In Evidenza
Tutte le sezioni
Altro

Galliani dopo il Covid: "Ho temuto di morire. Berlusconi sempre al mio fianco"

CORONAVIRUS

L'ad del Monza, che ha superato il Covid dopo essere stato anche in terapia intensiva, ha raccontato nel corso di un'intervista al Corriere della Sera l'esperienza con la malattia: "Ha cambiato la mia psiche, la salute è la cosa che conta di più nella vita. Ho perso dieci chili e ho avuta paura di morire, adesso apprezzo le piccole cose. Berlusconi non mi ha mai lasciato solo. E non ho guardato le partite per paura che parlassero dei morti"

CORONAVIRUS, DATI E NEWS IN TEMPO REALE

Condividi:

Il peggio adesso è passato, ma per Adriano Galliani la battaglia contro il Covid-19 è stata davvero dura. Da poco dimesso dall'ospedale San Raffaele di Milano, dove è stato ricoverato in terapia intensiva, l'attuale amministratore delegato del Monza e storico dirigente del Milan di Berlusconi ha raccontato nel corso di un'intervista al Corriere della Sera la lotta con il coronavirus: "Adesso mi sento meglio, molto meglio. Ma ho temuto di morire e ho perso dieci chili. Mi sono reso conto che nella vità ciò che conta di più è la salute. Sono stato in terapia intensiva dal 7 marzo al 17 e sono stati i dieci giorni più lunghi della mia vita, un vero incubo. Nel reparto di terapia intensiva non ci sono finestre, non vedevo nulla: davanti a me avevo solo un muro. Io soffro anche di claustrofobia ed è stato difficilissimo non vedere la luce per dieci giorni. Quando il 17 marzo sono risultato negativo e sono stato trasferito in reparto ho finalmente tirato un sospiro di sollievo. Nella mia vita ho avuto la fortuna di andare nei migliori alberghi di lusso, ma quando sono arrivato lì ho pensato che quel reparto fosse il posto più bello del mondo, non c'è Four Season che tenga".

"Berlusconi non mi ha mai lasciato solo"

Galliani ha poi spiegato come trascorreva le sue giornate in ospedale e ha svelato che Silvio Berlusconi non gli ha mai fatto mancare la sua vicinanza: "Voglio ringraziare i medici e gli infermieri del San Raffaele, dove ho trovato un'umanità pazzesca. Una volta fuori dalla terapia intensiva stavo ore a guardare il cielo e questa cosa mi riempiva il cuore. Facevo ancora punture, aerosol e avevo ancora dei fastidi - ha proseguito il senatore di Forza Italia -, ma vedevo il cielo. Questa esperienza ha cambiato la mia psiche, adesso so che la salute è l'unica cosa che conta nella vita. Oltre alla mia famiglia, la persona che mi è stata più vicino è Silvio Berlusconi: era preoccupato per me, mi scriveva continuamente e mi dimostrava tutto il suo affetto. Anche quando non potevo rispondere a causa della stanchezza trovavo le sue chiamate. Una dimostrazione d'amore. Io ho vissuto tre delle quattro vite di Berlusconi, non ero al suo fianco soltanto nella vita da costruttore. Per il resto sono sempre stato con lui, ovunque abbia deciso di primeggiare, dalla televisione al calcio alla politica. Un giorno mi disse: 'Vogliamo portare il Milan in cima al mondo?'. In tre anni abbiamo vinto la Coppa Intercontinentale".

leggi anche

Galliani lascia l'ospedale: "Tutti fantastici"

"L'angoscia per la pandemia mi ha impedito di vedere le partite"

In chiusura Galliani ha spiegato i motivi che lo hanno spinto a non guardare partite di calcio nella fase più dura della malattia: "Attualmente mi trovo nella mia casa a Milano e ho provato una gioia infinita nel fare la prima doccia dopo tre settimane. Dopo aver visto la morte si apprezzano anche le cose più banali. I medici mi hanno detto che per riprendermi definitivamente avrò bisogno di circa un mese, ho perso dieci chili perché in quei giorni non riuscivo nemmeno a mangiare una polpetta. La prima cosa che farò, insieme a Pierferdinando Casini che ha avuto il Covid come me, sarà andare a pregare al Santuario della Madonna di San Luca. Se mi è mancato il calcio? Tanto - ha confessato l'ad del Monza -, è la mia grande passione. Ho seguito i campionati, ma soltanto attraverso la piattaforma livescore. Non ho visto le partite perché avevo l'angoscia che nel corso delle gare potessero parlare delle morti e della pandemia".