Harry, ti presento Chielly. Elogio della marcatura all'italiana

Champions League

Vanni Spinella

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Un bellissimo duello, quello tra Kane e Chiellini, che ci ha fatto riscoprire il valore della vecchia scuola dei difensori italiani. Capaci di annullare l'avversario, ma che non potrebbero vivere senza di lui  

La Juventus ha battuto il Tottenham al minuto 78. Era già avanti 2-1, ma è in quel momento che ha vinto veramente, e l’ha fatto con una giocata difensiva. Succede che sul cross tesissimo di Son dalla sinistra, Chiellini si getti in scivolata in anticipo su Kane e lo preceda di un soffio, negandogli un gol fatto. Lasciate stare che sfiora l’autogol, quello è un rischio che corre chi si avventura in questo tipo di giocata e va accettato. Concentratevi sul resto. C’è tutta una scuola dietro quell’anticipo, la nostra scuola italiana. Dicono che non facciano più i marcatori come una volta, che scopiazzare il calcio di Guardiola in cui i difensori agiscono tutti a testa alta come eleganti registi abbia rovinato le nostre abitudini. Dicono: l’ha detto proprio Chiellini, se vogliamo essere precisi.

Di sicuro c'è un motivo se per gli spagnoli "marcar" significa segnare, mentre per noi vuol dire incollarsi all'attaccante per impedirglielo. Decenni di imprinting non si cancellano importando un tiqui-taca.

Chiellini di certo non si è mai sognato di poter diventare un cigno dal collo lungo, rivendicando la propria bruttezza. Brutto e cattivo, anche antipatico per gli avversari. Ma di un’efficacia spaventosa. Se ti marca, è capace di non farti toccare palla anche se ti chiami Harry Kane e segni a ogni giro di Premier. Lì avranno spettacolo e stadi pieni, ma i difensori sono fatti di un’altra pasta. Magari più eleganti, di sicuro più morbidi.

Sul traversone di Son, Chiellini si lancia ma in quell’anticipo non c’è disperazione. Piuttosto ci sono concentrazione super, reattività, tempismo, lettura della traiettoria, senso della posizione. Anche postura, se la intendiamo allo stesso modo dei vecchi maestri di calcio che insegnavano le basi ai difensori: in ogni momento, vedere sia palla che avversario, quest’ultimo meglio se lo senti anche. Ne esce un intervento in scivolata che vale come un gol (vedi esultanza di Buffon), mentre Kane resta impietrito ad aspettare un pallone che non lo raggiungerà mai. Va così, con la scuola italiana. Harry, ti presento Chielly.

Nel loro duello, lungo 90 minuti, c’è tutto il senso della relazione difensore-attaccante che si crea quando i protagonisti la portano a un livello così elevato. Sì, vedere un difensore che marca bene un attaccante può anche essere bello. Harry e Chielly si allontanano ma poi si riprendono, si lasciano ma si ritrovano sempre, scoprono che in realtà non possono stare separati. Si devono sentire anche fisicamente, strattonarsi, tirare, picchiare (in quest’ultimo caso la relazione è meno biunivoca, Harry è pur sempre un lord inglese). È un rapporto profondo, simbiotico, hanno bisogno l’uno dell’altro per portare a termine la propria missione. In sostanza, per esistere.

Certo, Higuain e Dybala, il tango argentino. Ma il successo della Juventus è anche (soprattutto?) la vittoria della scuola italiana, quella che non fa ballare i migliori artisti internazionali perché li lega alla sedia, li snerva. È l’elogio della marcatura a uomo, quella alla vecchia maniera fatta di contatto fisico, espedienti anche un po’ bastardi al limite della legalità, scarpate prese e ridate. Ci restituisce il difensore come uomo-muro, quello che usa tutto il suo corpo per fare il proprio mestiere. Piede, petto, schiena, faccia se necessario: vale tutto pur di fermare un pallone pericoloso.

Che poi non è neanche così brutto, l’anatroccolo Chiellini. Poco prima era stato lui a verticalizzare per Higuain, ispirando da dietro il gol del sorpasso di Dybala. Una giocata “alla Bonucci”, se i tifosi bianconeri ci consentono il paragone senza rivoltarsi. Prima e dopo quello squarcio, tanto altro, tanta sostanza. Come quando smorza il tiro di Eriksen gettandosi a peso morto davanti allo sparo. Nel finale poi, sgraziato com’è, si sbraccia per mantenere la linea, guida i compagni gesticolando come un italiano vero, se potesse li sposterebbe prendendoli di peso uno a uno, con le sue mani. Solo una volta, all’ultimo respiro, Harry si libera dalla morsa e lo anticipa, saltando più in alto. Lo salva il palo, pericolo scampato, Chielly sospira. A godere è la Juve, e non per finta.