A lezione di "Tottica"... con Daniele Adani

Serie A

Vanni Spinella

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Il caso più unico che raro di un campione che in 25 anni di carriera ha giocato in tutte le posizioni dell'attacco, esprimendosi sempre ad altissimo livello. Esterno nel tridente, trequartista, suggeritore, prima punta: Lele Adani ci guida in questa lezione di... Tottica

#SkyGrazieTotti: LO SPECIALE

“Francesco Totti racchiude in sé il segreto del calcio”. Quando una chiacchierata con Lele Adani parte in questa maniera sai già che sarà un pomeriggio ricco di soddisfazioni per te che lo ascolti, tra ricordi di giocate meravigliose e foglietti scarabocchiati per fissare su carta schemi e movimenti. Una lezione di... Tottica, per analizzare un fenomeno che in venticinque anni di carriera ha giocato praticamente in tutte le posizioni da metà campo in avanti. Trequartista, esterno nel tridente, suggeritore dietro a una punta, centravanti, falso nueve. Come è possibile? A questo punto vogliamo che ci sia svelato, il segreto di Totti.

“È il tempo. Il tempo di gioco”. Adani fa una pausa, gioca anche lui con il tempo, ma poi parte in progressione. “Tecnica, potenza, piedi buoni: tutte queste cose non valgono niente se non rispetti il tempo. Totti è stato grande perché ha sempre avuto tempi di gioco superiori alla comprensione degli avversari; i compagni che gli giocavano attorno, invece, avevano il vantaggio di non doverlo comprendere: non dovevano fare altro che fidarsi ed essere pronti a ricevere. Andavano alla cieca, sicuri che la palla sarebbe arrivata. Ci sono delle tracce, in campo, che vengono create naturalmente dalla dinamica del gioco e che cambiano di continuo: un attimo ci sono, l'attimo dopo si chiudono. Totti non solo vede queste tracce, che è già una cosa non da tutti. Lui le disegna". Ciò che abbiamo tentato di fare anche noi con carta e penna, per spiegare Totti.

Totti trequartista  

L’abbiamo visto iniziare così, quando nella Roma di Mazzone ispirava Balbo e Fonseca; l’abbiamo ritrovato alle spalle di Batistuta e Delvecchio nella stagione dello scudetto, con Capello in panchina, e più tardi dietro a Borriello e Vucinic. Tutta gente che ha beneficiato eccome del suo genio.

L’analisi di Adani

"Dal punto di vista della creatività offensiva, è il suo ruolo congeniale. Occhi sui centrocampisti per ricevere palla, ma la sua particolarità era quella di avere anche gli occhi dietro alla testa, con cui “sentiva” il movimento delle punte alle sue spalle. Poi si trattava anche di capire la pressione degli avversari, intuire quale centrale si sarebbe staccato dalla linea di difesa per andare a prenderlo e persino a quanti metri sarebbe arrivato l’accorciamento. Il difensore gli arrivava a due metri nel momento in cui riceveva palla? Totti si girava, valutava e giocava. Gli arrivava veloce? Tocchettino di qua o di là e Totti si liberava del pallone. Fermo restando che se i compagni non passavano da lui ma andavano diretti sulla punta, poteva aspettare uno scarico per calciare in porta. Infine, sempre partendo da quella posizione, lui molte volte si abbassava e diventava centrocampista: si girava in un attimo e aveva questo sventaglio, quella famosa “palla Totti” con cui pescava i compagni in profondità".

Totti esterno sinistro nel 4-3-3

È il Totti di Zeman, nel biennio 1997-1999, e il modulo non si discute. L’allenatore lo schiera a sinistra nel tridente, ma come puntualizza Adani i 4-3-3 non sono tutti uguali...

L’analisi di Adani

"Bisogna distinguere tra ruolo e compito, innanzitutto. Totti interpretava quel ruolo in maniera diversa da come lo fanno Insigne, Papu Gomez o Neymar, per fare degli esempi, eppure parliamo sempre di esterni a sinistra in un 4-3-3. Totti in quella posizione chiaramente rinunciava ad andare 1 contro 1 sull’esterno, ma aveva una capacità unica di smarcamento. Con un movimento a mezzaluna andava a ricevere palla in verticale tra le linee e diventava un trequartista in corsa. La sua unicità sta nel fatto che mentre faceva questo movimento e la palla viaggiava, i suoi occhi erano già proiettati avanti, un tempo avanti. Vedeva già la giocata successiva e i compagni, fidandosi, andavano nello spazio. La chiave sta nello smarcamento, perché il ruolo, per un grande giocatore, non è mai un problema".

Totti punta (con Cassano)

Un tandem che si vede sotto la guida di Capello e in qualche occasione anche con Delneri l’anno dopo. Per la prima volta Totti viene utilizzato come attaccante vero e proprio, e non più “al servizio di”: il risultato sono i 20 gol in campionato della stagione 2003-2004, traguardo mai raggiunto prima dal capitano della Roma.

L’analisi di Adani

"Quella di Totti e Cassano è la classica situazione in cui un grande campione trova un altro in grado di parlare il suo stesso linguaggio calcistico, lo riconosce simile a sé e lo accoglie in questo livello di pensiero più elevato. Se poi l’altro riconosce la gerarchia (e Cassano l’ha sempre fatto), allora succede che oltre alla qualità calcistica viene fuori anche il divertimento. La differenza per Totti sta nel fatto che Cassano lo sollevava spesso dal compito di dover generare lo spazio, e così lui si metteva nelle condizioni per essere punta, per ricevere anziché creare".

Totti dietro a una prima punta

Negli anni in cui ha giocato in questa posizione ha ispirato principalmente Montella e l'Aeroplanino ha ringraziato (21 gol nel 2004-2005). Ma nel caso di Totti, stare "dietro alla punta" non significa solo servire un compagno. Anzi. 

L’analisi di Adani

"È la posizione in cui lo preferisco. Al massimo della sua condizione fisica, è il miglior Totti che si possa vedere: sta in una terra di mezzo con la prima punta che gli toglie un po’ di fatica nello smarcarsi perché impegna i centrali, i centrocampisti che lo coprono dietro e l’ampiezza delle ali pronte a ricevere. Così riusciva a fare regia offensiva ma senza rinunciare alla possibilità di concludere, e sappiamo bene che, se gli capita l’occasione, Totti non ha problemi a sfondare la porta da 30 metri come fossero 15".

Totti prima punta (e falso nueve)

L’idea è di Spalletti, che nel 4-2-3-1 del suo primo mandato giallorosso lo trasforma nel terminale offensivo della squadra. Risultato: 15 gol nel 2005-2006, addirittura 26 l’anno dopo, la sua miglior stagione dal punto di vista realizzativo. Seguono le stagioni in cui si cimenta anche al centro del tridente (con Luis Enrique e con Rudi Garcia), in cui segna meno ma, abbassandosi, premia le incursioni di ali come Gervinho o Florenzi.

L’analisi di Adani

È un cerchio che si chiude. Ci troviamo al cospetto di un Totti meno mobile, che nonostante ciò non perde la capacità di svolgere ugualmente i suoi compiti: e da punta riusciva a essere trequartista. Si rivede con costanza quella giocata che io chiamo “la palla Totti”, inventata uscendo dalla posizione di attaccante. Il cerchio si chiude perché lui da punta – quindi senza rinunciare ai gol – fa le stesse cose che faceva da trequartista e da esterno, cioè viene fuori e fa regia. La cosa incredibile è che l’avversario lo sa, ma Totti è sempre in divenire: vede l’adeguamento e… cambia.

Pensiero finale: come si poteva fermare Totti?

"Bisognava sforzarsi di pensare come lui, cercare di aumentare il proprio livello di comprensione del gioco, provare a pensare un tempo avanti", spiega Adani. "Non una cosa semplice. Per cui io, da difensore, ragionavo così: se non posso prevedere cosa farà Totti, c’è un indizio che può orientarmi, ed è il movimento dei suoi compagni. Loro si fidano? Tu fidati del loro movimento. Era l’unico modo per capirlo, perché Totti era sempre avanti al gioco".