La Lancia Stratos per gli appassionati di rally è una sorta di divinità su quatto ruote. Si tratta della prima vettura progettata specificamente per gareggiare nei rally dell'allora Gr.4 dall'ingegner Nicola Materazzi, con cui Lancia vinse 3 campionati del mondo costruttori dal 74 al 76. Siamo saliti a bordo, indimenticabile!
La storia
La Lancia Stratos nacque per sostituire la Fiat 124 e si trattava di una vera supercar. Il telaio era una monoscocca di acciaio a cui si congiungevano avantreno e retrotreno, dove trovava spazio il V6 Ferrari impiegato anche sulla Dino. Le potenze con gli anni passarono dai 190 CV dell’esordio ai 400 della versione sovralimentata. La linea resta ancora oggi evocativa e unica nel suo genere, con un notevole studio volto a massimizzare l'efficienza aerodinamica. Bertone ha forse realizzato una delle auto capaci di invecchiare senza perdere un briciolo di fascino. La ciliegina sulla torta è la livrea Alitalia che è diventata quella per antonomasia quando si pensa alla vettura.
Per l'omologazione ne vennero prodotte un numero ancora oggi imprecisato tra le 400 e le 500 unità. Una volta che finalmente fu pronta per prendere parte alle competizioni non mancò di stupire anche in pista nel Gr. 5 e nel rallycross.
Saliamo a bordo
Potersi sedere a bordo di una di queste auto rimane ancora oggi una delle esperienze più viscerali che si possano provare. La sola impostazione dell'abitacolo è qualcosa che scuote profondamente la consapevolezza di ogni individuo sano di mente. Schiena contro il propulsore e una tenda in nomex a proteggere l'abitacolo dalle fiamme. La testa non sbatte sul tetto per pochi cm e le ginocchia, se siete troppo alti, sono contro la plancia pronte a essere spezzate in caso di impatto. Ancora, le spalle battono una contro l'altra tra pilota e navigatore e parlare di visibilità è relativo su questa vettura.
Bastano, però, pochissimi metri percorsi a tutto gas durante la prima accelerazione per scordarsi di tutto questo e essere rapiti prima da un sound celestiale, vibrante e intossicante e poi dal resto del mondo che scorre veloce, con l'allungo del motore, dal sottile parabrezza, fino alla punta dei finestrini. Quasi non vi capacitate della spinta che questo motore è in grado di offrire, della connessione che avete con l'auto anche senza volante tra le mani, con le vibrazioni e il rimbalzare delle sospensioni sulle sconnessioni più dure.
È in questo faccia a faccia che vi raggiunge il pensiero di quando magari guardavate vecchi VHS dove un tizio di nome Sandro Munari la lanciava su neve, sterrato e asfalto a velocità folli e vi rendete conto che razza di persona dovesse essere non solo mentalmente, ma anche fisicamente per riuscire a domare un'auto dura, ignorante e sicuramente pensata per concentrarsi sulle proprie performance lasciando il compito di fare il pilota al pilota e basta.
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