Dalla Lega Pro al quarto posto, il lungo cammino del Verona
Calcio
IL CASO. In cinque anni la società veneta che sabato sera sarà contro l'Inter a San Siro, è passata da una possibile retrocessione nella ex C2 ai vertici della Serie A. Con pazienza, ecco come al Bentegodi hanno cominciato a sognare
di Roberto Brambilla
Sedici punti in 8 partite. Quattro vittorie consecutive in casa, come il Verona di Osvaldo Bagnoli che nella stagione 1984-1985 conquistò uno storico scudetto.I gialloblù di Andrea Mandorlini sono insieme alla Roma di Rudi Garcia la vera sorpresa di questo inizio di stagione. Una squadra ordinata e offensiva, capace di superare il Milan al Bentegodi e che sabato affronterà a San Siro l'Inter di Walter Mazzarri. Un piccolo miracolo nato nel 2008 sull'orlo dell'allora C2 e costruito con pazienza e senza rivoluzioni, ecco la sua storia.
Verona, all'inferno e ritorno in cinque anni – Una rinascita, quella dell'Hellas, arrivata dopo il periodo più buio della storia dei gialloblù. Nel 2002 la retrocessione in B, nel 2007 quella in C1 e nel 2008 addirittura lo spareggio play out (vinto) contro la Pro Patria per evitare la prima volta nella neonata Lega Pro Seconda Divisione (ex C2). Difficoltà sportive e societarie, con la squadra sull'orlo del fallimento e salvata in extremis nel gennaio 2009 dall'imprenditore del settore abbigliamento Giovanni Martinelli.
Nel 2010 la svolta, dopo l'ennesima delusione con la Serie B persa contro il Pescara. A novembre, con la squadra nella “parte destra” della classifica la società cambia allenatore (da Giuseppe Giannini ad Andrea Mandorlini) e i risultati si vedono. A maggio 2011 arriva la promozione via play off in B battendo Sorrento e Salernitana e due anni dopo, alla fine della stagione 2012-2013 quella in A. Una massima serie, raggiunta senza spareggi dopo un lungo testa a testa con Livorno e Sassuolo e che mancava da 11 anni, dai tempi di Mutu e Gilardino.
In A con veterani e acquisti mirati– La seconda promozione in tre anni non ha cambiato la filosofia della società, guidata dal presidente Maurizio Setti (che all'inizio della stagione 2012-2013 ha rilevato le quote di maggioranza da Giovanni Martinelli rimasto vicepresidente e scomparso il 15 ottobre 2013). Come era già successo nelle stagioni precedenti la dirigenza ha deciso di non smantellare la rosa per la nuova categoria. Confermato in blocco del gruppo che aveva giocato la B e raggiunto la A (Jorginho, Hallfredsson, Maietta, Juanito, Cacciatore) il ds Sean Sogliano ha rinforzato l'organico con acquisti mirati: giocatori d'esperienza, come l'attaccante Luca Toni e il centrocampista Massimo Donati, riserve con voglia di riscatto come l'ex viola Romulo e giovani interessanti, uno su tutti il fantasista paraguaiano Juan Manuel Iturbe. Innesti fatti senza stravolgere completamente l'impianto di gioco.
Jorginho, Toni e Iturbe, la chiave di una sorpresa – Il momentaneo quarto posto del Verona, con 16 gol fatti (quinto attacco della A insieme a quello della Juventus) e 12 gol subiti, è un traguardo di squadra ma che nasce soprattutto dalla metacampo in avanti. Un 4-3-3, quello di Mandorlini, il cui fulcro è il 22enne brasiliano di passaporto italiano Jorginho. Arrivato in Italia a 15 anni e costato circa 35mila euro (l'allora responsabile del settore giovanile gialloblù lo scovò nel San Martino Speme, squadra della provincia di Verona), è ora nel mirino di alcuni top club italiani e inglesi. Con visione di gioco, piedi buoni e velocità è il giocatore che imposta l'azione, appoggiato dalla corsa di Halfredsson e dall'esperienza di Donati.
Sorprese a centrocampo ma anche in attacco. Con grande merito del ds Sogliano, capace di pescare in due bacini diversi, due giocatori utili alla causa veneta. Da un lato Luca Toni, prezioso per i gol (tre, con la doppietta all'esordio contro il Milan) e per il lavoro "sporco" per la squadra, dall'altra il “Messi Guarani” Iturbe, preso in prestito dal Porto e già entrato nel cuore dei tifosi veronesi con le sue accelerazioni e i suoi dribbling. Un reparto offensivo integrato da Juanito Gomez, dal bomber di B Daniele Cacia e all'occorrenza da Martinho, tutti artefici della A e perfetti conoscitori dell'attacco di Mandorlini. Anche se tra i goleador più prolifici spunta il nome di Fabrizio Cacciatore, 3 reti ma professione difensore.
Effetto Mandorlini - Se il Verona è passato dal fondo della Lega Pro alla A molto merito è del tecnico di Ravenna. Spesso al centro delle polemiche fuori dal campo ( per esempio per i cori dopo lo spareggio contro la Salernitana) è stato abile a dare un'identità di gioco alla squadra, a traghettarla nei momenti difficili in B e a integrare subito e bene i nuovi acquisti. E' già riuscito a fare meglio della sua prima stagione in A (7 punti in 14 giornate con l'Atalanta) e sabato sera andrà nella sua San Siro, dove tra il 1984 e il 1991 proprio con l'Inter ha conquistato lo “scudetto dei record” e la Coppa Uefa. Una partita da amarcord che potrebbe lanciare il Verona a 19 punti, al secondo posto a pari merito con Juventus e Napoli. Anche se solo per qualche ora.
Sedici punti in 8 partite. Quattro vittorie consecutive in casa, come il Verona di Osvaldo Bagnoli che nella stagione 1984-1985 conquistò uno storico scudetto.I gialloblù di Andrea Mandorlini sono insieme alla Roma di Rudi Garcia la vera sorpresa di questo inizio di stagione. Una squadra ordinata e offensiva, capace di superare il Milan al Bentegodi e che sabato affronterà a San Siro l'Inter di Walter Mazzarri. Un piccolo miracolo nato nel 2008 sull'orlo dell'allora C2 e costruito con pazienza e senza rivoluzioni, ecco la sua storia.
Verona, all'inferno e ritorno in cinque anni – Una rinascita, quella dell'Hellas, arrivata dopo il periodo più buio della storia dei gialloblù. Nel 2002 la retrocessione in B, nel 2007 quella in C1 e nel 2008 addirittura lo spareggio play out (vinto) contro la Pro Patria per evitare la prima volta nella neonata Lega Pro Seconda Divisione (ex C2). Difficoltà sportive e societarie, con la squadra sull'orlo del fallimento e salvata in extremis nel gennaio 2009 dall'imprenditore del settore abbigliamento Giovanni Martinelli.
Nel 2010 la svolta, dopo l'ennesima delusione con la Serie B persa contro il Pescara. A novembre, con la squadra nella “parte destra” della classifica la società cambia allenatore (da Giuseppe Giannini ad Andrea Mandorlini) e i risultati si vedono. A maggio 2011 arriva la promozione via play off in B battendo Sorrento e Salernitana e due anni dopo, alla fine della stagione 2012-2013 quella in A. Una massima serie, raggiunta senza spareggi dopo un lungo testa a testa con Livorno e Sassuolo e che mancava da 11 anni, dai tempi di Mutu e Gilardino.
In A con veterani e acquisti mirati– La seconda promozione in tre anni non ha cambiato la filosofia della società, guidata dal presidente Maurizio Setti (che all'inizio della stagione 2012-2013 ha rilevato le quote di maggioranza da Giovanni Martinelli rimasto vicepresidente e scomparso il 15 ottobre 2013). Come era già successo nelle stagioni precedenti la dirigenza ha deciso di non smantellare la rosa per la nuova categoria. Confermato in blocco del gruppo che aveva giocato la B e raggiunto la A (Jorginho, Hallfredsson, Maietta, Juanito, Cacciatore) il ds Sean Sogliano ha rinforzato l'organico con acquisti mirati: giocatori d'esperienza, come l'attaccante Luca Toni e il centrocampista Massimo Donati, riserve con voglia di riscatto come l'ex viola Romulo e giovani interessanti, uno su tutti il fantasista paraguaiano Juan Manuel Iturbe. Innesti fatti senza stravolgere completamente l'impianto di gioco.
Jorginho, Toni e Iturbe, la chiave di una sorpresa – Il momentaneo quarto posto del Verona, con 16 gol fatti (quinto attacco della A insieme a quello della Juventus) e 12 gol subiti, è un traguardo di squadra ma che nasce soprattutto dalla metacampo in avanti. Un 4-3-3, quello di Mandorlini, il cui fulcro è il 22enne brasiliano di passaporto italiano Jorginho. Arrivato in Italia a 15 anni e costato circa 35mila euro (l'allora responsabile del settore giovanile gialloblù lo scovò nel San Martino Speme, squadra della provincia di Verona), è ora nel mirino di alcuni top club italiani e inglesi. Con visione di gioco, piedi buoni e velocità è il giocatore che imposta l'azione, appoggiato dalla corsa di Halfredsson e dall'esperienza di Donati.
Sorprese a centrocampo ma anche in attacco. Con grande merito del ds Sogliano, capace di pescare in due bacini diversi, due giocatori utili alla causa veneta. Da un lato Luca Toni, prezioso per i gol (tre, con la doppietta all'esordio contro il Milan) e per il lavoro "sporco" per la squadra, dall'altra il “Messi Guarani” Iturbe, preso in prestito dal Porto e già entrato nel cuore dei tifosi veronesi con le sue accelerazioni e i suoi dribbling. Un reparto offensivo integrato da Juanito Gomez, dal bomber di B Daniele Cacia e all'occorrenza da Martinho, tutti artefici della A e perfetti conoscitori dell'attacco di Mandorlini. Anche se tra i goleador più prolifici spunta il nome di Fabrizio Cacciatore, 3 reti ma professione difensore.
Effetto Mandorlini - Se il Verona è passato dal fondo della Lega Pro alla A molto merito è del tecnico di Ravenna. Spesso al centro delle polemiche fuori dal campo ( per esempio per i cori dopo lo spareggio contro la Salernitana) è stato abile a dare un'identità di gioco alla squadra, a traghettarla nei momenti difficili in B e a integrare subito e bene i nuovi acquisti. E' già riuscito a fare meglio della sua prima stagione in A (7 punti in 14 giornate con l'Atalanta) e sabato sera andrà nella sua San Siro, dove tra il 1984 e il 1991 proprio con l'Inter ha conquistato lo “scudetto dei record” e la Coppa Uefa. Una partita da amarcord che potrebbe lanciare il Verona a 19 punti, al secondo posto a pari merito con Juventus e Napoli. Anche se solo per qualche ora.