Max Biaggi a Sky Sport: "Io e Rossi due cretini a farci la guerra sui media"

MotoGp

intervista di Paolo Beltramo

©Motorsport.com

Biaggi non è solo il vincitore di 6 Mondiali (4 titoli iridati consecutivi in 250 e due in Superbike). Max è una leggenda del motorsport e un'icona italiana nel mondo. Nell'intervista a Sky racconta la sua vita: dagli inizi della carriera ("Fino a 18 anni non sapevo nulla delle moto, non sapevo chi fosse Agostini, poi è stato un colpo di fulmine") fino ai successi in pista e alla rivalità con Rossi ("Siamo stati due cretini a farci la guerra tramite stampa anziché chiarirci a quattrocchi")

LA CARRIERA DI MAX BIAGGI

Insieme ad un mito come Phil Read è il pilota che nella storia del Motomondiale ha vinto più titoli in 250, per lui addirittura 4 consecutivi (dal 1994 al 1997, tre con Aprilia e uno con Honda, unico ad esserci riuscito con due marchi differenti). È tra i soli 3 piloti, con John Kocinski ed Alvaro Bautista ad essere riuscito a conquistare almeno un titolo sia nei GP, sia nelle gare per le derivate di serie (Superbike, 2 nel 2010 e 2012, Aprilia). È stato popolarissimo e divisivo, amato e odiato, non viene dalla zona tipica dei piloti di moto (è nato a Roma il 26 giugno del 1971), ha rotto molti schemi, ha cominciato a correre tardi e assolutamente per caso senza avere un esempio in famiglia, né aver mai pensato alle moto e prima di iniziare la sua carriera neppure sapeva chi fosse Giacomo Agostini. Eppure a 51 anni è ancora una presenza fissa alle gare, appassionato e sereno, con sempre qualcosa da raggiungere, da aggiungere al suo curriculum invidiabile, ricco. Sì, stiamo parlando proprio di Max Biaggi e questa è l'interessante, divertente, sincera, ricca intervista che ci ha rilasciato. "Ciao, ce la facciamo in una ventina di minuti, vero?". Che dovevo fare, se non dire di sì? Poi, però, siamo stati al telefono poco meno di un'ora. Perché quando si comincia a parlare di quegli anni e di quelle gare, di quei GP e di quelle vittorie, delle difficoltà e della passione, dei sogni e delle lotte per renderli realtà, di sentimenti e ricordi con uno come Max non si smetterebbe mai. Anche perché col suo modo di fare e soprattutto di essere, ha reso un sacco di stagioni indimenticabili, tessendo quel filo di passione comune che lega, indissolubile, impossibile da spezzare chi li ha vissuti. Ed è stata una chiacchierata interessante, divertente, bella perché l'uomo Max è stato anche troppo nascosto da quel pilota tosto e a qualcuno poco simpatico.

Max Biaggi fa parte delle "MotoGP Legends"

Oggi tutti iniziano da giovanissimi, ma anche quando hai cominciato tu eri una specie di mosca bianca, perché l'amore per le moto l'hai scoperto al bar e a 18 anni, nel 1989...

"Sì, è stato un colpo di fulmine. Fino a quel momento delle moto non sapevo nulla, non mi erano mai interessate, non sono nato nella terra dei motori, non conoscevo niente di piloti, corse, marche, neppure – mi scuso – piloti romani come Pelletier, Massimiani o altri. Neanche mai sentito il nome di Giacomo Agostini, non avevo idea che esistesse... Pensa tu com'ero messo! Buio totale! Eppure quel pomeriggio al bar Andrea Doria quando è arrivato il mio amico Daniele in sella ad una fantastica, elegante, bellissima Yamaha Tz 250 con un casco rosso e la tuta... mi sono innamorato, è stato un vero e proprio colpo di fulmine! Se quel giorno a quell'ora non mi fossi trovato in quel posto chissà cosa avrei fatto nella mia vita. Era destino, una favola scritta da uno scrittore visionario, matto che mai e poi mai avrei immaginato di vivere"

E poi, cos'è successo?

"Siamo andati a Vallelunga e ho iniziato subito a girare bene, mi sentivo nato per quello. Così ho deciso di correre: allora e anche nei primi anni Vallelunga mi sembrava il massimo, un tracciato fantastico, assoluto come fosse Sepang o Imola... All'inizio mio papà Pietro mi ha appoggiato e aiutato facendo anche da meccanico, eravamo soltanto noi due, ma non avevamo idea... Partivamo con una conoscenza meccanica pari a zero. Avevamo una Honda Nsr 125 per la Sport Production alla quale abbiamo tolto fari, frecce, specchietti, cavalletto, ma nulla più. Eppure andavo forte, così mi ha notato l'Aprilia e anche un meccanico ha detto a mio papà che potevo fare bene e ho vinto 6 gare su 7"

Da quel momento le cose hanno cominciato a girare nel senso giusto?

"Mi ha preso il Team del Rio Matteoni, ho corso al posto di Doriano Romboni con l'Honda 125 e dopo una ventina di giri guidavo come quelli dei GP: non volevo crederci... Devo molto a Fabrizio Cecchini, una persona speciale per me, gli dico grazie"

Cecchini e Aprilia hanno creduto in te e nel 1991 hai vinto l'Europeo 250, questo ti ha permesso di esordire nel Mondiale direttamente in quella categoria saltando la 126

"Diciamo che ero fuori età massima per correre in 125. In quegli anni, 1990 e 1991, Loris Capirossi era già 2 volte campione del mondo. Vero che aveva stabilito il record di più giovane campione della storia (record che è ancora suo, ndr), ma io ho deciso di rischiare andando subito in 250. Era più intrigante, più seguita in Italia e negli anni successivi, quando le corse sono passate da Tele+ alla Rai infatti la 500 faceva due milioni e mezzo, due milioni e ottocentomila spettatori, mentre la 250 ne faceva quattro e mezzo/cinque. Vero che c'è stata una generazione di piloti fortissimi e italiani come me, Cadalora, Capirossi, Romboni, Locatelli, Lucchi, Rossi e altri come Harada, Okada, Waldmann, Ruggia, Jacques, Ukawa... Insomma la 250 era un richiamo irresistibile per un pilota. Infatti ci ho corso anche per ben 3 stagioni da campione del mondo senza andare in 500 appena vinto il primo titolo anche se il mio obiettivo era quello di arrivare e vincere anche là. Fin dal primo giorno sogni di correre con i grandi"

Diciamo che 4 Mondiali consecutivi vinti ti hanno anche reso famosissimo

"Volente o no, se sei di Roma, dal niente diventi importante e vinci con Aprilia cioè con un marchio italiano nel periodo nel quale Aprilia voleva dire Scarabeo e tutto un mondo colorato, vivace, vincente che parlava la nostra lingua..."

©Ansa

Molto più avanti, nel 2010 e 2012 hai anche vinto 2 titoli nella Superbike, sempre con Aprilia

"Avevo smesso da una stagione, ma mi attirava l'idea di correre in una categoria completamente diversa da quelle dove avevo gareggiato fino allora, che non conoscevo e dove non avevo idea dei miei avversari. Io guidavo usando uno stile pulito, senza ondeggiamenti o 'numeri'. La Superbike era una moto più pesante, a 4 tempi, con più cavalli e sempre di traverso, che si muoveva e si doveva domare. Una sfida che mi ha attirato, stimolato e che ho vinto"

 

Peraltro vincendo alla tua prima gara...

"Sì, con una Suzuki del Team di Francois Batta. Io ero specialista in quell'approccio vincente ad una nuova stagione e spesso anche categoria. Pensa che ho vinto la prima gara nel '94, '95, '96 e '97 in 250, nel '98 a Suzuka con la Honda del team Kanemoto in 500 e nel 2007 in SBK. Credo che il segreto fosse la mia concentrazione su quell'obiettivo: per tutto l'inverno mi preparavo pensando al prossimo campionato e a quella prima gara, allenandomi molto"

Chi sono stati i tuoi avversari più tosti?

"Il primo anno in 250 direi Cadalora, poi Harada e quindi in 500 Doohan e Rossi. In SBK i due Troy, Corser e Bayliss"

 

Siamo arrivati a quel 1998 col tuo esordio spettacolare in 500. Soltanto un grande come Jarno Saarinen 25 anni prima di te era riuscito a ottenere pole, giro veloce e vittoria al primo contatto con una 500. Raccontaci un po' il tutto.

"La gara giapponese è andata benissimo e avevo battuto Doohan, che era il super-campione di quel periodo. E per una buona parte di stagione sono stato in testa al campionato"

 

Poi, però hai 'litigato' con la Honda e sei andato alla Yamaha. Forse se fossi rimasto alla Honda, con il senno di poi vedendo che Doohan si è ritirato proprio in quel 1999, avresti magari vinto molto di più...

"Non ho litigato. Semplicemente l'allora capo della HRC (Honda Racing Corporation), Shinozaki, mi aveva promesso che l'anno successivo, proprio il 1999, avrei avuto una moto ufficiale. Poi mi ha detto che avevo capito male, che avevo interpretato erroneamente le sue parole. Insomma mi ha preso per il culo. Quella sera a Suzuka noi avevamo il motore 'big-bang' a scoppi regolari, mentre c'era anche il cosiddetto 'streamer' che era più competitivo, aveva anche un miglior freno motore e più avanti mi ha detto che il mio era meglio eccetera. Insomma, non esiste: così quella volta ho valorizzato l'uomo rispetto al puro pilota. Secondo me non basta essere capaci di andare a 300 all'ora o curvare a 250, nella vita se sei un uomo, sei un uomo. Sono contento di quella scelta, la rifarei. Se guardi ciò che ho fatto e come ho vissuto 25 anni di un sogno. E anche adesso sto fisicamente bene, corro, vado in bici, scio, ogni tanto guido una moto da corsa"

Bravo Max. E invece il rapporto con Rossi lo vivresti ancora con quell'approccio aggressivo come quella sera a Suzuka nel 1997, quando sei passato davanti al tavolo dove insieme a Valentino c'eravamo noi della stampa e gli hai detto: "Quando parli di me, prima sciacquati la bocca"?

"Allora. Quella volta io avevo risposto perchè aveva detto 'meglio un giorno da Rossi che cento da Biaggi'. Insomma ad un'azione corrisponde una reazione. Da lì in poi è stato uno sguazzarci soprattutto di voi giornalisti, anche se ammetto che un po' vi abbiamo aiutati... Adesso però penso che siamo stati due cretini a farci la guerra tramite stampa anziché chiarirci a quattrocchi come avremmo potuto fare"

Max Biaggi sul podio con Valentino Rossi a Valencia nel 2004 - ©Ansa

C'è qualcosa che cambieresti nella tua vita da pilota?

"Non sono mai riuscito a godermi del tutto le mie vittorie, i momenti. Mi limitavo ad un 80-85% senza mai lasciarmi andare al massimo, in modo totale. Vincevo, ma pensavo già a cosa fare per vincere la prossima gara, conquistavo un titolo e ero già impegnato nel campionato successivo. Ecco, avrei dovuto lasciarmi andare un po' di più. Ma era anche una conseguenza del mio fare tutto da solo senza manager e aiuti simili"

 

Lo dico con un bel po' d'invidia: come mai hai sempre avuto fidanzate famose e bellissime?

"Te l'ho detto: vivere a Roma è diverso. Se diventi famoso finisci per frequentare un ambiente dove personaggi pubblici, gente della TV, del cinema, della musica sono la norma. Incontravo belle donne e le cose accadevano così, naturalmente, senza che volessi farle accadere in modo forzato. Io comunque non ha mai fatto il saltimbanco: stavo sempre con queste persone almeno uno o due anni fino a quattro o addirittura otto. Sono tutte state storie importanti per noi. Adesso invece vedo che molti cambiano molto più spesso e in fretta"

Max Biaggi con Eleonora Pedron a Monte Carlo nel 2014 - ©Motorsport.com

Dopo il ritiro hai anche avuto un tuo team in Moto3

"Nei quattro anni di questa attività abbiamo vinto 8 gare, almeno una ogni stagione e con quattro piloti diversi. Sono abbastanza soddisfatto di questa esperienza"

 

Nel frattempo sei anche riuscito ad ottenere un pazzesco record mondiale di velocità per moto elettriche: 470 km/h con la Voxan, un marchio monegasco della Venturi Automobiles...

"Per riuscirci ci abbiamo lavorato per qualche anno, anche se in sordina, senza dirlo. Abbiamo usato un motore Mercedes da 475 cavalli. Prima le cose andavano bene, ma non benissimo, poi da un anno all'altro abbiamo migliorato di 100 orari, da 340/350 a oltre 400... E allora abbiamo capito che avremmo potuto fare un record fantastico. Nel 2020 siamo arrivati a 408 km/h, nel 2021 fino a 470 su una pista del Kennedy Space Center in Florida"

 

E com'è andare così forte con una moto di meno di 300 chili?

"È una sensazione impossibile da descrivere a parole. All'inizio i numeri scorrono via velocissimi, poi quando arrivi a 445-450 km/h aumentano con una lentezza esasperante fino a toccare quella velocità assurda, una cosa senza senso, incredibile. E fatta con ruote da 17”, quelle di una MotoGP, così come le gomme Michelin"

 

Insomma non ti sei mai fermato...

"Nel mio vivere ho sempre avuto voglia di ambire a qualcosa di assoluto, è il segreto della vita per me. Lo diceva anche Ayrton Senna che se smetti di sognare non hai più stimoli"

Adesso sei un 'ambasciatore' del marchio Aprilia, quello che hai amato di più nella tua vita professionale e sportiva

"Vado molto d'accordo con Massimo Rivola e con tutti in Aprilia. Qualcuno c'era già quando correvo io. Quest’anno ci sarà un team satellite e credo che avere un secondo team, con due piloti altrettanto forti, possa rappresentare un valore aggiunto, che permetterà di evolvere più velocemente"

 

Hai due figli, un maschio e una femmina. Niente moto per loro?

"I figli sono la mia gioia perenne. Lei ama il basket, lui il tennis. Per ora è così. Le mie preoccupazioni non riguardano lo sport, ma la vita: trovare il giusto percorso, la scuola più adatta. Con la loro mamma siamo separati, ma ci sentiamo ogni giorno. Genitori lo si è per sempre"

 

Alla fine di questa chiacchierata mi sembra di capire che sei una persona felice, realizzata e senza rimorsi

"Io direi che sono sereno, questa è la cosa più importante. La serenità è la base, la felicità è un acuto della serenità"

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