Lisbona, Estadio Nacional: è qui che "riposa" l'anima del Grande Torino

Serie A

Alfredo Corallo

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Siamo stati all'Estadio Nacional do Jamor, nei pressi di Lisbona, dove il Grande Torino giocò l'amichevole con il Benfica, il 3 maggio del 1949, l'ultima partita degli Invincibili granata prima dello schianto sulla collina di Superga. Una targa ricorda l'amicizia tra i due club e il tempo, qui, sembra essersi fermato a 70 anni fa

"Il fado non è né allegro né triste, è la stanchezza dell'anima forte, l'occhiata di disprezzo del Portogallo a quel Dio cui ha creduto e che poi l'ha abbandonato: nel fado gli Dei ritornano, legittimi e lontani". 

 

La sensazione di ineluttabilità rivelata nella poesia di Fernando Pessoa si confonde con la magia del nostro viaggio, una sorta di "pellegrinaggio" parallelo alla commemorazione di Superga. Salire fin lassù, dove 70 anni fa il Grande Torino giocò la sua ultima partita, nello stesso giorno (il 3 maggio) e alla stessa ora (intorno alle 18) ha avuto un effetto catartico. E abbiamo ragione di credere che l'anima di quella squadra riposi qui a Oeiras e che, anzi, non sia mai volata via, immersa com'è nella pace degli ulivi della valle di Jamor, cornice ideale per questo moderno anfiteatro romano che è l'Estadio Nacional. E con gli Invincibili il più valente e ubiquo degli eroi portoghesi, quell'Eusebio che, ad ogni calar del sole, pare non resista al richiamo "tentatore" della compagna Amalia, la divina Rodriguez, maga del Fado, per riprendere il suo posto nell'Altar dos Deuses, nella vicina Lisbona, tra gli immortali del Panteão. 

Gli Immortali

Ed è proprio Eusebio - la sagoma della Pantera Nera si staglia in posa "plastica" all'entrata - ad accoglierci in questo luogo epico affacciato sul fiume Tago e sulla spiaggia di Algès, a una decina di chilometri dalla capitale, nell'impianto che il 3 maggio del 1949 ospitò l'amichevole tra Benfica e Torino, una finale di Champions dell'epoca. Un evento di una portata eccezionale, se consideriamo che la Coppa dei Campioni sarà istituita soltanto 6 anni più tardi, battezzata proprio al Nacional con l'esordio assoluto di una competizione dell'Uefa il 4 settembre del 1955 tra lo Sporting Lisbona e i titolati jugoslavi del Partizan. Da quel momento sarà anche teatro ufficiale delle gare interne del Portogallo e delle finali di Taça (la Coppa nazionale), nonché sede della finale di Coppa Campioni del 1967 tra Inter e Celtic, quando un altro Mazzola calcherà il tappeto verde di Jamor e ancora senza fortuna (nerazzurri sconfitti 2-1).

Una foto panoramica scattata il 3 maggio del 2019 all'Estadio Nacional do Jamor, che ospita da qualche mese le partite casalinghe del Belenenses  

Valentino come l'Ettore di Omero

Ma Sandrino aveva già onorato la memoria del babbo con la doppietta al Real Madrid di Puskas, nel 1964, al Prater di Vienna, che valse il primo trofeo internazionale della Grande Inter: "Ho conosciuto tuo padre – le parole dell'attaccante magiaro a fine match – e oggi ho capito che tu sei degno di lui". Come a parafrasare l'Ettore di Omero, nell'Iliade, destinato a cadere sotto i colpi di Achille: "Zeus e voi altri Dei, rendete forte questo mio figlio. E che un giorno, vedendolo tornare dal campo di battaglia, qualcuno dica: È molto più forte del padre". 

Benfica-Torino 4-3

Così, con uno stadio tutto per noi - chiuso, "teoricamente", siamo entrati per gentile concessione della security - seduti e assorti in totale solitudine sulla "cavea" di questa arena inaugurata nel 1944 - fatta costruire dal dittatore António Salazar per smanie di autocelebrazione, in "perfetto" stile hitleriano - abbiamo immaginato la scena: 40mila persone impazzite per Valentino Mazzola, paragonabile al Messi o al Cristiano Ronaldo di oggi, e per i compagni Guglielmo Gabetto, i fratelli Ballarin, Valerio Bagicalupo, Ezio Loik, Romeo Menti, l'allenatore Leslie Lievesley. Tulèn - com'era soprannominato Mazzola - da una parte; Francisco "Xico" Ferreira dall'altra: era stato lui a convincere il leader del Toro e il presidente Ferruccio Novo ad accettare questo "homenagem" a se stesso, un tributo al capitano della Nazionale portoghese, che aveva affrontato l'Italia a Genova il 27 febbraio, rimediando - tra l'altro - un sonoro 4-1 dagli Azzurri (più granata che azzurri, se pensiamo che 7/11 di quella squadra militavano nel club piemontese). Ormai sicuri del 5° scudetto consecutivo - conquistato di fatto a Milano contro l'Inter - i torinesi mantengono la promessa e il 1° maggio volano a Lisbona. 

L'arrivo del Grande Torino all'aeroporto di Lisbona per l'amichevole con il Benfica 

Lo scambio di gagliardetti tra i capitani di Benfica e Torino all'Estadio Nacional: è il 3 maggio del 1949, il giorno dopo l'aereo del Grande Torino si schianterà sulla Basilica di Superga 

Fado & Futebul

Partono in 31, accolti con tutti gli onori che spettano alla compagine più prestigiosa d'Europa: tappa di benvenuto all'ambasciata italiana, visita in Municipio, soggiorno nel lussosissimo Parque Estoril, sulla Costa del Sol, fino al pomeriggio della sfida, vinta dalle Aquile per 4-3 nel delirio generale dei tifosi benfiquisti. Alla sera, tutti a cena al ristorante Alvalade, nella Casa do Lago del Jardim do Campo Grande, per gli ultimi saluti e gli scambi dei regali, con l'impegno già fissato al 19 giugno per una rivincita che, in realtà, non si farà mai. Piange Torino, ma anche Lisbona affoga in un fiume di lacrime e ancora oggi ricorda le vittime: al Museo del Benfica, sui social, e dal 2016 anche all'Estadio Nacional, con una targa, in nome di una "eterna amizade" nata sulle nostalgiche e struggenti note del Fado, la musica del destino.