Il Pordenone non è una favola ma un club che lavora bene

Coppa Italia

Angelo Andrea Pisani

La prestazione del Pordenone a San Siro, dove ha costretto l'Inter ai calci di rigore, non è frutto del caso ma di un lavoro che viene da lontano

ALLA SCOPERTA DI PERILLI, IL PORTIERE CHE HA FATTO TREMARE L'INTER

Il primo ottavo di Coppa Italia fra Inter e Pordenone è stata una delle partite più strane della storia recente del nostro calcio. L’Inter è prima in classifica in Serie A mentre il Pordenone milita in Lega Pro: un tipo di scontro fra livelli molto diversi inusuale nel nostro sistema, dove il meccanismo della Coppa Italia scoraggia che mondi così lontani arrivino a toccarsi.

Negli anni scorsi grandi squadre si erano già imbattute in formazioni di Lega Pro, ma spesso si trattava di nobili decadute, arrivate al termine di percorsi più o meno fortunati sul tabellone. Quella tra nerazzurri e “ramarri” è stata invece una primizia assoluta, giunta dopo un altro risultato impronosticabile, ovvero la vittoria dei friulani in casa del Cagliari.

La partita non ha deluso le aspettative: i ramarri hanno tenuto testa ai primi della classe fino alla fine dei supplementari, sfiorando l’oltraggio col palo di Magnaghi a metà primo tempo. La vittoria dei nerazzurri ai rigori ha scongiurato un risultato clamoroso, ma non cancella la prestazione dei neroverdi. In questo momento il Pordenone è l’unica squadra, insieme a Napoli e Juventus, capace di fermare l’Inter sullo 0 a 0.

A fine partita Spalletti ha parlato anche dei “30 pullman” messi davanti alla porta del Pordenone, facendo riferimento alla geniale campagna social fatta dai ramarri in avvicinamento alla partita. Mentre l’Inter preparava il derby d’Italia, i neroverdi - aiutati dal turno di riposo in campionato - hanno fatto partire un divertente conto alla rovescia in preparazione alla gara, presentata come la partita dei “Mai stati in Serie B" (per motivi diversi).

«Abbiamo cercato di azzerare le distanze tra i due mondi puntando sull’ironia» hanno dichiarato i social media manager neroverdi. La campagna è passata dai revanscismi juventini al confronto Berrettoni-Icardi; dalle parodie di Harry Potter e The Avengers al video di Sainz-Maza nello spazio. 

Da dove arriva il Pordenone

L’operazione mediatica dei ramarri ha attirato attenzioni e simpatie da tutta Italia, regalando al Pornenone un seguito e una visibilità mai sperimentate. A dispetto dell’improvvisa (e meritata) popolarità, il lavoro del Pordenone parte però da lontano.

Nel 2015 il presidente Lovisa spende 500 mila euro a fondo perduto per garantire il ripescaggio della squadra neroverde, appena retrocessa. Per rifondare la squadra il presidente chiama con sé Bruno Tedino, che in pochi mesi trasforma i ramarri in uno dei laboratori tattici più interessanti di tutta la Serie C. Tedino e Lovisa costruiscono una squadra con tanti giocatori di qualità e (soprattutto) una forte identità tattica, basata su un gioco di posizione molto fluido e impositivo, in ogni campo e contro qualsiasi avversario.

Il gioco diverte e convince: al primo anno la squadra chiude seconda alle spalle del Cittadella, la stagione successiva i ramarri arrivano terzi in un campionato tiranneggiato da Venezia e Parma. In entrambe le occasioni la squadra arriva fino alle semifinali playoff, perse in entrambe le occasioni coi vincitori della competizione: il Pisa di Gattuso nel 2016, il Parma di D’Aversa lo scorso anno.

La sconfitta coi parmigiani (arrivata al termine di una gara contestatissima) ha chiuso il ciclo di Bruno Tedino, passato al Palermo. La partenza dell’allenatore ha portato a un profondo ripensamento della squadra: in estate sono partiti sei titolari dello scorso anno (Tomei, Semenzato, Ingegneri, Suciu, Cattaneo e Arma), ma il presidente Lovisa ha mantenuto alta l’asticella, ribadendo l’obiettivo Serie B.

Le ambizioni sono state confermate da un mercato estivo di buon livello, con giocatori di categoria e (soprattutto) con esperienza nel girone B, quello del Pordenone. Da squadre dello stesso girone sono arrivati titolari come Formiconi, Bassoli, Nunzella, Lulli e Gerardi, e nella stessa ottica è arrivato Leonardo Colucci, reduce da una travagliata stagione alla Reggiana.

Il tecnico neroverde è partito dalla base dello scorso anno per costruire un 4-3-2-1 un po’ più rigido, ma con qualità e intenzioni simili allo scorso anno. In difesa Stefani e Bassoli garantiscono sicurezza nella fase di uscita, con due terzini di spinta (Formiconi e Nunzella) al loro fianco; a centrocampo il regista Burrai è stato affiancato da due mezzali tecniche e dinamiche come Misuraca e Lulli. In attacco Colucci ha chiesto giocatori fisici e capaci nel gioco di sponda, per dare più libertà possibile a Berrettoni e Sainz-Maza, i due  registi offensivi della squadra, che garantiscono soluzioni nel possesso e pericolosità offensiva.

La squadra predilige il gioco corto, insistendo particolarmente nel possesso in zona centrale; in fase di costruzione i tre centrocampisti sono spesso stretti al centro, così come i due trequartisti, in modo da dare più soluzioni possibili nel gioco verticale. La squadra non si fa mai intimorire sotto pressione, e spesso ne approfitta per liberare spazi alle spalle della difesa avversaria.

In fase di costruzione le due fasce vengono cercate poco, spesso con l’intenzione di sfuggire alla pressione avversaria; Formiconi e Nunzella vengono sollecitati soprattutto nell’ultimo terzo di campo, con la squadra già posizionata ad occupazione del campo in ampiezza.

Se pressati bene, i neroverdi non rinunciano a cercare direttamente l’attacco, sfruttando la fisicità di Magnaghi (o Gerardi) e la reattività di trequartisti e mezzali nell’accorciare in zona palla.

La squadra ha iniziato il campionato secondo le aspettative, mantenendo imbattibilità e primo posto in classifica per le prime 11 giornate (nonostante i 6 pareggi). Ad inizio novembre la rimonta subita con la Triestina ha tolto imbattibilità e testa della classifica, anticipando le sconfitte con Reggiana e Padova nell’arco di 7 giorni. Col Padova sopra di 8 punti (con una partita in meno) i ramarri sembravano destinati ad una stagione anonima, ma la coppia Italia ha sparigliato la stagione.

Dopo aver battuto Matelica, Venezia e Lecce il Pordenone è arrivato ai sedicesimi di Coppa Italia contro il Cagliari, in una partita che sembrava lo zenit della stagione neroverde. La partita della Sardegna Arena è stata il turning point della stagione: messa di fronte un avversario di prestigio la squadra di Colucci ha ritrovato l’attenzione e l’intensità delle prime giornate, sorprendendo i i cagliaritani con una perla di Sainz-Maza all’11esimo.

Il vantaggio è durato appena 7 minuti (gol di Dessena), ma gli uomini di Colucci – invece di accontentarsi del pari - hanno continuato a giocare, cercando di mantenere il possesso e alzando il baricentro appena possibile. Un atteggiamento che ha spiazzato il Cagliari, costretto a difendersi più del dovuto e infine punito da Bassoli, su corner. La partita con l’Inter, insomma, è arrivata in maniera inaspettata, ma gli incastri della stagione hanno suggerito una vera predestinazione.

Nell’ultima partita ufficiale prima dell’Inter il Pordenone ha affrontato la Sambenedettese al “Riviera delle Palme”, uno stadio la cui struttura è ispirata a San Siro (e dove l’Inter aveva giocato lo scorso luglio); per la gara successiva i neroverdi erano attesi in casa del Renate, squadra fondata da alcuni tifosi interisti (e che dall’Inter riprende anche i colori sociali).

A queste coincidenze si è sommato il turno di sosta in campionato, che ha permesso a Colucci di avere otto giorni per preparare la gara, senza dover fare troppo affidamento alle conoscenze fantacalcistiche dei suoi giocatori.

Come è andata a San Siro

Il Pordenone è arrivato alla sfida con l’Inter in condizioni ottimali, con 4 mila (!) tifosi al seguito e la simpatia delle tifoserie di tutta Italia (compresa quella interista) dalla loro parte. Come chiesto dal Pordenone in un tweet, l’Inter aveva tenuto fuori Icardi, così come altri 8/11esimi della squadra titolare. Dall’altra parte i ramarri aveva un solo assente (Gerardi), e aveva recuperato a pieno regime i due totem della squadra, il capitano Stefani e il miglior talento a disposizione, Emanuele Berrettoni.

Come a Cagliari, il Pordenone ha iniziato la partita senza alcun timore: la squadra di Colucci ha coperto con attenzione ma non ha mai rinunciato a ripartire, portando molti giocatori al limite dell’area avversaria e provando a sorprendere da squadra, attaccando e difendendo come un nucleo compatto.

La scelta ha esposto i neroverdi a qualche rischio (il portiere Perilli è chiamato a tre grandi parate), ma ha permesso alla squadra di giocarsela: al 30’ Magnaghi ha ricevuto una seconda palla conquistata da un compagno, ha vinto il duello fisico con Skriniar e fatto tremare il palo alla sinistra di Padelli.

L’occasione non scuote troppo i nerazzurri, ma ha regalato ancora più fiducia alla squadra di Colucci, che nei minuti successivi continua a insistere sul proprio gioco. Dopo dieci minuti i ramarri impostano un altro lungo possesso, liberando Formiconi negli ultimi 16 metri. L'area è occupata da quattro neroverdi, e al limite si apre lo spazio per il tentativo di Lulli, che però spara il tiro altissimo.

La squadra di Colucci è arrivata insomma indenne all’intervallo, e nel secondo tempo ha sfiorato ancora la rete con Sainz-Maza (tiro a un soffio dal palo). Spalletti cerca di riprendere la partita mettendo in campo l’artiglieria pesante: dopo Brozovic entrano anche Perisic e Icardi, ma la squadra friulana (passata al 3-5-2) riesce a coprire ogni spazio disponibile, lasciando una sola – grande – occasione a Icardi, che sbatte sul palo.

Mai come ieri, la sfida dal dischetto ha avuto il sapore di una lotteria, almeno per il Pordenone. I ramarri ci hanno provato fino alla fine, portando anche in svantaggio l’Inter (tenuta a galla dal rigore siglato da Icardi). Nel secondo rigore ad oltranza la sfida è stata decisa da due terzini: Giulio Parodi – classe ’97, 23 partite tra i professionisti – ha trovato la parata di Padelli, Nagatomo il gol.

La rete del giapponese ha fatto naufragare i sogni di gloria del Pordenone, in una partita che è valsa comunque come una vittoria. La squadra di Colucci torna alla ruotine della Serie C con nuova consapevolezza e l’affetto di tutta l’Italia sportiva. Lo scorso agosto su l’Ultimo Uomo l’avevamo definita la “Migliore squadra di cui non avete mai sentito parlare”: d’ora in poi un titolo così non sarà più possibile.