Serie A, i gol più belli della stagione

Serie A

Dario Saltari

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Dal colpo volante di Immobile contro il Cagliari alla rovesciata di Simy contro la Juventus: la raccolta dei migliori gol del campionato che si è appena concluso

LE MIGLIORI PARATE DELLA STAGIONE

Quella che si è appena conclusa è stata una delle stagioni di Serie A più combattute degli ultimi anni. Era diverso tempo che nel nostro campionato non si lottava fino all’ultima giornata per tutti gli obiettivi in palio e soprattutto che lo si facesse con una tale ricchezza di colpi di scena, storie e personaggi. La Serie A 2017/18 è stata un grande universo narrativo ed è impressionante ricapitolare a mente tutte le storie contenute al suo interno. Solo ricostruendo a grandi linee il campionato del Benevento ultimo in classifica è possibile scrivere un piccolo romanzo dalla trama perfettamente circolare, aperta dalla “maledizione” delle 14 sconfitte di fila all’esordio interrotta dall’incredibile gol di testa di Brignoli contro il Milan di Gattuso, passata per la resurrezione con De Zerbi e conclusa con la retrocessione aritmetica a seguito di una clamorosa vittoria a San Siro, ancora contro il Milan. Ma lo stesso si potrebbe fare con quasi tutte le altre 19 squadre.

La Serie A quest’anno ci ha appagato da tutti i punti di vista: abbiamo avuto squadre dal grande interesse tattico, variazioni di rendimento inaspettati, nuovi acquisti che hanno stupito e altri che hanno deluso, giocate eccezionali praticamente ogni settimana. Ovviamente non sono mancati i gol, soprattutto quelli straordinari, che poi sono ciò che fisserà le immagini di questo campionato nella nostra memoria negli anni a venire. Ne ho scelti sei tra i più belli di quest’anno (a fatica, visto il grande numero di gol straordinari segnati in questa stagione), ognuno dei quali porta con sé un piccolo frammento del campionato che si è appena concluso.

Il colpo volante di Immobile contro il Cagliari

La Lazio è la squadra di Serie A che ha segnato più gol negli ultimi 15 minuti di partita (ben 20, cioè quasi un quarto degli 89 gol totali), un dato che molto prima dell’organizzazione tattica data da Inzaghi, e del talento di Milinkovic-Savic e Luis Alberto, mette in luce la tenacia avuta dalla squadra biancoceleste nel voler superare i propri limiti fino all’ultimo secondo. È vero che la Lazio ha buttato la stagione con due momenti di black-out durati in tutto 8 minuti – in Europa League nei quarti di finale di ritorno contro il Salisburgo, in campionato nell’ultima partita contro l’Inter – ma è anche vero che è arrivata a giocarsi quegli obiettivi grazie a una quantità incredibile di partite risolte nei minuti finali. Una di queste è stata Cagliari-Lazio, che la squadra di Inzaghi stava perdendo fino a 30 secondi dal fischio finale e da cui invece è riuscita a ricavare un punto grazie a questo gol incredibile di Ciro Immobile.

Nella filigrana dell’azione che porta al gol si intravedono tutte le armi di quello che è stato il miglior attacco del campionato quest’anno: il lancio lungo verso il petto di Milinkovic-Savic, che riesce a rendere giocabile un pallone lanciato dallo spazio danzando tra tre giocatori; la cucitura del gioco di Luis Alberto, che ricicla la seconda palla con qualità essenziale; la creatività di Felipe Anderson, che in questo caso si sostanzia in un cross un po’ disperato verso l’area; e ovviamente la presenza in area di Ciro Immobile.

Immobile si intromette in una linea di passaggio a mezza altezza che era probabilmente destinata a Milinkovic-Savic (e che magari in un universo parallelo avrebbe controllato spalle alla porta per poi segnare incrociando il sinistro) con un salto irriverente che assomiglia a un brisé di danza classica. In questi casi si parla di tacco, ma in realtà Immobile colpisce palla con l’esterno del piede impennando il pallone con una traiettoria a pallonetto forse non voluta che sorprende Cragno. Il portiere del Cagliari aveva fatto qualche passo in avanti forse per tentare l’uscita alta e ci mette un po’ a capire che il colpo di Immobile sta per finire in porta. Per larghi tratti del campionato ciò che ha fatto la differenza tra la Lazio e le altre squadre è stata semplicemente la forza mentale di crederci fino all’ultimo pallone giocabile, anche il più improbabile.

Il pallonetto avvitato di Mertens contro la Lazio

Così come la Lazio, anche il Napoli probabilmente ha raccolto molto meno di quanto avrebbe meritato se non si fosse concesso alcuni cali di tensione nei momenti topici della stagione. A inizio anno, però, quando entrambe erano nel pieno delle forze fisiche e mentali, le squadre di Sarri e Inzaghi hanno dato vita a una delle partite più interessanti di tutto il campionato, sia da un punto di vista tattico che tecnico.

La Lazio era passata in vantaggio alla metà del primo tempo, con un colpo sbilenco in mezzo all’area di de Vrij che aveva suggellato una maggiore pericolosità collettiva, ma poi aveva gradualmente abbassato il suo baricentro, sotto i colpi incessanti e ritmici del palleggio metodico di Sarri. Il Napoli ha gradualmente messo la testa dell’avversario sott’acqua, togliendogli ossigeno con il pallone, ma senza scomporsi nel tentativo di recuperare subito il risultato. Poco prima del gol di Callejón, che segnerà il temporaneo 2-1 intorno alla metà del secondo tempo, si sente il telecronista dire: «Se c’è una cosa diversa rispetto agli anni scorsi è la consapevolezza: il Napoli sa aspettare la partita».

In questo contesto, anche i gol assurdi di Mertens come questo ci sembravano ormai una caratteristica naturale della squadra partenopea. Guardate l’apparente semplicità con cui il Napoli riesce a passare tra le linee di pressione della Lazio, arrivando dall’attaccante belga con un passaggio in verticale liberando Jorginho a centrocampo grazie a un triangolo attivato da Koulibaly e Hamsik; osservate la fiducia con cui Mertens si approccia al pallone dopo essere stato anticipato da Strakosha in uscita, come il suo primo pensiero sia effettivamente quello di tentare un pallonetto dal limite sinistro dell’area di rigore a giro sul secondo palo, come se fosse davvero la cosa più facile da fare in quella situazione; e infine lasciatevi trasportare dalla traiettoria perfetta del pallone, che sembra un tiro da tre cestistico che si infila nel canestro senza toccare il ferro.

Solo oggi, dopo il burnout del Napoli nelle ultime giornate di campionato e l’appassimento fisico di Mertens nella seconda parte di stagione, possiamo avere un’idea più chiara di quanto lavoro e dedizione mentale richiedesse quel gioco per sembrare naturale, senza sforzi.

La progressione di Zapata contro l’Udinese

La Sampdoria è stata un’attrice non protagonista di questo campionato, anche se principalmente nella prima parte. La squadra di Giampaolo, insieme al Napoli e alla Lazio, è stata l’unica squadra capace di battere la Juventus in campionato, e ha messo in campo un gioco originale anche se disfunzionale da molti punti di vista.

I blucerchiati sono stati discontinui per diversi tratti della stagione per via dei propri difetti tattici: senza il pallone hanno sofferto sia la difesa del lato debole che le transizioni difensive, durante le quali diventavano terribilmente fragili; mentre con il pallone sono risultati spesso prevedibili e dipendenti dalle caratteristiche individuali dei propri uomini migliori. Tra questi, il giocatore che più ha fatto la differenza per gli equilibri offensivi è stato Duván Zapata. Grazie all’attaccante colombiano la Sampdoria poteva scavalcare la sua rigida struttura posizionale, o lanciando lungo direttamente per il suo petto oppure affidandogli il pallone e lasciando che fosse lui a portarlo in porta, con una delle sue progressioni da giocatore di football.

Il gol contro l’Udinese, in questo senso, è una sineddoche di quanto Zapata abbia arricchito il gioco della Sampdoria, che altrimenti sarebbe stato meccanico e prevedibile. L’azione nasce da un fallo laterale battuto direttamente in area dalla squadra friulana, che però viene ribattuto dalla difesa. Zapata raccoglie il pallone al limite della propria area e inizia a correre: prima supera Barak, che si era frapposto sulla sua linea di corsa, allungandosi il pallone con un tocco di destro; poi tiene alle spalle Fofana, che aveva provato a recuperarlo alle spalle, ed è impressionante vedere il centrocampista dell’Udinese arrancare nonostante non abbia l’intralcio del pallone.

Prima di piazzarlo nell’incrocio più lontano con una specie di pallonetto teso (dopo la partita dichiarerà di aver voluto crossare), l’attaccante colombiano percorre il campo da area ad area toccando il pallone appena quattro volte. Una liberazione rispetto alle manie di controllo sul possesso di Giampaolo.

Il tacco di Icardi contro la Sampdoria

Per la seconda volta nella sua carriera, Icardi è riuscito a conquistare il titolo di capocannoniere della Serie A, seppur a pari merito con Ciro Immobile. Ha segnato 29 gol, cioè il 44% dei 66 gol dell’Inter, un contributo realizzativo alla propria squadra di gran lunga maggiore rispetto a tutti gli altri principali marcatori del nostro campionato (Quagliarella, secondo in questa speciale classifica, si ferma al 34%). Se si esce al di fuori del regno dei numeri, però, il contributo di Icardi all’Inter diventa un argomento molto più controverso e discusso.

Icardi non è un attaccante di quelli definiti "moderni", non viene spesso sulla trequarti a fare il creatore come Dzeko o ad associarsi con le mezzali per far risalire il pallone come Mertens, ma questo non deve nascondere la sua ricchezza tecnica in area, un set di colpi e movimenti magari un po’ vintage, ma non per questo meno utili nel calcio di oggi. Basti vedere questo gol di tacco contro la Sampdoria, senza dubbio il più bello segnato da Icardi quest’anno.

L’azione comincia da destra con un possesso di Candreva e se si fissano gli occhi dentro l’area si può vedere come Icardi prenda immediatamente posizione su Silvestre per anticiparlo sul colpo di testa nel caso arrivasse un cross sul primo palo (molto probabile quando la palla ce l’ha Candreva). L’esterno dell’Inter effettivamente crossa, ma non dentro l’area: cerca di raggiungere Gagliardini al limite della lunetta con una specie di lob, che però viene intercettato da Gastón Ramírez. Il trequartista uruguaiano della Sampdoria prova a partire in transizione, ma la sua corsa viene tagliata da Cancelo, che lo anticipa e poi apre con grande visione verso la corsa in profondità di Perisic, che crossa basso in mezzo.

Icardi è di nuovo alle spalle di Silvestre per attaccare il primo palo, costringendolo a un intervento disperato in scivolata che lascia il pallone incustodito in mezzo all’area piccola. Icardi potrebbe girarlo indietro per un tiro di un compagno fronte alla porta, e invece decide di utilizzare il tacco come la stecca di un biliardo, piazzando il pallone in buca, tra le gambe di Viviano e Ferrari.

Il tiro al volo di Giaccherini contro il Bologna

La Serie A 2017/18 ha messo talmente in discussione le nostre certezze riguardo al campionato che persino il Chievo ha rischiato di retrocedere. Il progetto tattico di Maran è collassato già in autunno costringendo il tecnico trentino ad abbandonare i suoi principi fino al punto di perdere totalmente la presa sul proprio spogliatoio. Il Chievo è così passato a un 4-4-2 piatto e scolastico anche prima del suo esonero, affidandosi quasi totalmente alla qualità dei suoi giocatori migliori. Nell’incredibile gol al volo di Giaccherini contro il Bologna, che ha aperto la rimonta sui rossoblù regalando di fatto la permanenza in Serie A al Chievo, c’è ad esempio la partecipazione di tutti i protagonisti delle grandi stagioni della squadra veronese in questi ultimi anni.

L’attacco parte da un lancio lungo di Depaoli verso la testa di Inglese, che riesce a piazzarsi con il busto davanti a Helander, costringendolo a regalare una seconda palla sulla trequarti. Il pallone viene raccolto da Birsa, che trova in diagonale Castro di fronte all’area, infilatosi perfettamente nello spazio tra Pulgar e Poli. La mezzala argentina, mancata per tutto il tratto centrale del campionato per via di un infortunio al crociato, controlla il pallone in maniera sporca: la palla si impenna dopo il primo controllo e Castro è costretto a giocare di prima di controbalzo alla cieca verso il lato opposto, per evitare il ritorno di Poli e Helander. Dall’altra parte, ad attendere il pallone, c’è Giaccherini, che cerca di leggere la traiettoria del lob spostandosi lateralmente, come se stesse per raccogliere il lancio di Castro con un guantone in un campo da baseball. E invece, dopo aver contato i passi, tira al volo di collo pieno dal basso verso l’alto – usando la gamba come una mazza da baseball, se volessimo rimanere all’interno di quella similitudine - facendola sbattere violentemente sulla parte bassa della traversa.

La rovesciata di Simy contro la Juventus

Prima della partita contro la Juventus, il Crotone aveva raccolto appena 9 punti in 11 partite, durante le quali aveva raccolto ben 6 sconfitte. In questo contesto, il pareggio del tutto insperato contro la squadra di Allegri, coronato dalla rovesciata di Simy, di certo non l’attaccante più coordinato della Serie A, sembrava far rientrare persino il Crotone nell’universo pazzo delle nostre aspettative, in cui la squadra calabrese avrebbe raggiunto la salvezza con un nuovo miracolo.

D’altra parte, nel gol di Simy c’è una tale concentrazione di improbabilità che era difficile aspettarsi qualcosa di diverso. C’è la ricezione centrale di Trotta sulla trequarti, che gira intorno a Matuidi e Bentancur a una velocità irreale; c’è la torre in area di Barberis, che salta altissimo sulla testa di Alex Sandro che lo guarda quasi stupito; poi c’è il tentativo di tiro al volo spalle alla porta di Trotta, che cicca il pallone e l’aggiusta in maniera perfetta sulla testa dell’attaccante nigeriano; e infine, ovviamente, c’è la rovesciata di Simy, anche se, rivedendola, non so nemmeno se chiamarla rovesciata. L’attaccante nigeriano, più che altro, sembra darsi la spinta su un muro immaginario di fronte a sé per fare una capriola all’indietro e finisce per colpire il pallone praticamente con lo stinco. Nonostante ciò, la palla esce fuori pulitissima e potentissima, sorprendendo Szczesny nell’angolo in basso a destra.

Dopo quella partita, il Crotone vincerà due partite di fila, contro due concorrenti dirette come Udinese e Sassuolo. Alla fine, però, il miracolo non è arrivato e la squadra di Zenga è retrocessa all’ultima giornata perdendo in maniera prevedibile al San Paolo. Forse dovremmo goderci la bellezza con un occhio meno utilitarista, evitare di forzarla all’interno dei nostri piani. La nostra capacità di stupirci ne gioverebbe.