Remember me, la pennellata di Cavani contro il Cesena

Serie A

Vanni Spinella

Il 26 settembre 2010 il Matador segna uno dei gol più belli della sua carriera finalizzando un contropiede di Lavezzi con la soluzione più inaspettata: una parabola a giro, di prima intenzione, che si infila nel sette

Molto della bellezza di un gol sta nella sua capacità di sorprendere lo spettatore. Chi guarda si aspetta una certa cosa, solitamente ordinaria, chi gioca ne fa un’altra, geniale, estemporanea, totalmente inaspettata. È la scelta che fa la differenza. Tra buoni giocatori e campioni. Ma anche tra giocatori e spettatori comodamente seduti in poltrona e con la critica facile ad ogni passaggio (grande classico il “Ma cosa fai??”: si ritorna sempre lì, è tutta una questione di scelte). Il campo come il palcoscenico, il tifoso in platea: se la mettiamo così, il campione è quell’attore che riesce a stupire.

Quel giorno Edinson Cavani fece proprio questo: stupì. Perché quando una squadra corre in campo aperto in contropiede e chi porta palla lungo il corridoio centrale poi la scarica alla sua sinistra giunto al limite dell’area, da chi la riceve ci si aspetta stop e rasoterra incrociato, al massimo che si avvicini ancora un po’ al portiere per poterlo bucare con più facilità. Di certo non la conclusione di prima intenzione, a pallonetto, con palla che gira sotto l’incrocio più lontano. Questo è il genio: il materializzarsi improvviso della soluzione inaspettata, del pensiero laterale. E il genio strappa sempre applausi.

Continuità

C’è una morbida continuità in quel gol di Cavani, che un banalissimo stop-e-tiro avrebbe spezzato, facendo finire la rete nel dimenticatoio. La palla portata su per il campo dal Pocho Lavezzi viene smistata a sinistra per il compagno accorrente e da lì, senza nemmeno che rallenti, cambia semplicemente traiettoria alzandosi in volo sopra al portiere, in un continuum. Così come è fluidissimo il gesto di Cavani: quasi impossibile separare la sua corsa prima del tocco magico da quella che lo segue, che poi si trasforma in esultanza. Lo stacco è minimo, visibile giusto perché il Matador cambia leggermente la postura per impattare con l’interno destro un pallone che gli arriva da destra, e allora deve ruotare il busto quel tanto che basta a regalare il giusto spin alla sfera. Per il resto, è una corsa unica, una cosa unica.

Sms e gol

Il finale vede l’attore protagonista che a braccia aperte va a prendersi gli applausi, lui che quella partita l’aveva iniziata in panchina per una strana scelta di Mazzarri, che a sua volta era finito in tribuna dopo essere stato espulso da D’Amato. Era un Napoli che veniva da un brutto ko casalingo con il Chievo e che al Manuzzi, contro il Cesena, sembra andare incontro alla più classica delle beffe: domina palesemente per tutto il primo tempo, prende gol (da Parolo) all’inizio della ripresa, azione che fa perdere la testa a Mazzarri, allontanato dalla sua panchina. A questo punto, salendo in tribuna, l’allenatore medita la mossa destinata a cambiare la gara: al 60° manda un sms (che sa di sos) al suo vice Frustalupi con una sola parola, “Cavani”, il Matador si alza e con lui anche il sipario. Ricomposto il tandem con Lavezzi, il Napoli sembra Braccio di ferro dopo una lattina di spinaci e in 20’ stritola l’avversario. Non si limita a vincerla, la stravince: pari di Lavezzi al 71°, vantaggio del terzo tenore Hamsik, su rigore, all’81°, timbro di Cavani all’88° e gran sigillo tre minuti dopo con la sua perla. Quella che mentre noi pensavamo allo stop, lui aveva già incastonato nel sette.