8 cose dalle amichevoli internazionali: dagli errori dell'Argentina al Brasile senza Neymar

Mondiali

Emanuele Atturo e Marco D'Ottavi

Amichevolicope

I Mondiali si avvicinano e le partite amichevoli sono sempre più importanti per capire lo stato delle varie Nazionali. I gravi errori dell'albiceleste in difesa, la Seleçao che vince anche senza Neymar, le difficoltà dell'Inghilterra e tanto altro ancora

La coperta troppo lunga della Francia

Forse nessuna Nazione al mondo ha prodotto la quantità di talenti sfornati dalla Francia negli ultimi anni, ed è questo il principale motivo per cui i “bleus” si presentano tra i favoriti del prossimo Mondiale.

A differenza di altre Nazionali la Francia ha affrontato in amichevole due squadre più morbide sulla carta, Colombia e Russia, uscendone però con più di un dubbio sulla propria solidità. Deschamps è davanti a uno dei compiti tradizionalmente più difficili per un ct: trovare il compromesso migliore possibile tra l’identità di gioco e la sovrabbondanza di talento, soprattutto offensivo, a disposizione.

Mbappé, Giroud, Griezmann, Lemar, Thauvin, Ben Yedder, Dembelé, Martial: questo era il parco attaccanti convocato da Deschamps per le due amichevoli. Il primo problema è scegliere chi fra questi si dividerà tra campo e panchina; il secondo è come farli coesistere in maniera sostenibile alla squadra.

Contro la Colombia Deschamps ha schierato quello che nominalmente era un 4-4-2, con Mbappé e Lemar esterni teorici di centrocampo e Giroud e Griezmann come punte. Seguendo le rispettive inclinazioni, Lemar si accentrava vicino ai centrocampisti per cucire il gioco, mentre Mbappé stringeva verso le punte. Le loro posizioni venivano poi occupate dagli esterni bassi, Sidibé e Digne, intasando offensivamente l’attacco. A volte questo sovraccarico produceva effetti positivi, come nel primo gol di Giroud, nato da una grande verticalizzazione di Lemar per Digne oltre la difesa.

Per provare a dare equilibrio la Francia contro la Colombia ha sacrificato Pogba, mettendo a centrocampo due mediani iper-dinamici come Kanté e Matuidi, in grado di coprire immense porzioni di campo, con la palla e senza, ricucendo una squadra che rischiava continuamente di spezzarsi in due. La Francia manca però così di qualità in mezzo al campo, e Lemar finisce per avere un’influenza enorme sul gioco, spostandosi in orizzontale sempre in zona palla, come abbiamo visto in occasione del gol, dove va a prendere una palla quasi dai piedi di Kanté.

Per poter essere sostenibile questo sistema richiede una grande responsabilità ai difensori  centrali, che devono far avanzare la palla soprattutto in conduzione, viste anche le poche linee di passaggio. Sia Varane che Umtiti sono però stati molto in difficoltà contro la Colombia.

Il secondo gol della Colombia. Varane, che aveva perso una brutta palla da ultimo uomo poco prima, non si fida di portare palla e liberare una linea di passaggio, così scarica corto su Kanté, che però controlla male il pallone e se lo fa portare via.

Contro la Russia Deschamps ha stravolto la formazione alla ricerca dell’equilibrio che era mancato. La squadra si è schierata su un 4-3-3 più tradizionale, le cui novità più importanti erano senz’altro la presenza di Mbappé prima punta e di Pogba a centrocampo, insieme a Rabiot e a Kanté. Al netto di un avversario meno preparato - bisognerà chiedersi se la Russia non sia la peggiore squadra dei prossimi Mondiali -, e a cui comunque la Francia ha concesso diverse occasioni pulite, la squadra di Deschamps ha giocato meglio. Con Rabiot e Pogba la palla è uscita meglio dalla difesa e il gioco è stato distribuito da destra a sinistra in modo più ordinato. Pogba ha avuto un’influenza enorme e ha giocato una grande partita: ha verticalizzato con grande qualità, come nell’occasione del primo gol di Mbappé, gestito bene gli attacchi posizionali e ha segnato la punizione del 2 a 0. Pogba ha esultato con un trasporto emotivo che fotografa bene la situazione difficile che sta vivendo, messo in discussione sia nel club che in Nazionale.

Contro la Russia la Francia è sembrata più equilibrata, ma rinunciando a un leader dello spogliatoio come Matuidi e al talento ingombrante di Lemar e, soprattutto, Griezmann. Il giocatore dell’Atletico Madrid, il cui talento associativo tra le linee era stato centrale nell’ultimo europeo, rischia di diventare un problema in una squadra diventata estremamente verticale.

La Francia non ha forse mai avuto così tanto talento a disposizione, ma come sempre organizzarlo e renderlo una squadra con i tempi delle Nazionali è un’impresa molto complicata.

(EA)

I compromessi del Belgio di Martinez

Quello del 2018 sarà il secondo Mondiale consecutivo per la golden generation del Belgio. Si festeggeranno i vent’anni dal Mondiale 1998, la goccia che ha fatto traboccare il vaso della federazione (con l'eliminazione ai gironi) e dato il via alla rivoluzione calcistica che, appunto, ha permesso la formazione di così tanti nuovi talenti. I risultati deludenti del 2014 e, soprattutto, dello scorso Europeo, giustificano chi guarda con scetticismo al miracolo belga, ma resta una delle squadre più attese delle competizione. Una di quelle con più talento fisico e tecnico a disposizione.

Breve riassunto delle puntate precedenti: dopo la sconfitta per 3-1 nei quarti di finale dello scorso Europeo, contro un non irresistibile Galles, è stato esonerato Marc Wilmots e adesso in panchina siede il tecnico spagnolo Roberto Martinez. Che viene da un'esperienza in Premier League, all'Everton, cominciata in maniera brillante con il quinto posto nella stagione 2013/14, ma che era finita con un esonero a maggio 2016. Fast forward a due dopo e il Belgio non gioca più con il 4-2-3-1 rigido dell’Europeo né con l’istituzionale 4-3-3: dopo poche partite Martinez ha scelto un sistema con la difesa a 3 e due esterni a tutta fascia, giocando alternativamente con il 3-4-2-1 o il 3-5-2 - fatta eccezione per quel breve periodo, più o meno un anno fa, in cui ha provato a reinserire Nainggolan in squadra provandolo come trequartista dietro due attaccanti di un 3-4-1-2.

Le due vittorie contro il Giappone (1-0) e l’Arabia Saudita (4-0) hanno soprattutto confermato le idee tattiche dello spagnolo che, di fatto, ha sacrificato un po’ della qualità tecnica a disposizione, tra centrocampo e trequarti, per provare a dare equilibrio. E se è vero che per vincere partite del genere al Belgio basta il minimo sforzo, sfruttando il dominio fisico e tecnico nei duelli individuali contro squadre nettamente inferiori, va detto che contro il Giappone di Halilhodžić sono andati in difficoltà, soffrendo il pressing organizzato e la ricerca della profondità alle spalle di una linea difensiva fragile (come si era visto nell’amichevole di novembre con il Messico finita 3-3, e nell’ultima partita di qualificazione con la Bosnia, finita 4-3).

La filosofia per cui fare un gol più dell’avversario è altrettanto valida (per scrive lo è di più) di quella che dice che i trofei si vincono con la difesa, ma le scelte di Martinez sembrano più che altro un compromesso cinico, per dare senso a una squadra che ha grande potenziale offensivo ma che non riesce ad avere un reale controllo, di nessun tipo, sulle partite. Anche se non possiamo avere la certezza che sarà il modulo del Belgio al prossimo Mondiale, è il 3-4-2-1 (con De Bruyne mediano) che sembra corrispondere meglio alle idee di Martinez, che non teme di spezzare in due la sua squadra ma si preoccupa invece di far partecipare un numero sufficiente di giocatori alla fase offensiva (con il centrocampo a tre del 3-5-2 il Belgio dovrebbe avere più fluidità, De Bruyne da mezzala arriva più facilmente vicino alla porta, ma l’assenza di meccanismi coordinati diminuisce il controllo).

Con Mertens e Hazard dietro a Lukaku, come contro il Giappone, il Belgio può costruire con un blocco basso 3+2 e alzare entrambi gli esterni (Meunier a destra e Chadli a sinistra, quest’ultimo con grandi attitudini offensive, al suo posto mesi fa aveva giocato addirittura Carrasco), e non importa quanto è lenta la risalita del campo, perché poi ci saranno sempre almeno due o tre giocatori in grado di attaccare in velocità. Aggiungere un centrocampista significherebbe rinunciare a Mertens e rischierebbe di isolare ancor di più Lukaku.

Il Belgio rischia di mettere in scena ancora una volta la contraddizione implicita tra l’idea di calcio che ha dato il via alla sua rivoluzione - un calcio offensivo e creativo, fatto di scambi rapidi e bassi, basato sui triangoli del 4-3-3 - e una squadra che poi concretamente, per caratteristiche tattiche e dei singoli, preferisce svoltare una partita alla volta puntando tutto sulle giocate individuali. Rispetto a Wilmots, Martinez sta quanto meno cercando di creare un contesto offensivo che li porti ad associarsi, ma la manovra del Belgio resta lenta e prevedibile.

Il gol contro il Giappone, ad esempio, è nato da un’iniziativa di Chadli che non sapendo a chi passare la palla si è lanciato in mezzo a quattro giocatori giapponesi palla al piede, penetrando in area e servendo l’alley-oop a Lukaku a mezzo metro dalla porta vuota. A parte il gol, il Belgio non ha costruito azioni limpide associando due o più giocatori.

Non ci crederete, ma in questa situazione Chadli seguirà la linea rossa e riuscirà ad arrivare fino in fondo. Intanto, il trequartista sul suo lato, Hazard, ovvero uno dei migliori giocatori al mondo, ha fatto un movimento inutile verso l'esterno e non è più raggiungibile.

Martinez ha davanti a se alcuni dubbi a cui rispondere prima di giugno. Vale la pena allontanare dalla porta De Bruyne, facendogli fare il mediano, per avere la certezza teorica che la palla verrà conservata in costruzione (anche se poi basta il pressing del Giappone a far sbagliare i tre difensori)? Vale la pena rinunciare a uno tra Dembelé (se si gioca con Wilmots e De Bruyne in mediana) o Mertens (se si vuole giocare con il centrocampo a 3 e le due punte, Lukaku e Hazard)? Vale la pena giocare con un difensore in più considerando che in assenza di un meccanismo collettivo di recupero del pallone la linea difensiva continua a soffrire le transizioni?

Magari la strategia di Martinez pagherà in un torneo breve, ma dovrà fare bene i suoi conti, perché con una squadra del genere è molto facile avere rimorsi e rovinarsi il sonno pensando a cosa si sarebbe potuto fare di diverso.

(Daniele Manusia)

Anche senza Neymar il Brasile continua a vincere

Le due amichevoli contro Russia e Germania hanno confermato che il Brasile è molto più  del suo giocatore più rappresentativo, Neymar. Due vittorie arrivate con autorità, mettendo in mostra un gioco brillante e collaudato, sia in fase offensiva - come è naturale aspettarsi - che in fase difensiva, dove i punti interrogativi erano maggiori dopo l’esperienza Dunga. Oggi la squadra di Tite sembra una delle più pronte per affrontare una competizione lunga e logorante come il Mondiale.

Nel 4-1-4-1 con cui l’allenatore brasiliano ha disegnato la squadra, ogni giocatore si incastra alla perfezione con i compiti che gli sono richiesti, a partire dalla porta. Alisson (ma anche Ederson) sa far ripartire velocemente l’azione cercando i terzini Marcelo e Dani Alves che spesso si spingono fin oltre il centrocampo per sfruttare le loro qualità tecniche. Al centro della difesa Miranda, Marquinhos e Thiago Silva offrono garanzie assolute, zero gol presi nelle due sfide; così come Casimiro sembra perfetto per il ruolo di schermo davanti alla difesa. Davanti a lui si muovono Paulinho, più portato ad inserirsi negli spazi aperti dagli attaccanti e uno tra Renato Augusto e Fernandinho, due giocatori molto duttili in grado anche di coprire a sinistra i limiti difensivi di Neymar.

Sugli esterni Neymar e Coutinho, uno a sinistra l’altro a destra, amano accentrarsi per creare gioco e superare le linee di pressione avversarie con la loro imprevedibilità e nessuna nazionale può vantare due esterni più capaci. E Willian e Douglas Costa stanno vivendo momenti di forma pazzeschi (contro la Russia, Costa, Willian e Coutinho hanno giocato tutti e 3 dietro una punta). In avanti, per ora, il prescelto sembra essere Gabriel Jesus: in queste due amichevoli Tite lo ha preferito a Firmino (nelle qualificazioni i due si erano spesso alternati) forse per la sua maggiore capacità di alternare tagli lunghi e profondi a movimenti verso il centro che servono ad aprire spazi per gli esterni.

Questo sistema ha funzionato anche in mancanza di Neymar: nelle partite contro Russia e Germania il suo posto è stato preso da Coutinho (che curiosamente lo ha sostituito anche al Barcellona), solitamente impiegato sull’altra fascia con compiti simili. Sulla destra ha giocato invece Willian anche lui a suo agio in quella posizione. Contro la Germania Coutinho ha completato 5 dribbling ed è andato al tiro 3 volte, sfruttando la possibilità di poter rientrare sul suo piede forte, risultando una continua spina nel fianco nel lato destro dei tedeschi. La vittoria, arrivata grazie ad un colpo di testa di Gabriel Jesus, conferma quanto di buono fatto vedere fin qui, contro una squadra che non perdeva da 22 partite.

La profondità della rosa sarà fondamentale per Tite: contro la Germania per esempio, Coutinho è stato sostituito da Douglas Costa (la terza scelta nel ruolo!), la cui capacità di spaccare le partite entrando dalla panchina potrà essere un fattore nel corso dei Mondiali. Le chiavi della squadra saranno sicuramente in mano a Neymar (53 reti in 83 presenze con i Brasile), ma queste due amichevoli hanno confermato che è tutta la squadra ad essersi messa a disposizione di Tite e sicuramente sarà una delle squadre da tenere d’occhio in Russia.

(MDO)

Gli errori difensivi dell’Argentina

I 6 gol presi dalla Spagna sono un bel campanello d’allarme: qualcosa non va nella fase difensiva dell’Argentina, soprattutto considerando come tutte e 6 le marcature sono arrivate su errori difensivi dei giocatori di Sampaoli.

Primo gol: Su una palla vagante prima Lo Celso è troppo morbido nel attaccare il pallone, poi Mascherano si fa anticipare da Iniesta. Infine i due centrali si fanno attirare da Asensio lasciando libero Diego Costa di tagliare nel cuore dell’area e battere Romero.

Secondo gol: Caballero, entrato al posto di Romero infortunato, sbaglia il rinvio servendo un giocatore spagnolo nella trequarti. In due passaggi la Spagna arriva al centro dell’area dove il terzino destro Bustos non ha seguito Isco che a quel punto è liberissimo di calciare.

Terzo gol: Un lancio di Iniesta alle spalle dei centrali mette a nudo la lentezza di Otamendi e Rojo. Iago Aspas ha il tempo di saltare il portiere, fermarsi, guardare il centro dell’area e servire ancora una volta Isco a rimorchio (mentre i centrocampisti argentini sono in ritardo) che di destro la fa passare sotto le gambe del difensore e batte ancora una volta il portiere.

Quarto gol: a questo punto siamo in un film horror. Il posizionamento difensivo degli argentini è completamente errato.

Le distanze tra i giocatori sono sbagliate, Alcantara non ha pressione e c’è un corridoio aperto dove Isco può inserirsi.

Basta un passaggio in diagonale di Thiago Alcantara per Isco a tagliare fuori la difesa argentina, che è costretta a giocare l’azione in costante e affannoso recupero. Poi la qualità degli attaccanti spagnoli fa il resto: Isco serve al centro Aspas che tocca appena per Thiago che chiude in gol l’azione da lui cominciata.

Quinto gol: Basta un lancio dalla porta di David De Gea a scavalcare la difesa argentina e mettere Aspas nelle condizioni di battere Caballero. I difensori centrali non ci sono proprio più.

Sesto gol: Un errore non forzato di Otamendi permette ad Aspas di recuperare il pallone al limite dell’area. La logica conseguenza è l’ennesimo gol di Isco che è libero di stoppare e calciare da dentro i sedici metri.

Certo la Spagna non è l’avversario migliore contro cui provare la propria solidità difensiva, però i segnali sono preoccupanti. Rojo inguardabile, molto meglio ha fatto Fazio nella prima partita contro l’Italia, ma anche Otamendi e la coppia composta da Biglia e Mascherano è andata sempre in difficoltà. Alla Spagna è bastato pressare in maniera ordinata per recuperare tantissimi palloni e far muovere gli avversari per spezzare le linee difensive argentine. L’assenza di Messi ha coperto parte delle responsabilità della squadra, ma a mancare è stata l’organizzazione tra i giocatori. Sicuramente la presenza del giocatore del Barcellona costringerà gli avversari dell’Argentina ad avere una maggiore attenzione di quello che succede alle loro spalle, ma da qui all’inizio dei Mondiali, Sampaoli dovrà lavorare duramente per trovare una soluzione ai problemi difensivi della squadra, per non rimanere schiacciato non appena troverà avversari tecnicamente validi.

(MDO)

L’Inghilterra sembra avere più difficoltà del previsto

L’Inghilterra arriva a questo Mondiale con attorno un’aura di hype persino superiore rispetto al passato. Stavolta non c’entra solo l’ottimo girone di qualificazione, né la quantità di giovani talenti a disposizione. Nelle ultime partite l’Inghilterra aveva mostrato un gioco convincente, che sembrava beneficiare dei progressi tattici della Premier League negli ultimi due anni.

Gareth Southgate, ex allenatore dell’U-21 ha impostato il 3-4-2-1 del Tottenham, per mettere a proprio agio l’ossatura “Spurs” della sua squadra, e ha scommesso sulla volontà di costruire l’azione con calma dal basso. Una rivoluzione culturale per il calcio inglese. In queste due amichevoli, però, la Nazionale dei “Tre Leoni” è sembrata molto più in difficoltà rispetto alle attese.

La difesa a tre ha provato sì a impostare dal basso, ma con una circolazione spesso perimetrale e conservativa. La palla ha faticato ad avanzare per il campo e l’Inghilterra, invece che una squadra che prova una propria versione del gioco di posizione, si è invece rivelata come una squadra di strappi e transizioni, che fa largo affidamento alla capacità di corsa e conduzione di giocatori come Chamberlain, Sterling, Rashford e Vardy.

Sia contro l’Italia che contro l’Olanda l’Inghilterra ha faticato a controllare il gioco, e contro gli azzurri sono stati costretti a lunghe fasi di difesa posizionale, soprattutto nel secondo tempo. Il problema principale, per l’Inghilterra, è che è molto difficile provare a controllare le partite senza avere a disposizione dei centrocampisti di livello. Per quanto paradossale per una squadra che negli ultimi ha prodotto dei centrocampisti formidabili, oggi l’Inghilterra non ha quasi letteralmente nessuno da schierare a centrocampo. Contro l’Olanda davanti alla difesa ha giocato Jordan Henderson - che ha però delle letture limitate col pallone - mentre contro l’Italia ha giocato Dier, più preciso nella distribuzione ma sempre piuttosto scolastico. Accanto a loro hanno giocato due ali abbassate da mezzali, cioè Oxlade-Chamberlain e Lindgard, che hanno un gioco monodimensionale. L’Inghilterra non aveva praticamente soluzioni per avanzare con la palla, se non le conduzioni palla al piede dei propri giocatori.

Contro l'Italia ad ogni minimo accenno di pressing l'Inghilterra lanciava lunga. Qui Henderson lancia anche senza pressione perché le mezzali si sono distribuite male in campo e sono coperte.

Se è vero che il gioco è stato comunque condizionato dall’assenza del miglior giocatore, Harry Kane, oggi l’Inghilterra è nella situazione di dover sperare nella salute fisica di Jack Wilshere. Per dare un’idea, questi erano i convocati a centrocampo nelle due amichevoli: Eric Dier, Jack Wilshere, Jordan Henderson, Jake Livermore, Adam Lallana, Alex Oxlade-Chamberlain, Dele Alli, Raheem Sterling, Ashley Young, Jesse Lingard, Lewis Cook. Nonostante si parli di questa Inghilterra come una delle migliori degli ultimi anni, le lacune nella rosa sembrano poter pregiudicare il progetto di gioco. In Inghilterra la Nazionale viene lodata per la costruzione del gioco, magari soprattutto di riflesso alle ultime versioni dei “Tre Leoni”, ma oggi paradossalmente i suoi migliori giocatori sembrano quelli che corrono in verticale senza dover pensare troppo.

L’Inghilterra di Southgate ambisce ad essere una squadra dall’identità chiara, ma in queste due amichevoli ha dimostrato quanta strada c’è ancora da percorrere.

(EA)

Il centrocampo della Spagna sarà ancora una delle migliori esperienze estetiche del Mondiale (ma senza palla iniziano i problemi)

Dopo i fallimenti dei Mondiali del 2014 e degli Europei del 2016, la Spagna sembra definitivamente aver compiuto il ciclo di rinnovamento della propria Nazionale, ristabilendo il proprio centro di gravità su un centrocampo tecnicamente eccezionale.

Nelle due amichevoli pesanti, contro Germania e Argentina, Julen Lopetegui ha messo in campo tutti i suoi migliori passatori, puntando ancora una volta sulla naturale capacità di creare connessioni fra giocatori associativi come Iniesta, David Silva, Thiago Alcantara, Isco e Koke.

Specie contro l’Argentina, i centrocampisti spagnoli si sono alternati le posizioni con una fluidità e una naturalezza che disordinava di continuo le linee avversarie. Tutti si muovevano lungo una grande porzione di campo per consolidare il possesso formando triangoli, sovraccaricando sui lati, specie il sinistro, e trovando sempre facilmente l’uomo oltre le linee di pressione. Isco è stato, come al solito, la casella impazzita in grado di oliare tutto il sistema, spostandosi in quasi tutte le zone del campo per creare superiorità numerica e consolidare l’attacco nella metà campo avversaria. Nelle immagini sotto lo vediamo aiutare in basso l’uscita palla, sia a destra che a sinistra, mettersi in posizione d’ala (quella di partenza nel teorico 4-3-3 spagnolo) o di mezzala.

Isco parte da ala per abbassarsi e aiutare l’uscita del pallone. Una funzione che non era riuscito a svolgere bene Silva contro la Germania.

A bilanciare questo dominio del pallone con un po’ di tensione verticale Lopetegui ha scelto contro l’Albiceleste Diego Costa - autore del gol dell’1 a 0 - e Marco Asensio, che con i suoi strappi in conduzione ha dato l’impressione di poter creare pericoli in qualsiasi momento. Asensio ha già dimostrato una grande capacità di incidere sulle partite importanti, sia entrando a partita in corso che partendo da titolare. La sua capacità di spezzare le linee avversarie, unita alla lucidità e alla qualità balistica negli ultimi metri, potrebbe renderlo un potenziale crack di questo Mondiale. Soprattutto perché la Spagna gli ha costruito attorno un contesto in cui può concentrarsi su quello che gli riesce meglio: puntare l’uomo, definire l’azione.

Nelle due partite Lopetegui ha dovuto però fare a meno di Busquets, la cui assenza ha reso più problematica l’uscita del pallone, soprattutto nell’amichevole contro la Germania, forse l’unica squadra che può contestare il pallone alle “Furie Rosse”. I tedeschi pressavano sin dall’impostazione di De Gea, non sempre a proprio agio nella gestione della palla, e lo facevano con un’organizzazione nei tempi e negli spazi con pochi eguali fra Nazionali. Una situazione che ha scoperto le debolezze spagnole nella prima costruzione senza Busquets. Silva, Iniesta, Isco, Thiago e Koke si alternavano nell’abbassarsi per aiutare l’uscita della palla, ma non avevano la qualità del centrocampista del Barcellona nel gioco a parete e nel proteggere la sfera spalle alla porta.

Qui Thiago riceve in una situazione complicata e non ha le idee chiare su cosa fare, facendosi mangiare dal pressing tedesco.

In più, dovendosi abbassare per aiutare l’uscita della palla, i centrocampisti erano meno liberi di muoversi per il campo e consolidare il possesso palla. Contro la Germania la Spagna ha avuto il 55% di possesso, accumulato soprattutto in momenti di grande brillantezza, ma non è riuscita a imporre il dominio tecnico di cui ha bisogno. Senza il pallone la Spagna, contro una squadra con una fase di recupero all’altezza di quella dei club, ha faticato enormemente. È venuta fuori una specie di partita di pallanuoto, in cui le due squadre si sono alternate in lunghe fasi di attacco posizionale.

La Spagna ha comunque offerto momenti estetici molto alti, specie quando Iniesta, Isco e Thiago arrivavano a scambiarsi il pallone in un fazzoletto di campo. Lopetegui dovrà fare di tutto per permettere a Iniesta e Isco di seguire il proprio istinto, spostandosi come caselle impazzite nella metà campo avversaria, aumentando il controllo sul gioco.

Del resto la Spagna ha nel dominio delle partite l’unico modo per esprimersi ad alti livelli.

(EA)

Come si scelgono gli avversari delle amichevoli pre-mondiali?

Secondo il giornalista Michael Cox le federazioni scelgono gli avversari delle amichevoli pre-mondiali in base alla vicinanza geografica rispetto alle squadre che affronteranno poi nei gironi di Russia 2018. Cox ne ha discusso simpaticamente su twitter:

Non ci avevate mai fatto caso? Ecco alcuni degli esempi citati dal giornalista inglese:

  • Portogallo, Spagna, Marocco e Iran si troveranno insieme nel girone B. Per prepararsi ad affrontare il Marocco - considerato il possibile terzo incomodo del girone - Spagna, Portogallo ed Iran hanno tutte e tre deciso di affrontare la Tunisia, non lontana dal Marocco, appunto (in mezzo c'è l'Algeria, che però ha giocato solo con l'Iran).

  • Nel gruppo C, non potendo trovare avversari simili all’Australia, che è praticamente un continente, la Francia si è concentrate sul Perù - avversario nei gironi - decidendo di affrontare la Colombia (lo stesso ha fatto l'Australia) mentre la Danimarca ha scelto il Cile, anche se i due paesi confinano per un pelo.

  • Nel gruppo E, il Brasile si preparerà ad affrontare la Svizzera affrontando prima l’Austria e la Croazia affrontando prima la Serbia.

  • Nel girone G c’è l’incognita Panama, una novità nello scacchiere del calcio mondiale. Per prepararsi, non sapendo bene come fare, Belgio, Inghilterra e Tunisia affronteranno Costa Rica. Casualmente i due paesi confinano.

  • La situazione nell’H è simile: per prepararsi al Giappone, Polonia e Senegal affronteranno la Corea del Sud, mentre la Colombia sembra aver guardato dall’altro lato e ha scelto di affrontare l’Australia.

Tutto chiaro no?

(MDO)

Gibilterra ha vinto la prima partita ufficiale della sua storia

Ci sono voluti alcuni anni, ma alla fine anche Gibilterra è riuscita a vincere la prima partita della sua storia. La seconda in assoluto (negli annali c’è una vittoria contro Malta), ma la prima da quando è riconosciuta anche dalla FIFA. È bastato un calcio di punizione di Liam Walker deviato dalla barriera a due minuti dalla fine per avere la meglio della Lettonia.

Liam Walker ha 30 anni e da questa estate gioca nel Notts County in League Two (la quarta serie inglese). Il suo ultimo gol lo aveva segnato nelle qualificazioni alla Champions League con la maglia dell’Europa FC. Secondo Transfermarkt il valore del suo cartellino è di 100000€, il più alto della rosa di Gibilterra, ma comunque molto basso se paragonato ai calciatori che di solito risolvono le partite in Nazionale.

(MDO)