Torna il "Di Canio Premier Special", prima puntata dedicata a CR7 e allo United

Premier League

Prima puntata della nuova stagione per l'approfondimento condotto da Paolo Di Canio. Si riparte dallo United di Cristiano Ronaldo. Appuntamento da questa sera su Sky Sport Uno alle ore 20, disponibile anche on demand

Back home, a modo suo. Cristiano Ronaldo è tornato a casa. Non a Madeira, ma a Manchester: perché è lì che è cresciuto, è lì che da ragazzo è diventato uomo, è lì che hanno cominciato a svanire i dubbi sulle sue potenzialità di crescita e al loro posto sono apparse le certezze che lo hanno poi portato al Real Madrid e ad una notorietà planetaria fatta di centinaia di milioni di follower sui vari social media.

 

Paolo Di Canio racconta il CR7 che chiude un cerchio, e lo racconta dalle origini inglesi, con un singolare incrocio in campo: era l’aprile del 2004, si giocava a Old Trafford Paolo giocava nel Charlton Athletic ed era alle ultime partite dell’esperienza britannica iniziata otto anni prima al Celtic, quando… beh, non vogliamo rovinarvi la sorpresa. Però diciamo che Di Canio ebbe la percezione, al tempo stesso, delle potenzialità di Ronaldo e dell’interesse che Alex Ferguson aveva per la sua crescita e la sua compatibilità con una squadra che in quel periodo si stava ristrutturando. Era lo United che stava assistendo ai trionfi di Arsenal - quel 2003-04 fu l’anno degli Invincibili, mai sconfitti in campionato - e alla rinascita del Chelsea, e che quindi in Ronaldo cercava l’elemento propulsivo per ripartire con nuovo talento e nuovi orizzonti. Uno United che, tra l’altro, pochi mesi prima dell’estate 2002 dell’arrivo di CR7 aveva provato a firmare proprio Di Canio e Ronaldinho, due giocatori che, come ammise Ferguson nella sua autobiografia, avevano la capacità di far alzare la gente dai seggiolini per il loro tipo di gioco. 

La difficoltà maggiore fu quella di coordinare lo sviluppo tecnico di CR7 con il suo inserimento in un contesto che storicamente accettava i giocatori di grandi doti - basti ricordare David Beckham, andato al Real Madrid proprio nelle settimane in cui Cristiano arrivava a Manchester - a patto che non si sistemassero su un piedistallo ma lavorassero sodo. E non per nulla nello speciale vengono ricordati Paul Scholes e Ryan Giggs, colonne del gruppo per la loro abilità nell’essere leader, al di là dei difetti comportamentali extra-calcistici che hanno poi danneggiato l’immagine del secondo, e nell’indirizzare al meglio le doti degli altri. 

Il viaggio di CR7 dall’estate del 2009 lo abbiamo seguito tutti ancora più da vicino: Real, appunto, poi Juventus, e nel mezzo il successo europeo con il Portogallo che ne ha certificato il valore su tutti i fronti, con il successivo record di gol in partite con la rappresentativa del suo paese. Ma nel corso del viaggio CR7 è cambiato, come ovvio per un giocatore che è in primo piano dal 2003 ed è durato ad altissimi livelli più di quei ‘quindici anni’ ipotizzati dal grandissimo George Best, che aveva fatto in tempo a vederlo giocare e si era detto lusingato, per la prima volta, di un paragone, tra i tanti che erano stati fatti.

 

Il Ronaldo della Juventus viene analizzato da Di Canio con i suoi pregi e le sue caratteristiche non sempre perfettamente coincidenti a quanto sarebbe stato richiesto, e ora il ritorno a casa ha riaperto scenari ancora differenti. Come abbiamo visto nel primo mese e mezzo in maglia United, CR7 è di fatto il centravanti della squadra ma tende a defilarsi sul lato sinistro, per rientrare usando il piede destro; accentua molto meno il dribbling, sul quale non ha più la brillantezza iniziale sullo spazio breve, e privilegia tocchi rapidi per attirare il difensore, permettendo a compagni di squadra di muoversi attorno a lui. È quasi un paradosso: in estate l’allenatore Ole Gunnar Solskjaer non aveva mai accennato al bisogno di un centravanti, avendo già Edinson Cavani e - al rientro dall’infortunio - eventualmente Marcus Rashford, ma aveva sottolineato la mancanza, nella pur ricca rosa, di un giocatore in grado di segnare gol… brutti. Quelli cioè sui palloni vaganti, su cross non perfetti, su respinte corte del portiere: è proprio così che sono arrivati i primi gol del portoghese, non con iniziative personali travolgenti o calci di punizione. L’analisi di Di Canio illumina anche gli effetti della presenza di Ronaldo sui compagni di squadra, primo tra tutti Bruno Fernandes, che nell’anno e mezzo a Old Trafford era diventato il giocatore più importante ed influente e ora ha dovuto ridisegnarsi un ruolo, complicando il lavoro dello staff senza che ci sia stato un netto miglioramento del rendimento complessivo.

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Poi, è chiaro, Back Home vuol dire anche un’ondata emotiva inimitabile: cancellati frettolosamente centinaia di tweet di scherno - avete presente La volpe e l’uva? - pubblicati quando sembrava certo il passaggio di CR7 al Manchester City, i tifosi lo hanno riaccolto con enorme affetto e hanno così certificato sia il suo status di superstar sia la voglia di un protagonista che sparigliasse le carte, detenute ormai da tempo dal City e dal Liverpool, con il ritorno del Chelsea. È comparso un doppio murale all’angolo di un pub a poche decine di metri dallo stadio, Old Trafford ne esibisce il ritratto nel gruppone sopra l’ingresso principale, un’intera ala del Megastore ha file di t-shirt con il numero 7 e le sue iniziali e la macchina gira, avvolgendo il tifoso e il visitatore e dando quasi l’impressione che il ritorno vada bene così, a prescindere.