Calciomercato amarcord, "affaracci": Portillo alla Fiorentina (2004)

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Vanni Spinella

Chiuso dai grandi attaccanti del Real Madrid, nell'estate 2004 il giovane talento spagnolo passa in prestito alla Fiorentina con l'obiettivo di rilanciarsi dopo aver fatto faville nelle giovanili. Un gol (punizione sotto alla barriera) e tanta panchina, prima del ritorno a casa

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Avete presente Asensio, quello del Real Madrid? Giovane, canterano, un gol a ogni tocco di palla. Bene, ora immaginate che – incredibile colpo di mercato – approdi in Italia in una neopromossa. Perché 13 anni fa è successo qualcosa di molto simile. L’Asensio dei primi Anni Duemila si chiama Javier Portillo: giovane, canterano, un gol a ogni tocco di palla. Praticamente un predestinato. Che per 5 mesi, parliamo della stagione 2004-2005, gioca nella Fiorentina che Mondonico ha appena riportato in Serie A.

Per tutto il suo cammino nelle giovanili del Real Madrid, Portillo si trascina dietro la pesante etichetta di “erede di Raul”. Così pesante che, si dice, una volta approdato in prima squadra sarà proprio il 7 merengue uno dei più insistenti nel chiederne prima l’emarginazione (sul campo, in fascia) e poi la cessione.

Il ragazzino in mezzo ai suoi pari segna, e tanto: più di Raul e Butragueño alla stessa età. Così Del Bosque ritiene che sia giunta l’ora di fargli assaggiare il grande calcio, o il calcio dei grandi, se preferite. Esordio direttamente in Champions, il 20 marzo 2002, in una partita contro il Panathinaikos che per il Real già qualificato ai quarti non ha molto significato, come si intuisce dal risultato di svantaggio (2-1) nel momento in cui Portillo fa il suo ingresso in campo con il 39 sulla schiena. Di tutt’altro avviso, riguardo all’importanza di quella sfida, è il giovane Javier, che a 10’ dalla fine si fa consegnare il pallone sulla trequarti, prende due passi di rincorsa e scarica in porta dalla distanza un sinistro imprendibile. Un po’ “alla Asensio”, diciamolo.

Un gol all'ora

Il vizio gli resta anche nella stagione seguente, in cui Del Bosque, baffo e saggezza da nonno buono, lo inserisce spesso e volentieri nelle rotazioni, nonostante Raul continui a ringhiare. Venti minuti di Supercoppa europea vinta contro il Feyenoord, 10 spezzoni in campionato, per un totale di 200 minuti e 5 gol (uno ogni 40’!), altri 7 scampoli in Champions (con un gol al 90° al primo pallone toccato, questa volta fondamentale per il superamento del girone, nell’1-1 contro il Borussia Dortmund) e il palcoscenico della Coppa del Re da titolare, con 6 presenze: qui Portillo ripaga la fiducia di nonno Del Bosque con 8 gol, capocannoniere del torneo nonostante il cammino del Real Madrid si interrompa ai quarti contro il Malaga di Eto’o. In tutto fanno 14 reti in 874 minuti, più o meno una ogni ora di gioco. Ad Asensio continueranno a fischiare le orecchie.

Borussia Dortmund-Real Madrid: Portillo, in campo da 59 secondi, tocca il suo primo pallone e segna al 90° il gol del pareggio, su assist di Zidane. Tutta la squadra lo sommerge di abbracci... tranne Raul, che va a raccogliere il pallone in porta

Ultimo della lista

Con l’esonero del nonno buono, l’unico capace di prenderne le difese in uno spogliatoio di belve feroci, il minutaggio di Portillo nell’anno di Queiroz allenatore si riduce drasticamente: se non è panchina è largo in fascia, e da lì è un po’ più complicato fare gol con regolarità. La soluzione che mette tutti d’accordo, soprattutto Raul che non vuole eredi tra i piedi, è la cessione in prestito. E anche il nuovo allenatore Camacho non si limita a farglielo capire, ma glielo comunica chiaro e tondo: “Vieni dopo Ronaldo, Raul e Morientes”, con quest’ultimo rientrato alla base dopo l’ottima stagione al Monaco.

La Fiorentina entra in scena con un colpo da maestri: fiutata l’aria di divorzio che tira nella Casa Blanca, il dg Fabrizio Lucchesi vola a Madrid e trova l’accordo su tutto (tranne il diritto di riscatto, che il Real non concede), superando la concorrenza di Brescia e Lazio. Il 29 luglio 2004 Portillo è un giocatore della Fiorentina e i paragoni importanti si sprecano: Gerd Muller, Paolo Rossi, per Mondonico “Filippo Inzaghi: si muove sempre sulla linea dei difensori ed è nato per fare gol”. Per poi aggiungere, scoccando una frecciatina alla dirigenza, “è una prima punta come Riganò, ma posso anche modificare il 4-3-2-1 che sto sperimentando…”.

Portillo sbarca a Firenze gasatissimo e con un quintale di gel in testa. Promette massimo impegno (chi non lo fa?) per riconquistarsi il Real, non prima però di aver portato la Fiorentina in Coppa Uefa o, perché no, in Champions. Mondonico, però, non aveva parlato a caso: il titolare dell’attacco è Riganò, e quando non gioca lui a Portillo viene preferito anche Fantini. Tanto valeva fare la riserva di quelli galattici.

Il primo e unico gol in campionato arriva solo alla sedicesima giornata contro il Chievo, alla prima da titolare dopo una sfilza infinita di panchine. Punizione dalla destra, Marchegiani sistema la barriera, la barriera salta, lui ci fa passare sotto il pallone, anni prima dei vari Pirlo, Ronaldinho e Messi (fino al recentissimo Kolarov giallorosso), che per una cosa del genere sono stati celebrati per la loro genialità. Per lui zero celebrazioni, solo tanti saluti: è il 19 dicembre 2004 e la sua avventura in viola sta già volgendo al termine. A gennaio la Casa Blanca lo richiama alla base: Morientes, utilizzato pochissimo, è stato ceduto al Liverpool e per lui ora c’è un concorrente in meno da superare nelle gerarchie. Restano “solo” Ronaldo e il caro amico Raul. In quel momento Portillo capisce che la sua seconda carriera al Real Madrid è terminata prima ancora di iniziare.

19 dicembre 2004: punizione sotto alla barriera contro il Chievo

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Epilogo

Dopo sei mesi al Real Madrid (4 spezzoni di partite: 135’ in tutto, zero gol), Portillo ha giocato con Bruges (con clausola che gli vieta di scendere in campo contro i galacticos), Gimnastic di Tarragona, Osasuna ed Hercules.  Giunto ad Alicante si fidanza con la figlia dell’azionista di maggioranza del club che fa pressione sul presidente affinché Portillo, nel frattempo ceduto al Las Palmas, venga riacquistato appena sei mesi dopo. “Torno, ma non perché sono il genero di Ortiz”, le sue parole cariche di orgoglio. "Torno perché sono Javier Portillo". Risultato: allenatore e ds dell’Hercules, che si erano opposti al suo ritorno, licenziati. E poi dicevano che quello influente era Raul…

Portillo e la fidanzata nei primi anni Duemila. Anche lei non disdegnava l'uso di lacca e gel