Serie A, perché il bello non può vincere lo scudetto?

Serie A

Massimo Corcione

Quest’anno il Napoli riesce a insegnare che la serie A può essere anche spettacolare. Ma perché il bello non può pagare? I nuovi scettici si affidano ai numeri juventini per dar fiato alle proprie teorie. Ma emerge una terrificante paura che le novità possano alterare equilibri ormai stratificati

Strano mondo quello del calcio: quest’anno il Napoli gioca troppo bene, diverte, fa più punti delle altre, perde meno di tutte (un solo pareggio e otto vittorie), riesce a insegnare che la serie A può essere anche spettacolare, ma la dote non è ancora sufficiente per puntare sullo scudetto. Più o meno l’atteggiamento conservatore che da sempre ha tenuto il mondo davanti al nuovo che avanza. Con carta e penna, affidandosi alle parole, utilizzando le immagini delle prime nove giornate di campionato, diventa quasi impossibile dimostrare una simile tesi, si incontrano delle insormontabili difficoltà sul piano della logica.

Perché il bello non può pagare? perché la strada per lo scudetto deve per forza passare attraverso il brutto per necessità? Eppure l’indimostrabile ha acquistato improvvisamente vigore nell’ultimo fine settimana, utilizzando Inter e Juventus (e meno, molto meno la Lazio) come scontati metri di paragone. Il pareggio tra Napoli e Inter di sabato sera allo stadio San Paolo, ad esempio, avrebbe confermato che una squadra fisica come quella di Spalletti, caricata da un maestro motivatore d’eccellenza, può disinnescare la macchina perfetta, può finanche provocare crisi di stanchezza mai emerse nei precedenti otto momenti di una marcia fino a sabato inarrestabile.

Ancora: Albiol che rivela quanto i ricordi degli schemi difensivi di Sarri popolino spesso le sue notti, viene commentato con gli stessi sorrisini sarcastici che accompagnavano le confessioni dei primi eroi milanisti ai tempi di Sacchi. Allora, trent’anni fa, i detrattori furono costretti presto a un brusca virata; oggi i nuovi scettici si affidano ai numeri juventini per dar fiato alle proprie teorie. Dopo la trasferta udinese la Juventus (terza dietro Napoli e Inter, alla pari con la Lazio) è diventata prima nella classifica dei gol segnati (27 in totale, che portano la media a tre reti realizzate a partita): così Khedira che firma una tripletta bilancia la prolificità ridotta di Higuain e rilancia la figura del calciatore universale. Tutti argomenti quasi esclusivamente utilizzati per contestare la vocazione offensiva del gioco napoletano.

Posizioni naturalmente rispettabilissime che però denunciano una terrificante paura che le novità possano alterare equilibri ormai stratificati. Ma quest’anno si viaggia a velocità supersonica e i giudizi vanno costantemente aggiornati: domani Inter e Sampdoria aprono la giornata infrasettimanale; sabato San Siro si vestirà a festa per Milan-Juventus, gala di pomeriggio. Il Napoli abbassa le luci per conoscere meglio sé stesso: contro Genoa e Sassuolo saranno soprattutto prove di efficienza, dedicate a chi crede che la bellezza non debba esistere.