GP Baku e location esotiche, la storia di Fangio a Cuba

Formula 1

Simone De Luca

Fangio a Silverstone nel 1953 (foto: Twitter, Autostories)
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C’è stato un tempo in cui i piloti correvano per la gloria, per la sfida con la velocità ma anche per i premi in denaro delle singole gare. In quel tempo andare a correre a Silverstone o a Cuba faceva differenza solo nei punti mondiali. E magari in quello che poteva accadere fuori dalle gare. Se Baku e l’Azerbaigian vi sembrano location esotiche magari allora vale la pena raccontare di cosa accadde a Cuba nel 1958. Il GP di Baku  è in diretta esclusiva su Sky Sport F1 HD e con Sky Q vivi anche l'incredibile definizione del 4K HDR

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Cuba ha avuto ben tre Gran Premi tra il 1957 e il 1960 anche se nessuno valido per il mondiale di Formula 1. Ma la spregiudicatezza del presidente Fulgenzio Batista, che voleva tramutare Cuba e soprattutto l’Havana in una sorta di Las Vegas dei Caraibi, e i consistenti premi in denaro attirarono comunque i più forti piloti dell’epoca per correre sull’isola. 

Nel 1957 la prima edizione viene vinta da Juan Manuel Fangio su Ferrari 300S nell’anno del suo ultimo titolo mondiale davanti a Carroll Shelby (si quel Carroll Shelby, quello della Cobra) su una Ferrari 410 e al marchese Alfonso De Portago (che in quell’anno morirà tragicamente durante la 1000 Miglia) su un’altra Ferrari, la 860.

Ma su Cuba, nel 1958, si addensano nubi di tempesta e rivoluzione: il movimento 26 Luglio di Fidel Castro ed Ernesto Che Guevara, sbarcato sull’isola nel 1956, dopo aver subito perdite importanti nei primi anni, tra guerriglia e creazione del consenso tra le fasce più povere della popolazione, sta prendendo piede.

Fulgenzio Batista, il presidente, da un lato reprime, dall’altro nasconde al mondo quello che sta avvenendo e, per dare un maggiore senso di normalità, organizza anche la seconda edizione del Gran Premio. In quegli anni per i piloti più famosi prendere parte a gare non mondiali era la normalità tra trattamenti da stelle del cinema, premi gara sostanziosi, la gloria di vincere in tutto il mondo e la voglia di correre sempre viste le “sole” dieci-unidici gare del mondiale ufficiale.

Così Fangio nel 1958 arriva a Cuba per difendere il titolo vinto l’anno prima e con lui arriva il numero 2 al mondo: Stirling Moss. L’argentino, già 5 volte campione mondiale, la sera prima della gara attraversa la hall del lussuosissimo hotel Lincoln, dove alloggia, per andare a cena. Ma a cena non arriverà mai: un uomo in giubbotto di pelle, con una pistola in mano, vistosamente nervoso, gli urla “Fangio, devi venire con me, sono un membro del Movimento Rivoluzionario del 26 luglio”. 

In risposta all’aggressore un amico del pilota lancia una fermacarte verso l’uomo armato che però lo schiva e minaccia di sparare. Fangio è costretto a seguire il rivoluzionario all’esterno dove una macchina lo porta via.  La voce si sparge rapidamente. Il presidente Batista dà ordine alla polizia di usare tutti gli agenti in servizio per dare la caccia ai rapitori. Il gesto, l’affronto dei rivoluzionari è studiato per ledere la sua reputazione e comparire sui titoli dei giornali. Batista non cede e dispone che la corsa si svolga regolarmente, con o senza Fangio.

Nel frattempo però bisogna pensare anche agli altri piloti di nome: a Stirling Moss viene affidata una scorta che staziona fuori dalla sua camera d’albergo bussando alla porta ogni tre ore. “Una notte faticosa - ricorderà l’inglese - Fangio aveva detto ai ribelli di non rapire anche me perchè ero in luna di miele. Naturalmente era una bugia ma è stato un bel gesto da parte sua”.

Nel frattempo l’argentino è trattato, ricorderà lui stesso, con tutti i riguardi: una cena che buona parte degli abitanti dell’isola può solo sognarsi a base di bistecca e patate e poi una camera in un bell’appartamento per poter dormire sereno. Sa che non correrà la gara, pazienza, ma capisce anche che non è in pericolo. Il suo rapimento è solo una mossa pubblicitaria e i rivoluzionari hanno gran rispetto per l’uomo dei record e dei cinque mondiali.

La vera tragedia però accadrà in gara: dopo pochi giri il circuito cittadino è già cosparso d’olio a causa della rottura di una tubazione idraulica della Porsche di Roberto Mieres e le macchine cominciano non tenere più la strada. I 500 km totali sembrano impossibili da raggiungere e infatti il pilota locale Armando Garcia Cifuentes vola tra la folla uccidendo sette persone e ferendone oltre 40. Gli altri piloti non sono al corrente della tragedia e in testa la lotta è tra Moss e il suo compagno in Ferrari Masten. Al sesto passaggio sotto al traguardo Moss alza il piede e Masten transita per primo. Ma è bandiera rossa e l’inglese ha intenzionalmente fatto passare l’avversario perchè conscio ormai della sospensione della gara. Masten reclama la vittoria ma Moss, primo nell’effettivo momento della bandiera rossa ha un’idea: i due si prendono i premi in denaro e poi dividono in parti uguali. Moss risulta vincitore del Gran Premio, il suo avversario è comunque soddisfatto. Se avessero portato in direzione corsa la questione, non avrebbero probabilmente più visto un singolo dollaro e, in quelle bizzarre, esotiche gare, i premi restano pur sempre il grosso della motivazione.  

Il Gran Premio di Cuba del 1958 così è un disastro sotto tutti i punti di vista per Batista: i rivoluzionari di Castro mettono a segno il rapimento del pilota più famoso di tutti i tempi e i titoli dei giornali non parlano d’altro, la tragedia in pista con le vittime e i feriti fa il giro del mondo, Cifuentes, in ospedale tra la vita e la morte, viene accusato penalmente di strage. 

Quel 23 febbraio resterà nella storia, per la debacle totale per il presidente di Cuba ma anche per la vittoria più improbabile per Sir Stirling Moss e l’avventura più incredibile per Juan Manuel Fangio consegnato, sano e salvo, all’ambasciata argentina pochi minuti dopo la conclusione della gara.