Formolo, una Roccia con la faccia da liceale in gita al Giro

Ciclismo

Francesco Pierantozzi

IL PERSONAGGIO. Il 22enne veronese, che ha acceso la corsa rosa vincendo a La Spezia, ha un viso da bambino, un soprannome stonato per uno senza barba o quasi e la testa di un esperto che può pensare in grande

Una faccia da bambino con un soprannome stonato per uno senza barba o quasi: Roccia. Perché non molla mai, e un inglese fluente che mette fuori tempo massimo il luogo comune del ciclista incapace di andare oltre al “ciao mamma, sono arrivato primo”. Primo è arrivato primo, a La Spezia, al primo Giro d’Italia, alla prima occasione buona: fuga da lontano in un gruppone, anticipo del trampolino finale, nel senso della salita con le sue belle pendenze (tratti anche al 14 %), della Biassa che ti tuffa verso il Golfo dei poeti, e tenuta extra large, da vecchio corridore, da “espertone”, fino al traguardo.

Il nuovo e il vecchio assieme, ecco quello che ti incuriosisce guardandolo in faccia e guardando la sua impresa. Un ritratto liofilizzato di Davide Formolo. 22 anni, veronese, come Viviani primo a Genova, e americano di squadra e bicicletta. Per carità non uno che esce dal nulla: secondo al campionato italiano di un anno fa, settimo nella classifica del Tour de Suisse e libertà di pensare in grande, in rosa, adesso. Poco più di sessanta chili, poco più di un metro e ottanta e quella faccia un po’ così: da liceale in gita in Liguria.

Perde quasi la faccia, ma si mette la maglia rosa, al terzo australiano diverso da sabato, invece Simon Clarke che sprinta per il secondo posto, dietro Formolo, e alza le mani come se avesse vinto. Un problema del ciclismo poco tecnologico di una volta, non di quello di oggi: impossibile sbagliarsi. Con una scusa buona però, anzi rosa, quella della maglia da indossare.