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Giornata della Memoria, il Milan ricorda Guttmann e Valletti

Serie A

Nel Giorno della Memoria il Milan ricorda Béla Guttmann, ex allenatore rossonero, e Ferdinando Valletti, ex centrocampista nel ruolo di mediano. Presenti e Milanello - e San Siro nella partita contro la Lazio - i famigliari: la storia di un uomo deportato che si salvò grazie al calcio

“1938 – LO SPORT ITALIANO CONTRO GLI EBREI”

GIORNATA DELLA MEMORIA, LA PROGRAMMAZIONE SU SKY

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È nel Giorno della Memoria che anche il mondo dello sport vuole ricordare le vittime dell’Olocausto, perché solo attraverso la consapevolezza del passato si può leggere il presente e costruire il futuro. In primo piano anche il Milan, che nell’80° anniversario della promulgazione delle leggi razziali in Italia, ha voluto ricordare Béla Guttmann, storico allenatore che col Benfica vinse due volte la Coppa dei Campioni nel 1961 e nel 1962, e Ferdinando Valletti, il deportato calciatore. In conferenza stampa prima della partita contro la Lazio, nonché a Milanello e anche a San Siro per la 22^ giornata di Serie A, erano e saranno presenti i famigliari e la figlia, Manuela Valletti. 

La storia

In questo modo il Milan ha voluto rendere omaggio a due uomini finiti nel ciclone delle follia dell’Olocausto. Béla Guttmann, scomparso nel 1981, fu allenatore dei rossoneri per due stagioni, tra il 1953 e il 1955. Lanciò nel calcio un giovane chiamato Cesare Maldini, allenò Schiaffino e il trio Gre-No-Li (Gren, Nordahl e Liedholm), anche se non portò nuovi trofei in bacheca. La storia di Ferdinando Valletti è invece quella di un mediano, per tre stagioni nel Milan, dal 1941-42 al 1943-44. Una storia che prosegue con la sua deportazione avvenuta proprio nel 1944, l’11 di marzo, quando lui aveva 23 anni, era sposato e in attesa di un bambino. La sua colpa? Aver distribuito in fabbrica (lavorava nell’Alfa Romeo) dei volantini che annunciavano lo sciopero generale del marzo ’44, quello che avrebbe fermato le fabbriche italiane per bloccare la produzione bellica dei nazisti. Dunque il carcere di San Vittore, il binario 21 della stazione centrale di Milano e il campo di Mauthausen, con un numero inciso sulla pelle, il 57633.

Salvato dal calcio

Durante la sua prigionia Ferdinando Valletti conobbe il professor Aldo Carpi, pittore e scultore, poi anche rettore dell’Accademia di Brera. Lui si salvò grazie alla sua arte, e nel suo libro “Diario di Gusen” (il secondo campo di concentramento di Valletti) ricorda tante volte quel “bravo giovane che gli aveva salvato la vita”. Valletti aiutava Carpi, lo sorreggeva e lo salvava dal carico di massi che più volte stava per cadergli addosso. Vero, e lo stesso Ferdinando Valletti fu però, a sua volta, salvato dal calcio, quando le SS cercarono un giocatore per sostituire un infortunato nella loro squadra e trovarono lui. Ed ecco allora che col pallone si guadagnò un posto da sguattero nelle cucine e - infine - la salvezza, quella degli alleati arrivati nel 1945. La sua vita proseguì con la moglie e la figlia Manuela, presente a Milanello a ricevere proprio l’omaggio e il ricordo del Milan, la vera passione del padre. Giocatore e tifoso, per un uomo che proseguì il suo lavoro all’Alfa e ricevette nel ’76 l’Ambrogino d’Oro a Milano.