MotoGP qualifiche Austin: i segreti di Capitan America

MotoGp

Guido Meda

Marc Marquez (foto: motogp.com)
marquez

L'EDITORIALE. La sessantasettesima pole di Marquez arriva nella sua seconda casa. Della pista sa tutto e alla sua moto fa fare quello che vuole. Vinales a un soffio ma con margine. Rossi deve puntare sulla costanza sperando che gli altri si danneggino a vincenda. La festa “relativa” di Lorenzo.

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LA GRIGLIA DI PARTENZA

Quella di Marquez è la quinta pole ad Austin su cinque qualifiche disputate in cinque anni. E’ la classica superiorità imbarazzante, la classica superiorità che ha a che fare con l’abilità del pilota più che con la qualità della moto che guida. Il COTA si presenta più lento del solito; le buche danno il loro fastidio, la temperatura è scesa, l’umidità è al 90%. Ne consegue che il grip è compromesso. Niente di meglio per Marc Marquez che tra le curve texane usa la moto come se fosse un’appendice del suo corpo. Che vada dritta o di traverso lui sa cosa fare. Durante le libere però cade anche lui, assaggia il limite, lo intuisce, lo fissa per evitarlo, come ha sempre fatto in passato. Ma la sua qualifica non è più la solita passeggiata di salute. E’ una strada un po’ in salita e a stabilire la pendenza è un’altra volta Maverick Vinales.

Vinales si è preso la libertà di stare davanti a tutti nell’ultimo turno di libere utile. I successi si costruiscono anche mandando messaggi di questo genere. Nel suo caso è utile mettere pressione a Marquez, mettergli le ruote davanti, magari di poco. Fargli capire insomma che farà di tutto per evitargli la fuga solitaria. A Maverick guidare la Yamaha riesce naturale. Non è sulla moto, ma NELLA moto, proprio come Marquez, con la differenza che la Yamaha è più equilibrata e nasconde il margine di Vinales.

Marquez sbanda, spancia, sgomma, si riprende per miracolo; Vinales guida, pulito, vellutato, veloce, senza rischi, come se il limite della Yamaha fosse ancora lontano. Ecco perché ancora non è ora di tirarlo via dalla qualifica di favorito. Dove Marquez fissa il confine, lui lo raggiunge come un’ansia costante che preme sul petto dell’altro.

Sul passo gara Marquez ha il vantaggio dell’esperienza e del cronometro. Gli viene facile e immediato. Ma Vinales che gli parte accanto dalla seconda casella farà il possibile per arrivare davanti alla prima curva, per stare lì nei primi giri, per sfiancarlo, per portarlo ad un consumo delle gomme che gli crei qualche difficoltà. E’ quello che spera perlomeno, contando magari sulla presenza di Rossi nei paraggi.

Valentino in prima fila è proprio la sorpresa dell’ultim’ora. Sul passo ha ancora da lavorare e molto con il team. Nelle fp4 non ci ha nemmeno provato. Troppo scivolosa la pista per rischiare di buttarsi per terra. I frammenti della sua prestazione li devi cercare qua e là in quei giri singoli sparpagliati in ogni turno che fanno un passo plausibile. Non è al livello di Marquez e Vinales, è più con Pedrosa, nella fascia immediatamente dietro. E aspetta di poter vivere la gara per metterci del suo. E non crediamo di sbagliare immaginando che lui e Pedrosa sperino in una personale battaglia tra Marquez e Vinales per approfittarne. E’ la costanza del risultato e dei podi la garanzia più solida di cui Rossi dispone in questo momento, aspettando le gare europee a lui più favorevoli.

Austin invece dovrebbe essere l’ultima pista favorevole alla Ducati prima di tornare in Europa. Così si diceva almeno. E invece solo Dovizioso ha raccolto qualcosa di buono quando ha potuto, ed è servito proprio questo sabato a Jorge Lorenzo per diventare la prima Ducati in griglia. Fatte le debite proporzioni ha fatto anche stavolta il martillo, nel senso che ha girato molto, cercando confidenza, perfezionando ancora l’ergonomia, centrando il passaggio alla Q2. La soddisfazione manifestata poi al team per la sesta casella è stata addirittura eclatante. Una specie di festa che ci dice come tutto sia relativo e che ci dice come Lorenzo si sia tutt’altro che arreso.