Il motto di Figo: ''Fatica, passione, devozione e gloria''

Calcio
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Nell'intervista in onda su SkySport 1 per la rubrica "I Signori del Calcio", il campione portoghese ripercorre i momenti chiave della sua vita: "Madrid è la mia città preferita, ma all'Inter ho vissuto 4 anni tra i più belli della mia carriera". IL VIDEO

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A soli 11 anni sei entrato nelle giovanili dello Sporting Lisbona. E' lì che hai pensato di poter diventare un professionista?
No, era ancora troppo presto. Sono andato a provare per un mese nello Sporting, però non potevo andare ad allenarmi fino a Lisbona tutti i giorni, era troppo lontano da casa mia. Allora ho chiesto all’allenatore se fosse il caso di continuare o meno: da quel giorno, non sono più andato via dallo Sporting e ho raggiunto la prima squadra.

L’esordio a 17 anni. Queiroz ha detto che tu eri già superiore agli altri. Ti sentivi più forte?
Ho fatto tutta la trafila nelle nazionali giovanili e questo mi ha dato un po’ di esperienza a livello internazionale. Il mio primo obiettivo è sempre stato arrivare in prima squadra e poi quello di diventare titolare. Non so se avessi già le qualità per farlo, ma quando mi hanno dato la possibilità, ho cercato di non sbagliare.

Nel 1995 il tuo arrivo al Barcellona, ma prima ci fu anche la possibilità di arrivare in Italia
Ero in scadenza di contratto con lo Sporting. Ci fu la possibilità di firmare con la Juve, avevo parlato con Moggi e avevamo raggiunto un accordo che doveva essere avvallato dal consiglio di amministrazione della società per divenire effettivo. La Juve, però, volle prima parlare con lo Sporting, e questo non fu positivo per me perché non mi ero lasciato bene con loro. Poi, ho conosciuto Pastorello che mi aveva convinto ad andare al Parma e mi fece firmare un contratto, l’unico che io abbia firmato realmente. C’era un problema, però, per cui avrei dovuto aspettare due anni prima di poter giocare in Italia. Questo mi ha aperto le porte del trasferimento in Spagna e sono andato a Barcellona.

Hai fatto la fortuna del Barcellona e il Barcellona la tua
Quell’anno è stato importante, era il primo fuori dal mio paese. Avevo avuto la possibilità di scegliere fra Madrid e Barcellona, andai a Barcellona perchè l’allenatore era Cruijff, una leggenda del calcio, mi piaceva il suo Dream Team. Fu il suo ultimo anno da allenatore, mi ha dato tanto. Ancora oggi penso che Cruijff sia avanti 10 anni rispetto agli altri. Dopo di lui, ho avuto grandi allenatori, ma la scuola olandese è fantastica.

Poi, il tuo passaggio a Madrid e il primo ‘clasico’ contro la tua ex squadra
Fu una serata difficile perchè tornavo a Barcellona e giocavo contro i miei amici. Ho cercato di pensare solo a giocare. In ogni caso, è stata un’esperienza unica, credo che nessun giocatore abbia mai avuto 130 mila persone tutte contro di sé.

Madrid è diventata la città del destino perché hai deciso di vivere lì anche dopo il calcio. Le differenze fra Madrid e Barcellona?
A Barcellona c’è sia il mare che la montagna. Madrid, però, è la capitale, la città del business. Poi, culturalmente è una città bellissima, manca solo il mare ma per questo sono fortunato perché sono vicino al Portogallo. Se mi manca il mare, prendo l’aereo e vado a casa.

5 anni a Barcellona, 5 a Madrid. Poi, nel 2005, l’Inter. Cosa ti ha spinto a lasciare Madrid?
Avevo ancora un anno di contratto a Madrid, giocavo poco e non ero contento. Potevo restare lì a guadagnare i miei soldi tranquillo ma sentivo di poter dare ancora tanto al calcio e quindi ho scelto l’Inter.

Con te l’Inter ha iniziato a vincere. Com’è stato l’impatto con il calcio italiano nell’anno di calciopoli?
Tutti parlavano di questa cosa ma nessuno aveva il coraggio di dire niente all’esterno. Io ho sempre detto quello che pensavo, quando uno vede delle ingiustizie, deve parlare. Quando ero ancora in Spagna, i miei amici della Nazionale che giocavano in Italia mi dicevano come andavano le cose. Ero sorpreso. Mi chiedevo cosa dicesse la gente. Meno male che si è scoperta la verità.

Avevi detto di aver visto Moggi parlare con l’arbitro ed eri stato multato. Quei soldi sono più tornati?
Non so, aveva pagato la società. Spero di sì.

L’hai più incontrato Moggi?

Forse, una volta, a San Siro. Non ho niente contro di lui.

Perché il rapporto con Mancini si è guastato?
Non lo so. Ringrazio solo l’Inter per questi quattro anni ad alto livello. Per il resto, è una perdita di tempo pensare ad un rapporto che non avrà seguito a livello personale. Per me, quello con Mancini, è stato un rapporto professionale.

La cosa bella è stato il feeling con i tifosi, anche quando avevi già trovato l’accordo per andare negli Emirati
L’affetto che ho trovato all’Inter è stato impressionante. Devo ringraziare tutti. Ho vissuto quattro anni tra i più belli della mia carriera. Queste sono le cose che mi restano dentro. Vorrei anche chiedere scusa per le occasioni in cui non sono riuscito a rendere al massimo livello.

L’arrivo di Mourinho ti ha dato la possibilità di chiudere la carriera ad alto livello?

Nessuno firma un contratto in cui c’è scritto che devi essere titolare, però, nello spogliatoio tutti devono essere uguali. Sapevo che lui mi stimava e quindi potevo ricominciare da zero. Non è bello stare in un posto dove si sa già dall’inizio di essere messi in secondo piano, non fa parte del mio carattere restare in una società solo per guadagnare soldi.

Il tuo giudizio su Mourinho come allenatore?
Ha lo stesso rapporto diretto con tutti, predilige il lavoro col pallone. Il suo curriculum dimostra il suo valore, ha vinto tutto e spero che possa fare un Inter ancora più forte.

Hai deciso cosa farai da grande?

Non lo so. Ho deciso di passare più tempo con la mia famiglia dopo una carriera lunga e piena di sacrifici.

La delusione più grande per te è la finale degli Europei nel 2004? Qual è stato il momento più duro nella carriera di Figo?

Il periodo degli infortuni perché uno vuole sempre essere in condizione. La Finale degli Europei, più che un episodio negativo, è stata un’opportunità persa davanti a tutto il nostro Paese. Mi ha però fatto più male perdere la semifinale del Mondiale contro la Francia che la finale dell’Europeo. Spero che il Portogallo possa arrivare altre volte a giocare partite così.

Cosa scriveresti sull’ultima pagina del libro sulla carriera di Figo?
Sono molto felice della mia carriera, ho avuto fortuna ma quello che ho vinto mi è costato anche molto lavoro, ho fatto tanti sacrifici. Sono cresciuto con un motto che mi ha seguito per tutta la vita: “Fatica, passione, devozione e gloria“. Ci ho pensato ogni giorno. Ringrazio per l’affetto che ho avuto dai compagni. Sono contento di aver stretto tante amicizie, queste sono le cose che rimangono oltre ai trofei e ai soldi.