni situazione di gioco ma che non permetterà di certo all’Everton ad avere maggiore profondità. Dietro alla punta dovrebbero ruotare Sigurdsson a sinistra, Vlasic a destra e Rooney centrale. Dall’altra parte il Tottenham giocherà probabilmente a specchio con il 4-2-3-1 tipo, con Trippier al posto di Aurier come esterno basso.

Ecco qualche altro sconfortante per i “toffees”. L’Everton viene da tre sconfitte consecutive e da cinque partite senza vittorie. Non batte il Tottenham da cinque anni. Il pronostico insomma sembra più che chiuso, ma l'Everton di Allardyce sembra una squadra che vuole vendere cara la propria pelle.

Red Bull Lipsia - Schalke 04

di Flavio Fusi

Dopo la consueta pausa invernale, durata 25 giorni, la Bundesliga ha riaperto i battenti con la vittoria del Bayern Monaco sul campo del Bayer Leverkusen, che ha portato la squadra di Jupp Heynckes a +14 sullo Schalke 04 secondo. La partita di cartello di questo weekend vedrà però impegnato il RB Lipsia proprio contro i blu di Domenico Tedesco, un incontro determinante per la corsa alla Champions League.

Nella passata stagione la squadra di Hasenuttl, da neo-promossa, era stata capace di conquistare il secondo posto, dopo essere persino stata capolista nella prima parte dell’anno. Quest’anno l’impegno in Champions si è dimostrato complicato da gestire per una squadra che fa dell’intensità il suo principale tratto caratterizzante e che si è appena affacciata al calcio che conta. Eliminato dalla Champions, la campagna internazionale del Lipsia continuerà in Europa League, ma intanto le quattro partite senza vittorie prima della pausa hanno fatto scivolare la squadra al quinto posto. A detta del suo allenatore, la squadra ha sfruttato il mese di stop per “ricaricare le pile” ed è pronta a lottare per riaffermarsi come seconda forza del campionato, nonostante l’assenza annunciata di Emil Forsberg.

Lo Schalke 04 sta invece vivendo un momento molto diverso. La squadra è stata capace di mettere in fila undici partite senza sconfitte, una striscia che i tifosi di Gelsenkirchen non vedevano da undici anni. La sapiente gestione tattica del 32enne Tedesco è riuscita ad esaltare i tanti giovani talentuosi in rosa: da Goretzka, messo in condizione di inserirsi in area a volontà, a Meyer, trequartista reinventato regista basso, passando per Kehrer ed Harit. Contro il Lipsia mancherà proprio Goretzka, ma potrebbe fare il suo debutto in gare officiali Pjaca, appena arrivato in prestito dalla Juventus.  

In attesa dell'arrivo di Uth, il miglior marcatore tedesco in stagione, prenotato a parametro zero per giugno, sarà l’ex-juventino a dover aiutare la sua squadra a progredire in fase offensiva, il principale passo in avanti che Tedesco vuole vedere in questa seconda parte di stagione. Il mercato non ha fin qui portato grandi novità in Sassonia, con Hasenhüttl che vuole tenersi stretto Keita fino a fine stagione, nonostante le pressioni di Klopp che vorrebbe anticipare il suo arrivo a Liverpool già in questa sessione di mercato.

Gara di andata, pochi istanti prima del gol di Konoplyanka. Lo Schalke, raccolto in 29 metri, difende la propria area con il 5-3-2. Harit recupera palla, dribbla e infine lancia l’ucraino verso la porta avversaria.

La sfida tra due dei tecnici più preparati della Bundesliga si preannuncia entusiasmante. All’andata prevalse lo Schalke per 2-0: la strategia di Tedesco fu quella di difendere basso con un 5-3-2, cercando di ripartire in transizione sfruttando la visione verticale di Harit e le progressioni di Konoplyanka. Ma un po' di cose sono cambiate da quella partita: Hasenhüttl ha gradualmente virato dal 4-1-2-1-2 ad un 4-4-2, che permette di difendere più bassi con maggiore stabilità e soprattutto di limitare lo spazio alle spalle della difesa, che le altre squadre avevano cominciato ad attaccare in maniera sistematica.

Le stagioni positive ma fragili di Chelsea e Leicester

di Dario Saltari

Arrivati a metà stagione, Chelsea e Leicester si sono infilati in un limbo da cui è difficile scorgere le loro ambizioni per quest’anno, ovviamente con le dovute proporzioni. La squadra di Conte è riuscita a superare brillantemente il difficile periodo di inizio stagione, in cui faceva fatica a trovare un equilibrio e ad integrare i nuovi acquisti arrivati in estate: dopo la brutta sconfitta a fine ottobre contro la Roma in Champions League ha perso solo una volta in campionato, contro il West Ham, e non sembra ragionevole pensare che possa uscire dal quartetto che garantisce un posto in Champions League da qui alla fine dell’anno.

Anche il Leicester sta vivendo una stagione sostanzialmente positiva: dopo l’esonero di Shakespeare a metà ottobre, Puel ha dimostrato che le “Foxes” possono ottenere risultati anche con un gioco non del tutto reattivo e verticale mettendo in campo una squadra meno ossessionata dalla solidità difensiva rispetto al recente passato. Il Leicester adesso è ai margini dell’alta classifica, ottavo con 30 punti, e il Burnley è l’unica tra le piccole che può dire di star vivendo una stagione migliore.

Nonostante ciò, è difficile pensare che le due squadre possano ottenere qualcosa di più di quanto non abbiano già ottenuto in questa stagione, almeno in campionato, con il Manchester City che sta giocando letteralmente un campionato a parte per la conquista del titolo e la zona Europa League che è lontana dal Leicester 9 punti. Sia la squadra di Conte che quella di Puel, infatti, hanno dimostrato delle fragilità e dei difetti che non gli hanno permesso di andare realmente oltre le aspettative, e sembra che quest’anno debbano accontentarsi di ciò che si erano prefissati ad inizio stagione.

Il Chelsea, in particolare, sembra essere meno abile rispetto all’anno passato nel gestire le diverse fasi di gioco, dimostrando di una fragilità inedita quando cerca di difendersi bassa contro squadre che vogliono controllare il possesso. Il centrocampo del Chelsea si fa manipolare troppo facilmente, lasciando ampi spazi alle sue spalle che i tre centrali non sono sempre così reattivi a coprire.

Qui, ad esempio, il centrocampo del Chelsea è posizionato male, e Wilshere può servire facilmente Özil, che si è mosso alle spalle di Kanté. L’Arsenal va vicino al gol del vantaggio.

Con il pallone, la squadra di Conte sembra poter essere imprevedibile solo quando può andare in transizione veloce con Hazard e Morata, ma non senza dimostrare una certa fragilità difensiva in transizione difensiva una volta che il pallone l’ha perso.

Il Leicester, d’altra parte, sembra essere troppo dipendente dagli stati di forma di Mahrez, sia a livello di risultati che tatticamente. L’algerino quest’anno è ancora di più il fulcro creativo della squadra, venendo ancora più dentro al campo per ricevere, ma è quasi del tutto esonerato da compiti difensivi, almeno in fase di riaggressione. La rilassatezza di Mahrez nel cercare di recuperare il pallone appena perso e nel recuperare la posizione in fase di non possesso, costringe Ndidi a coprire porzioni di campo enormi per non lasciare il terzino destro in inferiorità numerica, scoprendo però il centro del campo.

Pro e contro di affidare responsabilità illimitate a Mahrez: qui l’algerino forza il dribbling in uno contro tre, con il Leicester sbilanciato in avanti, e perde il pallone. Sulla transizione che ne nasce le “Foxes” prendono lo 0-2.

Anche se non ci darà grandi indicazioni sulle ambizioni delle due squadre, Chelsea-Leicester sarà un buon banco di prova per capire quanto entrambe abbiano intenzione di risolvere questi problemi. Un risultato convincente, accompagnato da una grande prestazione, potrebbe dare il giusto entusiasmo, che poi rimane la base su cui costruire imprese più grandi.

Il PSG vince sempre, ma continua a non convincere

di Federico Aquè

L’inattaccabile posizione di dominio costruita dal Paris Saint-Germain in Francia ha svuotato di interesse molte delle partite giocate da Neymar e compagni, che hanno inaugurato il 2018 segnando 6 gol al Rennes in Coppa di Francia e qualificandosi alle semifinali di Coppa di Lega con il 2-0 sull’Amiens. Pur giocando in superiorità numerica per l’espulsione del portiere avversario poco oltre la mezz’ora, il PSG si è comunque limitato a sbloccare la partita su rigore con Neymar e a chiuderla con un colpo di testa di Rabiot che ha mandato in crisi la goal-line technology. La palla aveva abbondantemente superato la linea, la tecnologia non lo aveva segnalato all’arbitro, ma il ricorso al VAR, alle prime sperimentazioni in Francia, ha cancellato il possibile errore assegnando giustamente il gol a Rabiot.

A fine partita, Thomas Meunier ha analizzato in maniera molto dura la prestazione del PSG: «Per me questa vittoria vale come un pareggio. La partita mi ha fatto arrabbiare, abbiamo sbagliato passaggi di tre metri o altre giocate che di solito non sbagliamo. Che sia l’Amiens o il Real Madrid, dobbiamo affrontare le partite nella stessa maniera».

Unai Emery non ha risparmiato nessuno dei suoi giocatori migliori, né contro il Rennes né contro l’Amiens, nonostante i pochi giorni a disposizione per recuperare prima della ripresa in campionato contro il Nantes. Il PSG può però permettersi di gestire le forze contando sulla sua superiorità tecnica, limitandosi a controllare il pallone e a lasciare che le sue stelle facciano la differenza, senza sprecare quindi troppe energie.

L’attenzione si è così concentrata sui due assenti: Cavani e Pastore, rientrati in ritardo dalle vacanze ed esclusi da entrambe le partite. L’insubordinazione dei due sudamericani è l’ultimo episodio che getta una luce sinistra sulla gestione della rosa da parte di Emery e della società. Pur senza prendere una decisione chiara, durante la crisi tra Neymar e Cavani su chi dovesse battere punizioni e rigori l’allenatore e la dirigenza erano sembrati troppo accondiscendenti nei confronti del brasiliano (si era addirittura diffusa la voce di un bonus di un milione di euro offerto a Cavani per rinunciare alle sue pretese…), diventato poi il primo tiratore dei calci piazzati. Anche stavolta né Emery né la società si sono espressi in maniera netta sulle sanzioni nei confronti di Cavani e Pastore, che comunque dovrebbero essere multati.

I compagni non sembrano averla presa bene. Thiago Silva ha attaccato entrambi: «Prima di fare certe cose bisogna riflettere, hanno fatto qualcosa che non va bene per il gruppo e per il club». Il capitano del PSG si è poi soffermato su Pastore, svelando pubblicamente la sua voglia di lasciare Parigi, una dichiarazione alla quale l’argentino ha risposto su Instagram: «Non ho mai parlato con Silva del mio problema e del mio futuro. Non è vero che voglio andarmene, mi piacerebbe chiudere la carriera qui».

L’unità dello spogliatoio è ancora un tema piuttosto sensibile, a prescindere dalle manie di Neymar di allungare la propria influenza sui compagni. La difficile gestione della stella brasiliana, del suo ego e di tutto ciò che comporta, resta la pietra angolare della stagione del PSG. Le partite di Neymar ballano spesso sul filo sottile che separa la consapevolezza nei propri mezzi dalla superficialità. Ultimamente sembra prevalere il lato oscuro, si dice che sia infastidito dal trattamento che gli riservano i difensori e che non si senta protetto dagli arbitri francesi. Il suo rendimento resta comunque incredibile: nelle due partite di Coppa giocate nei giorni scorsi ha segnato 3 gol, in campionato ha finora firmato 11 reti e 9 assist, in Champions League ha messo a referto 6 gol e 3 assist.

Neymar ha esultato così dopo il rigore segnato all’Amiens, e ad alcuni questo gesto non è piaciuto. Su Instagram ha poi spiegato di aver semplicemente voluto imitare un amico, che invece di una scarpa teneva in equilibrio un bicchiere di birra.

Nella gara d’andata la resistenza del Nantes era stata piegata piuttosto agevolmente (4-1) e alla fine Claudio Ranieri non aveva semplicemente fatto i complimenti al PSG, ma ne aveva pronosticato la sicura vittoria del campionato, nonostante si fosse solo a novembre. La solidità della squadra di Ranieri, che ha la terza miglior difesa della Ligue 1, è l’unico vero ostacolo che può separare i parigini dall’ennesima vittoria scontata, anche se la partita contro l’Amiens ha comunque lasciato sensazioni negative.

È probabile che la sfida contro il Nantes non dirà molto sull’evoluzione tattica del PSG, ma piuttosto sarà un altro tassello che aiuterà a chiarire se e come saranno risolti i problemi esterni al campo che stanno condizionando la stagione dei parigini. In una squadra traboccante di talento, la gestione di equilibri così delicati è tanto importante quanto gli accorgimenti tattici.

Real Madrid - Villareal

di Emanuele Atturo

«Non dobbiamo guardare a ciò che si dice, che è tutto negativo. Io non la vedo così. La situazione è che dobbiamo fare risultati positivi e che siamo in corsa per tutte le competizioni. Non stiamo messi male come si dice» ha dichiarato Zidane nella conferenza stampa prima di Real Madrid - Villareal, per smorzare la tensione in quella che è stata forse la settimana più dura da quando è sulla panchina dei “merengues”.

Il Real Madrid viene da un inquietante pareggio per 2 a 2 in Copa del Rey contro il Numancia, che attualmente milita in Segunda Division. Tre giorni prima aveva pareggiato 2 a 2 contro il Celta Vigo, e prima della sosta natalizia aveva perso Il Clasico per 3 a 0 in casa. Se quest’ultima partita aveva messo in mostra in maniera drammatica il ribaltamento dei rapporti di forza tra i due juggernaut della Liga, le ultime partite hanno mostrato soprattutto la mancanza di controllo che il Real Madrid soffre ormai ogni partita. Con il Numancia la squadra di Zidane è andata due volte in vantaggio, facendosi recuperare in entrambi i casi; contro il Celta il Real era riuscito a ribaltare l’iniziale svantaggio grazie a una doppietta di Gareth Bale, facendosi però rimontare negli ultimi dieci minuti da un gol di Maxi Gomez. Insomma, quel controllo quasi mistico che la squadra di Zidane sembrava esercitare - un controllo per lo più tecnico, fondato sulla capacità dei suoi giocatori di trovare sempre il bandolo delle partite - sembra essersi smarrito.

Il Real Madrid oggi alle 16 e 15 non ha il miglior cliente possibile per tornare a vincere. Il Villareal è sesto nella Liga, un punto dietro al Siviglia, e dopo un periodo complicato - con tre sconfitte consecutive - ora è tornato in una forma brillante. Nelle ultime tre partite di Liga il Villareal ha messo insieme un pareggio e due vittorie, una peraltro pesante contro il Valencia di Marcelino in trasferta.

La partita vedrà il confronto fra due rombi di centrocampo, quello liquido del Real Madrid e quello più scolastico del Villareal di Javi Calleja. Il Villareal è una squadra a cui piace controllare il pallone, che fa molta densità in zona centrale, cercando la superiorità numerica, per poi trovare sfogo sui due esterni bassi, Mario Gaspar e Jaume Costa, o sui movimenti in profondità delle punte. Calleja ha dovuto fare a meno di Nicola Sansone da inizio dicembre per un infortunio al polpaccio. La punta italiana era fondamentale per regalare verticalità e creatività nell’uno contro uno verso la porta. Nell’ultima partita, accanto a Bacca, ha giocato un’altra prima punta come Enes Unal, più brava del colombiano a lavorare con il fisico i palloni sporchi. La sua storia è abbastanza incredibile: arrivato al Villareal in estate, dopo aver anche segnato, è stato ceduto in prestito al Levante, per poi essere richiamato ora dal Villareal, dove ha segnato nell'ultima partita. Dall'inizio della sua stagione, insomma, ha cambiato tre volte squadra, segnando dopo tutti e tre i trasferimenti.

Il Villareal una squadra divertente da veder giocare, che cerca sempre il palleggio, sebbene con un po’ di confusione, e che ha qualche talento sopra la media da tenere d’occhio. Manu Trigueros e Pablo Fornals in particolare. Il primo è una mezzala sinistra molto tecnica, il secondo un trequartista molto abile negli smarcamenti senza palla. Contro un altro rombo dal livello tecnico superiore come quello del Barcellona, il Villareal ha accettato di non poter controllare il pallone, difendendosi però in maniera abbastanza aggressiva, prendendo gol solo a venti minuti dalla fine (perdendo alla fine per 2 a 0).

Il pressing aggressivo del Villareal, che arriva marcando a uomo fino a Ter Stegen. Siamo al primo minuto, via via la squadra di Calleja abbasserà un po’ il proprio baricentro.

Il Real Madrid dovrebbe tornare a schierare Bale da centravanti, autore di una doppietta nella gara contro il Celta Vigo e che ha ottimi precedenti contro il Villareal. Di sicuro il Real Madrid sarà chiamato a vincere, e a farlo in maniera convincente: il distacco dal Barcellona al momento è di 16 punti, molti di più di quelli che separano Blancos e Villareal, 4. Le voci attorno alla panchina di Zidane si fanno sempre più insistenti, e può suonare assurdo per un allenatore che è riuscito a vincere 8 trofei in meno di due anni, ma tutto ciò che circonda il Real Madrid non ha mai niente di normale.