L'Italia s'è persa: pit lane ancora senza piloti tricolori
Formula 1
Salvo sorprese, anche nel 2015 e per il quarto anno consecutivo non ci saranno nostri portacolori nel Mondiale di Formula 1. Crisi e sponsor bloccano il nostro ricambio generazionale
Poker sul tappeto tricolore della Formula 1, ma non è un risultato di cui andare fieri. Poker significa che, salvo sorprese, nemmeno nel Mondiale 2015 ci saranno piloti italiani in pit lane: sarà il quarto anno consecutivo senza alcun rappresentante, per ritoccare ulteriormente quello che era già un record negativo.
Ricambio. "Non c'è ricambio generazionale, anche se le nuove leve non mancano", ci dice Vitntonio Liuzzi, ultimo italiano con Trulli a correre in Formula 1 (81 Gp e 80 partenze per lui) e oggi impegnato a correre in Giappone. E in effetti Davide Valsecchi, per dirne uno, non ha nulla da invidiare a un Kovalainen, un Pic, un Petrov, ma a 27 anni non è andato oltre il ruolo di terza guida in Lotus. Allo stesso modo, non ha mai avuto un'opportunità Davide Rigon ('86), ma andando avanti così difficile sarà il sogno anche per i più giovani Mirko Bortolotti ('90) ed Eddie Cheever junior, l'italianissimo figlio di Eddie Cheever, giusto per fare altri nomi fra tanti che pure si fanno valere.
Crisi. "L'Italia è in crisi e questa si riflette sul nostro movimento, inutile negarlo. Facciamo fatica a livello globale e, senza spinte finanziarie, gli italiani sono costretti a gareggiare in categorie diverse o cercare fortuna nei campionati esteri. Siamo lo specchio del Paese". Liuzzi, che settimana scorsa era impegnato al Motor Show nei test drive Nissan, guarda poi indietro e conclude amaro che "sino a una mezza dozzina di anni fa in formula 1 c'era la creme del motorsport, a livello dei piloti. Adesso invece...". Adesso ci arrivano i piloti con la valigia. Piena di denaro, s'intende.
Mecenati. Gli sponsor dettano legge e alcuni team "fanno correre i bambini" (il riferimento sferzante a Max Verstappen è di Jacques Villeneuve, che lo ha ribadito pochi giorni fa a Bologna), e in un'Italia spazzata da una crisi drammatica ed epocale manca un finanziatore di riferimento. Né, ovviamente, si può puntare su aiuti di tipo istituzionale, quelli che ad esempio la Pdvsa garantisce a Maldonado. L'Italia non è il Venezuela, nemmeno Russia o India, ma in tema di mecenati nemmeno la Francia, dove la Total foraggia la carriera di Grosjean, svizzero di nascita e francese di passaporto. Così il 2015 sarà ancora senza italiani in pit lane. Che pessimo poker.
Ricambio. "Non c'è ricambio generazionale, anche se le nuove leve non mancano", ci dice Vitntonio Liuzzi, ultimo italiano con Trulli a correre in Formula 1 (81 Gp e 80 partenze per lui) e oggi impegnato a correre in Giappone. E in effetti Davide Valsecchi, per dirne uno, non ha nulla da invidiare a un Kovalainen, un Pic, un Petrov, ma a 27 anni non è andato oltre il ruolo di terza guida in Lotus. Allo stesso modo, non ha mai avuto un'opportunità Davide Rigon ('86), ma andando avanti così difficile sarà il sogno anche per i più giovani Mirko Bortolotti ('90) ed Eddie Cheever junior, l'italianissimo figlio di Eddie Cheever, giusto per fare altri nomi fra tanti che pure si fanno valere.
Crisi. "L'Italia è in crisi e questa si riflette sul nostro movimento, inutile negarlo. Facciamo fatica a livello globale e, senza spinte finanziarie, gli italiani sono costretti a gareggiare in categorie diverse o cercare fortuna nei campionati esteri. Siamo lo specchio del Paese". Liuzzi, che settimana scorsa era impegnato al Motor Show nei test drive Nissan, guarda poi indietro e conclude amaro che "sino a una mezza dozzina di anni fa in formula 1 c'era la creme del motorsport, a livello dei piloti. Adesso invece...". Adesso ci arrivano i piloti con la valigia. Piena di denaro, s'intende.
Mecenati. Gli sponsor dettano legge e alcuni team "fanno correre i bambini" (il riferimento sferzante a Max Verstappen è di Jacques Villeneuve, che lo ha ribadito pochi giorni fa a Bologna), e in un'Italia spazzata da una crisi drammatica ed epocale manca un finanziatore di riferimento. Né, ovviamente, si può puntare su aiuti di tipo istituzionale, quelli che ad esempio la Pdvsa garantisce a Maldonado. L'Italia non è il Venezuela, nemmeno Russia o India, ma in tema di mecenati nemmeno la Francia, dove la Total foraggia la carriera di Grosjean, svizzero di nascita e francese di passaporto. Così il 2015 sarà ancora senza italiani in pit lane. Che pessimo poker.