Superbike, l'analisi di Max Temporali: "Le gare non si vincono solo sul dritto"

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Max Temporali

Avere un super motore non basta per vincere le gare: più cavalli hai da usare, più è difficile scaricarli a terra. E Bautista in questo è il migliore dei ducatisti, come confermato a Portimao, circuito dove Rea era imbattuto da 9 gare consecutive

SBK PORTIMAO: REA 1° AL MATTINO, A BAUTISTA GARA 2

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"Conta molto di più la ciclistica del motore", mi hanno sempre detto i meccanici, anche se, avere un bel motore, aiuta sui lunghi rettilinei. Come la Ducati V4 spazzolasse Kawasaki e Yamaha sul dritto di Portimao, era evidente: sembravano dei settemezzo contro l'unico mille, e fu la sensazione che provai anch'io lo scorso anno ad Assen quando scesi dalla Panigale (di serie!) per provare la verdona Superbike…

Da fuori sembra tutto facile, pare che basti un super motore per vincere con la pipa in bocca, ma non è così. Più cavalli hai da usare, più è difficile scaricarli a terra. Soffrono di più ciclistica e gomme, la messa a punto richiede un lavoro ancora più scrupoloso da parte dei tecnici e il pilota deve essere in grado di sfruttare il potenziale guidando sopra ai problemi. Una moto che ha più potenza, sarà più complicata da mettere a punto e anche da guidare; mano a mano che si sale con la cavalleria, si perderà sempre di più il concetto di “moto perfetta” e comparirà l’effetto collaterale con cui bisognerà convivere. Bautista, in questo, è il migliore dei ducatisti, lo dimostra anche il punteggio in classifica, con bottino doppio rispetto a Davies (399 contro 204 punti); credo che l’esperienza in MotoGP gli consenta di strapazzare il suo V4 senza subirlo, d’altronde guidava potenze ben superiori a quella attuale e con sofisticazioni tecniche maggiori. In più la sua squadra ha sicuramente trovato uno standard di messa a punto che gli consente di lavorare solo sulle rifiniture. Chi banalmente continua a credere che Bautista e la Ducati vincano per il motorone, ha una visione limitata a ciò che succede sul rettilineo e cioè, nel caso di Portimao, su appena 835 metri di tratto, con quella "rampa" da quinta e la moto che si impenna a 250 all’ora, che nessuno di noi sarebbe capace di affrontare in pieno...

Restano poi quasi 4 km di curve, di staccate, di sali-scendi, dove invece conta la stabilità, l’equilibrio tecnico, la facilità di guida e Kawasaki resta il riferimento. Siamo di fronte a due moto con caratteristiche estremamente opposte che, se invertite fra i piloti, farebbe certamente più in fretta Bautista ad abituarsi all’intuitività della verdona, che Rea alla mostruosità del V4. Come molti di voi sapranno, la velocità di punta è strettamente legata alla percorrenza dell’ultima curva e quella di Portimao, insieme a Phillip Island, è la più veloce del mondiale, tutta in discesa. Nella classifica degli intertempi, Bautista va come un razzo nell’ultimo settore della pista, mentre Rea, a 2 decimi e mezzo, è solo ottavo, dietro anche ad Haslam e Torres con la stessa moto. Penso dunque che il #1 soffrisse nel punto che a Bautista riusciva meglio, aiutato poi dai muscoli della Panigale in quell’accelerazione da quarta-quinta-sesta. Ci vuole l’onestà di applaudire il bel lavoro fatto dal Team Aruba Ducati, che ha vinto sulla pista meno indicata per le sue caratteristiche e dove Rea era imbattuto da 9 gare consecutive.