Verso Barcellona. Se lo sport spagnolo non sente la crisi
Formula 1Il paese che ospita la quinta prova del Mondiale F1 vive un periodo difficile tra economia e proteste, ma nello sport la Spagna continua a essere una potenza. Dalla Roja a Nadal, senza dimenticare il ferrarista Alonso
Una nazione in crisi ma non nello sport. La Spagna, che ospiterà il quinto Gran Premio della stagione di Formula Uno è un paese che sta vivendo dei momenti più bui della sua Storia recente. Oltre sei milioni di disoccupati, povertà in crescita ed economia che stenta a ripartire, nonostante le misure di austerità varate a più riprese dal governo di Mariano Rajoy. Situazione difficile che non si ripercuote nello sport, dove la Spagna continua a sfornare campioni. E non solo nel calcio.
Barcellona e Real, simbolo del calcio – Sono due squadre che più dissimili non si può. Una bianca, l'altra blaugrana, una madrilena, l'altra catalana, ma Barcellona e Real Madrid sono insieme un' istituzione del calcio, non solo spagnolo. Insieme si dividono i campionati e lottano per la Champions League. Con in campo le migliori stelle del calcio mondiale, Messi, Ronaldo, Xavi, Iniesta e nel passato Crujiff, Di Stefano, Raul, Ronaldinho. Ma il futbol spagnolo sono anche i cugini poveri e battaglieri dell'Atletico Madrid e i “tutti baschi” dell'Athletic Bilbao. E soprattutto è la Roja, la Nazionale. Un mito, quelle delle Furie Rosse nato nel 1920 alle Olimpiadi di Anversa e che ha avuto la consacrazione con il triplete (due Europei e un Mondiale) tra il 2008 e il 2012.
Spagna, un paese che gioca in squadra – Il mito della Roja non è solo una preporgativa del calcio. Quando c'è di mezzo il gruppo gli spagnoli, nonostante rivalità regionali e di club, sono secondi a pochi. Come nel basket dove la squadra guidata da Pepu Hernandez prima e Sergio Scariolo dopo (ora da Juan Antonio Orenga) ha conquistato tre argenti olimpici, due Europei un Mondiale e ha esportato in Nba il talento dei fratelli Gasol, di Serge Ibaka e di Riki Rubio. Una grandezza che è anche delle squadre di club con Barcellona, Real, Malaga e Vitoria che frequentano abitualmente le Final Four delle Coppe Europee. Un'istituzione è anche la Nazionale di pallanuoto. Le ragazze sono vicecampionesse olimpiche a Londra, i ragazzi hanno conquistato l'oro ad Atlanta con in vasca il “Maradona” della pallanuoto Manuel Estiarte, catalano e grande amico di Pep Guardiola. Un altro mito, meno conosciuto, è quello della Roja della pallamano. Campionessa mondiale nel 2013 e con un giocatore Inaki Urgardarin che è arrivato a sposare, Cristina la figlia del re Juan Carlos.
Tra il green e la rete – Terra di grandi squadre ma anche di golfisti e tennisti. Sui campi del Pga Tour Spagna è simbolo di fantasia, grinta e classe. Il capostipite fu il compianto Severiano Ballesteros, primo europeo a vincere l'Augusta Masters, poi arrivarono Jose Maria Olazabal (compagno di match play di Seve), Miguel Angel Jimenez e Sergio Garcia. Sui campi di tennis la Spagna è invece sinonimo di “terra rossa”. Giocatori potenti, “arrotini”, ma anche di classe sopraffina. La galleria è lunga, a partire da Manolo Santana, passando per Manuel Orantes e Sergi Bruguera, per concludere con il più vincente di tutti, il maiorchino Rafa Nadal (a 26 anni ha già vinto 7 Open di Francia). Una tradizione che ha portato anche la Spagna alla conquista di cinque Coppe Davis, tutte tra il 2000 e il 2011.
Scalatori, passisti, cronometro con l'"ombra" del doping – La Vuelta a Espana è la terza corsa a tappe più importante del mondo e le due ruote (senza motore) sono una religione. Nel passato gli iberici erano soprattutto scalatori (Bahamontes, Ocana, Jimenez), dagli anni Novanta sono diventati corridori completi. A partite da Miguel Indurain, 5 Tour de France, Abraham Olano ma anche Alberto Contador, Oscar Freire, Carlos Sastre, Alejandro Valverde e per ultimo Joaquim “El Purito” Rodriguez. Vittorie di Mondiali e corse con un'ombra, quella delle pratiche illecite. Emerse soprattutto dall'Operacion Puerto e che ha visto coinvolto il medico Eufemiano Fuentes
Campioni insospettabili e ultimi teodofori – Nello sport spagnolo ci sono stati anche successi insospettabili, come quello di Francisco Fernandez Ochoa, detto Paquito. Alle Olimpiadi invernali di Sapporo lo sciatore spagnolo, 22 anni e zero risultati di rilievo riuscì a vincere l'oro davanti all'azzurro Gustav Thoeni, la prima medaglia della storia dei Giochi Olimpici invernali per la Spagna. Vent'anni dopo, nel 1992, ai Giochi di Albertville arriverà la seconda con Blanca Fernandez Ochoa, la sorella minore di Paquito. Scegliere l'ultimo teodoforo è sempre difficile. Soprattutto se sono le Olimpiadi di casa. A Barcellona nel 1992 la scelta fu sorprendente. Per la prima e unica volta la persona che accese la fiaccola fu un atleta paralimpico Antonio Rebollo, arciere.
Gli spagnoli preferiscono le due ruote – Un paese di motociclisti. Nel Motomondiale il castigliano è praticamente l'idioma ufficiale. E non solo perchè la Dorna è la società che gestisce l'organizzazione della Moto Gp. Ma perché i piloti "made in Spain" sono quelli che dominano. Marc Marquez, Dani Pedrosa, Jorge Lorenzo nel presente, Gibernau, Alzamora e Angel Nieto nel passato hanno sempre recitato la parte dei protagonisti. Sulle due ruote è un'altra storia. Buoni piloti in F1 come Marc Genè e Pedro De La Rosa, ma solo due campioni, il ferrarista Fernando Alonso, il primo iridato spagnolo nella Formula Uno e Carlo Sainz, 51 anni, due Mondiali Rally vinti e un alloro nel 2010 nella prestigiosa Parigi-Dakar.
Barcellona e Real, simbolo del calcio – Sono due squadre che più dissimili non si può. Una bianca, l'altra blaugrana, una madrilena, l'altra catalana, ma Barcellona e Real Madrid sono insieme un' istituzione del calcio, non solo spagnolo. Insieme si dividono i campionati e lottano per la Champions League. Con in campo le migliori stelle del calcio mondiale, Messi, Ronaldo, Xavi, Iniesta e nel passato Crujiff, Di Stefano, Raul, Ronaldinho. Ma il futbol spagnolo sono anche i cugini poveri e battaglieri dell'Atletico Madrid e i “tutti baschi” dell'Athletic Bilbao. E soprattutto è la Roja, la Nazionale. Un mito, quelle delle Furie Rosse nato nel 1920 alle Olimpiadi di Anversa e che ha avuto la consacrazione con il triplete (due Europei e un Mondiale) tra il 2008 e il 2012.
Spagna, un paese che gioca in squadra – Il mito della Roja non è solo una preporgativa del calcio. Quando c'è di mezzo il gruppo gli spagnoli, nonostante rivalità regionali e di club, sono secondi a pochi. Come nel basket dove la squadra guidata da Pepu Hernandez prima e Sergio Scariolo dopo (ora da Juan Antonio Orenga) ha conquistato tre argenti olimpici, due Europei un Mondiale e ha esportato in Nba il talento dei fratelli Gasol, di Serge Ibaka e di Riki Rubio. Una grandezza che è anche delle squadre di club con Barcellona, Real, Malaga e Vitoria che frequentano abitualmente le Final Four delle Coppe Europee. Un'istituzione è anche la Nazionale di pallanuoto. Le ragazze sono vicecampionesse olimpiche a Londra, i ragazzi hanno conquistato l'oro ad Atlanta con in vasca il “Maradona” della pallanuoto Manuel Estiarte, catalano e grande amico di Pep Guardiola. Un altro mito, meno conosciuto, è quello della Roja della pallamano. Campionessa mondiale nel 2013 e con un giocatore Inaki Urgardarin che è arrivato a sposare, Cristina la figlia del re Juan Carlos.
Tra il green e la rete – Terra di grandi squadre ma anche di golfisti e tennisti. Sui campi del Pga Tour Spagna è simbolo di fantasia, grinta e classe. Il capostipite fu il compianto Severiano Ballesteros, primo europeo a vincere l'Augusta Masters, poi arrivarono Jose Maria Olazabal (compagno di match play di Seve), Miguel Angel Jimenez e Sergio Garcia. Sui campi di tennis la Spagna è invece sinonimo di “terra rossa”. Giocatori potenti, “arrotini”, ma anche di classe sopraffina. La galleria è lunga, a partire da Manolo Santana, passando per Manuel Orantes e Sergi Bruguera, per concludere con il più vincente di tutti, il maiorchino Rafa Nadal (a 26 anni ha già vinto 7 Open di Francia). Una tradizione che ha portato anche la Spagna alla conquista di cinque Coppe Davis, tutte tra il 2000 e il 2011.
Scalatori, passisti, cronometro con l'"ombra" del doping – La Vuelta a Espana è la terza corsa a tappe più importante del mondo e le due ruote (senza motore) sono una religione. Nel passato gli iberici erano soprattutto scalatori (Bahamontes, Ocana, Jimenez), dagli anni Novanta sono diventati corridori completi. A partite da Miguel Indurain, 5 Tour de France, Abraham Olano ma anche Alberto Contador, Oscar Freire, Carlos Sastre, Alejandro Valverde e per ultimo Joaquim “El Purito” Rodriguez. Vittorie di Mondiali e corse con un'ombra, quella delle pratiche illecite. Emerse soprattutto dall'Operacion Puerto e che ha visto coinvolto il medico Eufemiano Fuentes
Campioni insospettabili e ultimi teodofori – Nello sport spagnolo ci sono stati anche successi insospettabili, come quello di Francisco Fernandez Ochoa, detto Paquito. Alle Olimpiadi invernali di Sapporo lo sciatore spagnolo, 22 anni e zero risultati di rilievo riuscì a vincere l'oro davanti all'azzurro Gustav Thoeni, la prima medaglia della storia dei Giochi Olimpici invernali per la Spagna. Vent'anni dopo, nel 1992, ai Giochi di Albertville arriverà la seconda con Blanca Fernandez Ochoa, la sorella minore di Paquito. Scegliere l'ultimo teodoforo è sempre difficile. Soprattutto se sono le Olimpiadi di casa. A Barcellona nel 1992 la scelta fu sorprendente. Per la prima e unica volta la persona che accese la fiaccola fu un atleta paralimpico Antonio Rebollo, arciere.
Gli spagnoli preferiscono le due ruote – Un paese di motociclisti. Nel Motomondiale il castigliano è praticamente l'idioma ufficiale. E non solo perchè la Dorna è la società che gestisce l'organizzazione della Moto Gp. Ma perché i piloti "made in Spain" sono quelli che dominano. Marc Marquez, Dani Pedrosa, Jorge Lorenzo nel presente, Gibernau, Alzamora e Angel Nieto nel passato hanno sempre recitato la parte dei protagonisti. Sulle due ruote è un'altra storia. Buoni piloti in F1 come Marc Genè e Pedro De La Rosa, ma solo due campioni, il ferrarista Fernando Alonso, il primo iridato spagnolo nella Formula Uno e Carlo Sainz, 51 anni, due Mondiali Rally vinti e un alloro nel 2010 nella prestigiosa Parigi-Dakar.