Silverstone come Monza: l'essenza nazionalpopolare della F1

Formula 1
Circuito di Silverstone, nella contea del Northamptonshire: qui si corre la nona tappa del Mondiale 2014 (Foto Getty)
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Il circuito, teatro della nona prova del Mondiale, è una fetta importante della storia di questo sport. Dalla contea del Northamptonshire alla Brianza, c'è qualcosa che accomuna i due tracciati. Anche Bernie Ecclestone...

di Lucio Rizzica

Il tracciato inglese di Silverstone è una delle piste storiche della Formula 1, il cuore del motorismo britannico. Affettivamente vale per gli appassionati quanto vale Monza per gli italiani. Sarà anche per questo che pure da queste parti hanno avuto diversi problemi di convivenza recente con Bernie Ecclestone, che soffre la storia, ama rivedere disegni e architetture, fare impennare i propri ricavi, mettere spalle al muro i propri interlocutori in barba alla tradizione e alla memoria. Innanzitutto gli affari.

La storia - La contea del Northamptonshire è protagonista dal 1950, quando lo storico aeroporto militare RAF con le tre classiche piste disposte a triangolo, vennero collegate con tre curve secche delimitate da balle di paglia che resero il tracciato velocissimo. Lo schema delle vie perimetrali utilizzato per disegnare la superficie di gara resistette 37 anni ai tentativi di rifacimento del layout. Poi nel 1987 venne modificata la curva Bridge, nel 1990/'91 venne rallentata l'intera pista e accantonate le curve Stowe, Club e Woodcote nonostante gli stessi piloti non gradissero il nuovo disegno.

I ritocchini... - Di modifica in modifica, anche le curve Priory e Luffield vengono ritoccate nel 1997 e viene allungata l’uscita dalla pit lane. Quindi vengono colorati i cordoli e nel 2010 il circuito viene riallungato di 760 metri. Non basta: nel 2011 anche la griglia di partenza viene spostata. Operazioni condotte dopo un ping pong di trattative fra Ecclestone e la gestione dell’impianto per evitare che –nonostante le difficoltà organizzative- il circo potesse prendere la via del Kent, a Donington. Tira e molla che ricordano quelli che il grande vecchio della Formula 1 porta avanti da anni col circuito brianzolo, in Italia. Contratti capestro e ricavi ridotti, gestione difficile, modifiche annunciate e portate a termine e manutenzione da garantire: verniciature malfatte, incuria (la sopraelevata del 1955, teatro della velocità e progresso, è ricoperta di erbacce e alcuni vorrebbero smantellarla), asfalti improbabili, infrastrutture di accesso insufficienti, continui contenziosi con gli ambientalisti.

La tradizione - L'impressione, dolorosa, è che però agli inglesi sia comunque faticosamente riuscito di mantenere un filo con la tradizione e trovare un compromesso che Monza invece fatica a trovare con se stessa e col boss Bernie. E che a questo punto la candidatura del Mugello, avanzata dal Presidente della Ferrari Montezemolo, possa essere qualcosa in più di un’alternativa. D'altra parte nell’epoca della formula uno mediatica, nella quale si va dove il business è facile (Asia, Russia, nuove frontiere) e l'architetto Tilke può avere carta bianca, l’epoca nella quale non conta la passione ma la cifra apposta sui contratti, la memoria diventa accessoria, persino fastidiosa. Meglio le colline toscane che nulla.

La rinascita - Rimodellata e sconvolta rispetto alla sua storia, Silverstone sembra tuttavia essere scampata all’epurazione ed essere risorta sulle proprie ceneri. Auguriamoci qualcosa di simile anche in Italia. Altrimenti un altro pezzettino di passato si staccherà per sempre dal cuore. E sarà dura compensarlo con un'altra safety car e una partenza da fermo in griglia. Il cuore di chi ama l’automobilismo ama correre veloce. Anche all'indietro. Sempre.