MotoGP, GP Argentina: Ducati, fughe in avanti e vecchi contrasti

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Paolo Lorenzi

La squadra bolognese è sempre stata brava a esplorare le possibilità concesse dal regolamento tecnico. A cominciare dalla categoria Open per finire con le tanto discusse appendici aerodinamiche. Ma questo ha provocato l’ostilità degli avversari, Honda in testa.  

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Se c’è una qualità che non manca certo alla Ducati è la capacità di vedere prima degli altri le possibili aree di sviluppo e di saper cogliere le opportunità che il regolamento consente. Un atteggiamento che in passato ha spesso irritato gli avversari, Honda fra tutti, guardiana, per certi versi, dell’ortodossia regolamentare (fino a quando va bene a lei, bisognerebbe però aggiungere). Il primo motivo di screzio risale al 2014. Quell’anno la Ducati annunciò a sorpresa l’iscrizione del suo team ufficiale alla categoria Open, per sfruttarne le concessioni regolamentari (quindi serbatoio più grande e 7 motori in più). La Honda, contraria, ottenne infine l’iscrizione tra le squadre ufficiali della Ducati che mantenne però i vantaggi Open, per via della mancanza di risultati. Un colpo di genio, il primo di una serie che include anche il contributo decisivo allo sviluppo del software unico del 2016 e che vede il suo apice nel capitolo aerodinamico. Parliamo delle famose ali comparse sulle moto di Dovizioso e Iannone nel 2015 e poi ridimensionate, guarda un po’, per volontà della Honda, due anni dopo. Il 2017 inaugurò un regolamento più restrittivo, con appendici contenute. Ma la Ducati soprese ancora una volta tutti, portando un’ennesima evoluzione vincente, a metà stagione, quando ormai nessuno poteva più rilanciare. Fu un successo, anche politico. E la conferma di una reattività non comune. Ma forse qualcuno ha deciso di porre definitivamente un freno a questa sorta di creatività regolamentare. Giusta o sbagliata che sia.