Serie A, le migliori giocate della 24^ giornata

Serie A

Emanuele Atturo

mertensinsigne

Dai grandi tiri da fuori ai deliri di onnipotenza di Sergej Milinkovic-Savic, fino alle sofisticate azioni del Napoli: 6 grandi giocate dall'ultima giornata di Serie A

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Questa settimana si giocavano due grandi partite, Fiorentina - Juventus e Napoli - Lazio, ed entrambe hanno messo in mostra grandi giocate, soprattutto la sfida del San Paolo. Lazio e Napoli hanno sfoggiato i propri fiori all’occhiello: la manovra collettiva sofisticata degli uomini di Sarri, le individualità creative della squadra di Simone Inzaghi. Oltre che nelle partite di punta, la Serie A ha offerto la solita buona quantità di giocate anche nel suo sottobosco, dove alcuni giocatori si stanno rivelando a fari spenti.

Il quarto gol del Napoli arriva dopo un lungo periodo di controllo e dominio del pallone. Siamo in uno di quei momenti di partita in cui il palleggio della squadra di Sarri arriva a un livello di rarefazione in cui gli avversari vengono trasformati in birilli cui girare attorno.

Il pallone ristagna su una fascia sinistra zeppa di uomini .Il Napoli ruba palla alla Lazio: c’è un tre contro tre. Insigne la passa a Zielinski che, pressato, scarica di prima di tacco al terzo uomo, che è Jorginho. Il brasiliano si lancia in corsa e, senza rallentare, scava il pallone in profondità ancora per Zielinski - che nel frattempo si era inserito alle spalle della difesa della Lazio.

Se l’azione non fosse stata complessivamente così bella la giocata del polacco sarebbe comunque valsa un posto in classifica. Zielinski ha davanti De Vrij e Marusic, vede però l’inserimento di Mertens, e per servirlo tocca la palla con un morbido interno piede che passa nello stretto corridoio di gambe fra i giocatori della Lazio. Mertens - che in questi casi cerca sempre di rilanciare il livello estetico circostante - tocca la palla con l’esterno, pianissimo, mandandola sul palo lontano. La bellezza peculiare dei gol finalizzati lentamente, a coronare un’azione spettacolare di un Napoli che sembra tornato in forma e spettacolare proprio nel momento caldo della stagione.

Eccoci arrivati a quella parte della rubrica in cui dobbiamo parlare di qualcosa di assurdo fatto da Sergej Milinkovic-Savic. Mentre il campionato prosegue con gli equilibri che cambiano, si accumulano vittorie e sconfitte, e i calciatori fanno l’altalena dei propri momenti di forma, Milinkovic-Savic gioca il proprio personale campionato con ciò che si può fare con un pallone da calcio.

Il primo tempo del serbo di ieri è stato impressionante per tante ragioni. La quantità e la qualità di cose che è riuscito a fare in pochi minuti ridefinisce l’equilibrio tra individuo e collettivo come pochi giocatori al mondo sanno fare. Non c’è stato praticamente un minuto intero di gioco senza che Milinkovic non si sbracciasse per chiedere palla, indifferente alla zona di campo, a quanti uomini avesse attorno.

All’ottavo minuto mette giù col destro il solito lancio lungo, nella zona di sinistra, e con il sinistro trova in verticale Immobile dietro la difesa.

All’undicesimo, ancora su un lancio lungo nella sua zona, sbilancia Jorginho col corpo, appoggia a Immobile di testa, se la fa ridare, controlla con l’esterno, poi con un passo scherma la palla dall’arrivo di Callejon, la schiaccia con la suola (sembra quasi poterla sgonfiare) e ruota attorno all’avversario. Con la visuale libera e il campo aperto cambia campo con un esterno fendente sulla corsa di Marusic dalla parte opposta.

Al quindicesimo riceve per una volta fronte alla porta e allora può rilassarsi e dare un filtrante che passa ai fianchi di Hisaj e incrocia la corsa di Immobile.

Al ventunesimo aggancia una palla respinta dalla sua difesa, la mette giù col destro - sempre con quella naturalezza per cui sembra semplicissimo agganciare questi palloni a campanile - ed evita il pressing di Allan con uno piccolo pallonetto che fa passare la palla a lato dell’avversario.

Abbiamo però, fra tutte, inserito quest’azione al sedicesimo perché contiene almeno tre cose assurde che fanno sembrare Milinkovic-Savic un alieno proveniente da un pianeta in cui si è imparato a giocare a calcio diversamente. Milinkovic manda fuori tempo col corpo Allan, rischia però di essere scavalcato dalla palla, allora deve andare in estensione cadendo per riciclare il pallone all’indietro. Quando gli ritorna fa una specie di piroetta controllando col sinistro e girandosi immediatamente con destro, con cui fa un tunnel a Hisaj e si invola sulla fascia. Poi Milinkovic non è così veloce, Hisaj è bravo a stargli dietro, allora il serbo deve sterzare con la suola, mastica il pallone all’indietro e poi lo appoggio in avanti senza staccarlo con la suola. Alla prossima puntata di “Milinkovic-Savic fa cose”.

In questa rubrica premiamo quasi sempre gesti tecnici raffinati, partoriti da cervelli originali e piedi complessi. Il calcio spesso ha però anche la bellezza delle cose semplici e brutali, e vale la pena allora inserire anche un gesto tecnico di pura violenza, come questo tiro di Andrea Nalini, che per il suo passato in fabbrica è da alcuni considerato “Il Jamie Vardy italiano”.

Sul campo pesante di Crotone Nalini riceve sulla trequarti, ha molto spazio ma le pozzanghere rendono difficoltoso portare molto il pallone. Allora è bello immaginare Nalini infastidito dal campo, rinunciare a qualsiasi giocata razionale, e far partire una bomba di destro da più di 30 metri, completamente a caso. Il tiro non ha nessuna obliquità da calcio contemporaneo: è un tiro secco e pulito che sarebbe stato lo stesso anche con le palle mediche con cui si giocava quarant’anni fa. Un tiro di pura violenza. Berisha compie un grande intervento togliendola dall’incrocio dei pali, dando la sensazione che certi tiri sembrano fatti apposta per esaltare i portieri, come fossero dei duetti.

Il talento di Barella è uno dei più eccitanti del calcio italiano, e di sicuro quello che fa sognare di più in termini di potenzialità. Non è ancora chiaro quante e quali cose sa fare Barella in campo, spesso nascoste sotto una fitta nebbia di agonismo grezzo e tanti, tantissimi falli. Ogni tanto, da questo ammasso grezzo, spunta fuori qualche illuminazione che ci dà l’idea di un Barella del futuro.

Tipo all’ultimo minuto della soporifera Sassuolo - Cagliari, quando recupera palla nella propria trequarti e riparte con una forza tale che Berardi per poco non sviene. Appena superato il centrocampo Barella tira: non è neanche un pallonetto ma un tiro vero e proprio, teso e forte, che fila sotto la traversa, da dove lo toglie Consigli con un po’ d’affanno. Il portiere non era neanche così fuori dai pali, ma la traiettoria di Barella è così efficace da metterlo comunque in difficoltà. Preghiamo tutti che Barella riesca a mettere davvero a frutto tutto questo incredibile potenziale.

L’intervista di Chiellini al Daily Mail di qualche giorno fa ha fatto discutere. Il difensore della Juventus ha dichiarato che il “guardiolismo” - inteso come scimmiottamento sbiadito delle idee di Guardiola - è stato tossico per la scuola italiana dei difensori. Dovendo fare sempre più cose in fase offensiva, secondo Chiellini i difensori hanno disimparato a marcare l’avversario.

Una settimana dopo queste dichiarazioni da conservatore, Chiellini si esibisce in una giocata da difensore centrale d’avanguardia. A 5’ dalla fine le squadre sono tutte ferme e raccolte in pochi metri, Chiellini evita il pressing di Thereau e si infila in un corridoio centrale, la difesa della Fiorentina è sempre e comunque alta e Higuain non si fa pregare a scattare sul filo del fuorigioco chiamando palla al difensore. Chiellini serve il filtrante col destro, non il suo piede, anche se più che l’esecuzione - tutto sommato normale - va soprattutto sottolineata la lettura del difensore della Juventus, che raramente si limita a giocate scolastiche e da anni, a partire dalla comfort zone della difesa a tre, cerca di disordinare le linee avversarie con le sue corse palla al piede. L’attitudine offensiva di Chiellini è stata spesso sottovalutata, e ha radici in quando giocava esterno basso nel Livorno e nella Fiorentina, segnando anche qualche gol.

Non vogliamo né fraintendere né sminuire il discorso di Chiellini - che da un certo punto di vista ha anche un fondo di verità - ma questa giocata, a pochi giorni dalle sue parole su cosa dovrebbe fare un difensore, suona comunque ironica.

È arrivato il momento di parlare dello stato di forma di Iago Falque, che dal 23 dicembre ha messo insieme 4 gol e 4 assist ed è di gran lunga il giocatore più in forma del Torino. Già nell’ultima partita, in trasferta contro la Sampdoria, era stato praticamente l’unico fattore di pericolo di un Torino confusionario e impreciso.

Contro l’Udinese, dopo neanche 4 minuti, ha tirato una punizione dal lato dell’area. Una zolla di campo da cui è più normale crossare, e che ci racconta la sicurezza e la confidenza di Iago Falque in questo periodo. Il tiro, di piatto, corre verso il palo lontano e coglie la traversa.

Iago Falque è un piccolo paradosso tecnico: nonostante sia un’ala brevilinea non fa del dribbling il suo punto di forza. È però un giocatore creativo, con una grande sensibilità nel piede sinistro, che lo rende anche molto efficace sotto porta. Quest’anno ha già realizzato 9 gol ed è sulla buona strada per superare le sue due migliori stagioni realizzative: la scorsa con il Toro (12 gol) e la 2014/15 con il Genoa (13 gol). Iago Falque è insomma un giocatore che va ormai regolarmente in doppia cifra in Serie A, eppure se ne parla davvero poco.

Sandro ha 29 anni ma ne dimostra di più. Un po' per i pochi capelli e l'aria imbolsita, un po' perché ormai da troppo tempo ha smesso di sembrare un calciatore d'alto livello. Sandro ha giocato nel Tottenham ed è stato capitano della Nazionale brasiliana U-20, eppure oggi gioca al Benevento dove sta provando a rimettere insieme i pezzi della sua vita. È stato alla fine il presidente Vigorito ad ammettere che Sandro ha scelto il Benevento per provare a mettersi in mostra, dimostrare che non è un calciatore finito.

Contro la Roma Sandro ha perso una brutta palla a centrocampo, facendosela rubare da Perotti, uno dei migliori a recuperare palloni pressando in avanti e poi a ripartire come una biscia. L'argentino parte nel corridoio centrale a grande velocità, sui primi passi prende molti metri a Sandro, che però si mette a testa bassa e non molla, convinto di un recupero. Non smette di correre, sperando che Perotti rallenti, e lo fa per caricare il tiro, e a quel punto Sandro scivola con un tempismo perfetto. Non è una giocata appariscente, ma è un bello spunto motivazionale per tutti voi che state cominciando questa settimana, e avete l'impressione che molte cose della vita possano scapparvi via. La corsa di un trentenne imbolsito potrebbe dirvi che niente è mai davvero perduto.