Avete presente Marquez? Quello del motociclismo 3.0

MotoGp

Guido Meda

Prendetela come provocazione se volete, ma la teoria per cui a Brno tutti quelli che non erano Marquez si siano resi protagonisti di disastri tattico strategici non è convincente. Serve un'altra lettura

Rossi, Dovizioso, Iannone, la Yamaha, la Ducati, la Suzuki, che probabilmente pagheranno caro a fine anno il vantaggio che Marquez ha messo insieme a Brno, in realtà hanno semplicemente provato a fare al meglio quello che sanno fare i team della MotoGP allo stato attuale. Niente di più e niente di meno. Non sono abituati alla fretta e la necessità di rientri anticipati distrugge i loro meccanismi di gente che in casi come quello ha automatismi radicati e poco collaudati.

Prima di dire che tutti quelli che non sono Marquez hanno fatto dei pasticci imperdonabili, bisognerebbe dire che solo Marquez ha fatto una cosa speciale, per tempistiche, modalità, furbizia e persino di educazione del suo box alla reattività. Marquez ha contagiato la sua metà del box Honda, e insieme stanno varando il motociclismo 3.0, anni luce avanti sui tempi degli altri nei pochi casi in cui serve e frutta punti. Pochi magari, ma cruciali... magari.

Il rammarico semmai è quello di non essersene resi conto prima, nelle molte dimostrazioni (tra le quali qualcuna anche discutibile) che lui ha dato nel tempo. Il limite, o l'asticella, in MotoGP è già altissimo, mai visti tanti fenomeni vicini e in un colpo solo. Lì, in pista insomma, Marquez si può battere. Per riuscire a tenerlo dietro quando qualche fatto tipo un pit stop ribalta le abitudini è un’altra storia. Se c'è da interpretare la MotoGP come la F1, lui lo sa fare e lo ha insegnato alla sua squadra, mentre gli altri vivono pensando che la moto è la moto e la F1 è la F1. Ora è Marquez ad avere la visione.