Finale Europa League, la missione del Cholo Simeone

Europa League

Federico Principi

L'ennesima finale europea dell'Atletico Madrid è la testimonianza del grande lavoro di Diego Pablo Simeone, che da anni lavora sulla sua squadra con incredibile coerenza

MARSIGLIA-ATLETICO: LA FINALE

Due anni fa, dopo la seconda finale di Champions League in tre anni, le riflessioni sull'Atletico Madrid e sul Cholismo avevano preso una strada piuttosto decisa: alla squadra di Diego Simeone venivano riconosciute un'identità tattica e mentale che riportava il calcio ad alcuni suoi antichi parametri. Se, come ha scritto Fabio Barcellona recentemente, «il Real Madrid riporta il calcio al suo stato primordiale in cui, semplicemente, la squadra più forte vince» - inteso come squadra dotata del più alto tasso tecnico individuale - l'altra metà di Madrid rappresentava un’idea di calcio opposto ma altrettanto primordiale: quella di un calcio dove vince la squadra dotata della migliore fase difensiva.

Ora che l'Atletico - dopo altri due anni - è tornato a giocare una finale europea, si può dire che il Cholismo sia passato ad una nuova fase. Simeone, nonostante le forti delusioni, ha mantenuto intatte le dispendiose idee di gioco e la visione religiosa che c'è alla base del suo calcio: non solo ha conservato la forza della sua fase difensiva, ma ha implementato alcuni princìpi di gioco che ne hanno migliorato quella offensiva. Il risultato è quello di una squadra più completa e che, come visto nella semifinale di ritorno contro l'Arsenal, crea un paradosso: pur essendo la squadra che tiene meno palla, è proprio l'Atletico a determinare il contesto e a costringere gli avversari a degli adattamenti per venire a capo della sua forza difensiva; è un paradosso perché di solito è proprio chi gioca un calcio speculativo, con la tendenza a stare la maggior parte del tempo senza il possesso, ad adattarsi all’organizzazione di gioco dell’avversario.

L'ultima evoluzione dell'Atletico

Da quando Simeone si è seduto sulla panchina dei colchoneros, l'Atletico in tutte le stagioni ha avuto un dato di possesso palla medio in Liga inferiore al 49.5%, lontano dalle altre squadre di vertice in Europa. E forse per questo all'Atletico di Madrid viene ormai troppo pregiudizialmente attribuita un'incapacità di organizzare fasi offensive che non siano contropiedi. Quest'anno, tuttavia, si è assistito a un interessante trend statistico: nonostante l'Atletico abbia ottenuto il più basso dato di possesso palla medio dell'era-Simeone (48.0%), per la prima volta la precisione dei passaggi è salita di poco sopra l'80%.

Il dato va messo in relazione con i nuovi princìpi di gioco dell'Atletico, che lo rendono più efficace che in passato nell'affrontare anche le difese schierate, un problema storico dei colchoneros. In particolare l’Atletico, che si schiera sempre con il 4-4-2, cerca in maniera frequente le verticalizzazioni verso il centro (verso Griezmann in particolare) o verso i mezzi spazi, che occupa con gli esterni di centrocampo che si accentrano, rompendo la rigidità del modulo e cambiando forma a seconda dell’interpretazione dei singoli momenti.

La riuscita di questo piano di gioco è testimoniata da un altro dato statistico: l’Atletico è la squadra che, dopo Valencia, Barcellona e Celta Vigo, sviluppa per più tempo il proprio gioco attraverso il centro (25%). E difatti effettua pochi cross (14 a partita, ne effettua meno soltanto il Barcellona).

Un esempio di come si muove l’Atletico nell’immagine qui sotto. L’ esterno di centrocampo lontano dalla palla (Correa) si accentra nel mezzo spazio sinistro, mentre quello sul lato forte (Koke) si abbassa e si accentra per aumentare la qualità in costruzione e lasciare campo al terzino (Juanfran). La seconda punta (Griezmann) si muove nel mezzo spazio destro per compensazione e l'Atletico, partendo dalle posizioni base del 4-4-2, finisce con tutti i 5 corridoi verticali occupati sulla linea più avanzata (da sinistra a destra: Flilipe Luis, Correa, Diego Costa, Griezmann e Juanfran) ispirandosi ai princìpi del gioco di posizione.

Diego Simeone, nelle poche partite dove ha più libertà in fase di costruzione, è riuscito anche a disegnare delle strutture posizionali mirate a stirare in ampiezza la squadra avversaria, per poi trovare i corridoi giusti dove verticalizzare, sfruttando le caratteristiche dei propri giocatori per effettuare veloci combinazioni centrali, spesso di prima.

Già due anni fa Daniele Morrone parlava di falsi esterni riguardo a Koke e Saúl Ñíguez, riferendosi a quando venivano schierati nominalmente come ali, ma anche Vitolo e soprattutto Ángel Correa si accentrano nei mezzi spazi quando vengono schierati come esterni di centrocampo. Simeone stesso, dopo la partita dell'Olimpico contro la Roma disse: «Ho scelto questi centrocampisti per giocare alle spalle del centrocampo della Roma», riferendosi alla volontà di sfruttare la difficoltà del giallorossi a difendere i mezzi spazi ai fianchi del mediano.

Facciamo un altro esempio, dal derby con il Real. In questo caso (nell’immagine sotto) l'esterno di centrocampo destro (Vitolo) rimane largo, ma Saúl (pur partendo dalla posizione di mediano, accanto a Thomas) compensa automaticamente alzandosi per occupare lo spazio di mezzo, come fa l'esterno opposto Koke. Verticalizzazione di Savic verso Griezmann, velo e combinazione di prima con Saúl: i princìpi dell'Atletico si manifestano anche in partite più difficili, come ovviamente il derby contro il Real Madrid, dove è più complicato costruire una struttura posizionale coerente.

Il contributo principale alle fasi di attacco manovrato viene però fornito dalle elevate e differenti qualità individuali di Griezmann, Saúl e Koke. Il francese è il target preferito per la verticalizzazione, in virtù del suo grande controllo di palla e del suo raffinato senso del ritmo di gioco, oltre che per la qualità delle sue rifiniture verso la prima punta (è il giocatore dell’Atletico che effettua più passaggi chiave ogni 90’: 1.6, tra i migliori 10 della Liga) ed è anche molto abile a ripulire le seconde palle dopo una sponda del centravanti.

Anche Saúl nello stretto risulta ugualmente efficace, per la sua capacità di proteggere fisicamente il pallone e duellare sulle seconde palle, per il suo senso negli inserimenti e in generale nei movimenti senza palla, e per la sua conduzione con il piede mancino negli spazi angusti.

Accanto ad essi si staglia la figura di Koke, che diventa fondamentale per realizzare l'idea di gioco di Simeone. Il canterano possiede un repertorio completo dal punto di vista tecnico, che si tratti di gestione del pallone sotto pressione, precisione nei lanci lunghi e nei cambi di gioco, oltre che dei filtranti. Proprio per questa sua abilità nei passaggi taglia-linee è utilizzato spesso da Simeone in zone basse del campo.

Nel video sotto un saggio sulle capacità di dialogo ravvicinato tra Griezmann, Saúl e Koke che, da esterno destro, si accentra e favorisce la qualità del fraseggio.

L'Atletico di solito schiera i suoi due centrocampisti più versatili (Koke e Saúl, appunto) come esterni, con Gabi e Thomas Partey come mediani, nelle partite dove programma lunghe fasi di difesa posizionale e di sofferenza, come ad esempio contro Barcellona e Siviglia. Mentre Simeone decide di utilizzare Vitolo o Correa (generalmente al posto di Gabi) quando vuole aumentare la qualità in campo: Correa in particolare è molto dotato tecnicamente, essendo il giocatore dell'Atletico che effettua più dribbling (2.7) in media ogni 90’, e che stringe molto verso il centro del campo, alimentando le combinazioni centrali negli spazi stretti. Vitolo, invece, è più dotato dal punto di vista fisico e in progressione, e per questo motivo tende a rimanere un po' più largo. Ma Vitolo offre un contributo migliore di Correa dal punto di vista difensivo: molto spesso, quando necessario, si sacrifica scivolando come quinto di difesa e in generale Simeone lo ritiene più adatto di Correa in partite maggiormente difensive, come contro il Real Madrid o nel ritorno della semifinale di Europa League contro l'Arsenal.

Care vecchie transizioni

Al di là di quest’ultima evoluzione dell'Atletico Madrid in fase di possesso, il ritorno di Diego Costa a gennaio ha aumentato il potenziale dei colchoneros nella loro antica arte delle transizioni. Diego Contro le difese schierate, Costa effettua anche dei tagli esterni che liberano spazio centrale a Griezmann, ma buona parte della prosecuzione del ciclo cholista dell'Atletico Madrid è dovuta dal suo ritorno.

Nonostante una nuova consapevolezza con la palla al piede, la gran parte della forza granitica dell'Atletico risiede ovviamente ancora nei suoi collaudati meccanismi difensivi. I colchoneros, con soli 20 gol incassati, sono di gran lunga la miglior difesa della Liga, per il terzo anno consecutivo e per la quinta volta nelle sei stagioni intere con Simeone in panchina. L'Atletico anche quest'anno primeggia in alcune statistiche difensive: è la squadra che effettua più contrasti a partita (24.5) vincendone il 37% (dietro solo al Barcellona); è la quarta squadra per palloni intercettati (13.4) dietro Eibar, Leganés ed Espanyol (ma queste ultime due passano più tempo senza palla rispetto all’Atletico); è seconda solo al Villarreal per tiri bloccati a partita (3.44).

Il 4-4-2 sta diventando un modulo con cui è complicato per contrastare soprattutto quelle squadre che sfruttano bene tutta l'ampiezza del campo e di conseguenza anche i corridoi interni tra le linee. Per questo, come visto soprattutto nelle partite contro Barcellona e Arsenal, ogni giocatore dell'Atletico deve effettuare scalate continue sull'uomo nella propria zona, liberando il lato debole se necessario. La concentrazione di uomini sul lato forte e sulle scalate aiuta l'Atletico a contrastare qualsiasi tipo di piano tattico, anche quelli che dovrebbero in teoria creare zone chiave di superiorità numerica per sfondare lo schieramento dei colchoneros: senza questa abnegazione l'Atletico non potrebbe difendere schierato per così lungo tempo.

Basta che salti una scalata che rischia di crollare l'intero castello. Un esempio utile può essere tratto dalla partita con la Real Sociedad (schierata con il 4-3-3): nell’immagine qui sotto l’Atletico non riesce a fronteggiare la catena laterale della squadra basca: con una mezzala in possesso palla Saúl (in quel caso schierato come mediano) sbaglia ad uscire per intercettare il passaggio e libera Oyarzabal, sul quale esce Juanfran (vista anche l'indecisione di Correa). La mezzala opposta (Canales) si accentra e riceve, su di lui stringe Thomas ma riesce comunque a servire la sovrapposizione del terzino (de la Bella) che effettua con comodo un pericolosissimo cross basso.

Forse, più che dai miglioramenti nella fase offensiva, il successo del “Cholo” passa proprio dalla capacità di conservare per così tanti anni questa grande efficienza difensiva, derivante soprattutto da un'applicazione mentale difficile da mantenere per un tempo così lungo. L'Atletico negli anni ha anche aumentato il volume del pressing, senza tuttavia mai diventare realmente una squadra che difende in avanti: la presenza di giocatori aggressivi in fase di non possesso (Diego Costa, Saúl e Godin soprattutto) e l'ottima velocità e le capacità di recupero della profondità di Giménez, permettono all'Atletico di effettuare buone fasi difensive anche lontani dalla propria porta, con il gegenpressing favorito anche dalla densità di uomini al centro in caso di palla persa. Ma sono solo delle fasi.

Dopo sei stagioni e mezza con Simeone sulla panchina, un altro successo in Europa League potrebbe dare un nuovo senso di compiutezza, che non è mancato negli ultimi anni in Champions League. Prima bisognerà battere l'Olympique Marsiglia, una squadra spiccatamente legata ai suoi due maggiori talenti - Payet e Thauvin - e dal calcio non codificato: una condizione che teoricamente, mettendo la partita sul piano dei duelli individuali, dovrebbe favorire la fase difensiva dell'Atletico, ma che potrebbe contemporaneamente togliere ogni punto di riferimento anche a una fase di non possesso così organizzata.

L'insistenza con cui Simeone ha lavorato sulla sua squadra è in controtendenza con le gestioni tattiche del calcio contemporaneo, sempre più intense e brevi. Il mandato del “Cholo” rappresenta una vera e propria missione, una fede in cui i giocatori storici non smettono di credere nonostante il tempo che passa e i nuovi arrivi e partenze. L'aura di sacralità costruita da Simeone fa sì che il ciclo, dopo tanti anni, sia in continua evoluzione e non accenni a fermarsi. A prescindere da come finirà la finale contro l'Olympique Marsiglia, l'Atletico ha raggiunto una nuova vetta.