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NBA, disastro New York: chi salverà i Knicks?

NBA

Dario Vismara

Carmelo Anthony, miglior marcatore dei Knicks a 22.1 punti di media (Foto Getty)
knicks

La franchigia della Grande Mela ha perso 9 delle ultime 10 partite e, tra problemi in campo e fuori, ha toccato il fondo per l’ennesima volta

Passano gli anni, ma la storia sembra non cambiare mai: per l’ennesima volta i New York Knicks – dopo i proclami estivi (vi ricordate la storia del Super Team?) e dopo aver dato la breve sensazione di essere indirizzati quantomeno verso la parte buona del record di vittorie – sono crollati di nuovo nei bassifondi della lega. Sembra passato una vita intera, ma solamente a Natale Carmelo Anthony e compagni si trovavano quattro partite sopra il 50% di vittorie (pur con l’aiuto di un calendario molto favorevole) e si giocavano il terzo posto nella Eastern Conference ospitando i Boston Celtics al Madison Square Garden. Quella partita, invece di lanciarli, ha rappresentato il primo passo verso un baratro di nove sconfitte nelle ultime dieci partite, di cui l'ultima sprecando un vantaggio di 10 punti negli ultimi due minuti e mezzo contro i Philadelphia 76ers. Ora, invece dell’agognato terzo, i Knicks occupano l’undicesimo posto a Est, a due partite e mezza di distanza dall’ottava posizione occupata dagli Washington Wizards. Ma c’è qualcosa di ancora più particolare nel modo in cui la franchigia della Grande Mela finisce per perdere. È come se i blu-arancio sentissero la necessità di essere una squadra perdente in maniera spettacolare, inventandosi percorsi sempre nuovi e diversi per arrivare poi alla stessa destinazione: un record negativo.

Il crollo dei singoli – Passando in rassegna il roster, si fa fatica a trovare un giocatore che sia in condizioni psico-fisiche accettabili. Carmelo Anthony appare sempre più fuori dal progetto, continuando a mettere su i soliti numeri (28 punti in tre quarti contro i Sixers ieri notte, zero nell’ultimo), ma mostrando un nervosismo evidente, che nella sconfitta casalinga contro i Pelicans gli è valsa la terza espulsione stagionale (nessuno ne ha avute di più in NBA) e che nella notte lo ha portato a definire “inaccettabile” la sconfitta con Philadelphia. Derrick Rose sta attraversando un complicato momento personale e, per colpe in gran parte sue, è costretto ad affrontarlo sotto gli occhi di tutti, visto il modo in cui ha gestito l’assenza alla partita con New Orleans. Il campo poi ha raccontato di un Rose positivo a livello individuale (25 punti stanotte con canestri cruciali nel finale di partita) ma comunque negativo a livello difensivo e di squadra (anche stanotte -21 di plus-minus), e prima del “caso” a fare notizia era stata la scelta di Jeff Hornacek di lasciarlo in panchina negli ultimi quarti contro Milwaukee e Indiana. Persino Kristaps Porzingis, unico raggio di sole nelle ultime quattro annate senza neanche uno spiraglio di playoff, è alle prese con dei problemi al tendine d’Achille che lo stanno fortemente limitando, come ben visibile dalla tripla sbagliata nell’ultimo possesso contro i Sixers, in cui ha scheggiato a malapena il ferro. Anche le nuove acquisizioni estive (Joakim Noah, Brandon Jennings, Courtney Lee, Kyle O’Quinn) stanno facendo fatica a dare un contributo, se non proprio positivo, quantomeno non negativo.

Difesa, difesa, difesa – Nelle ultime settimane coach Jeff Hornacek si è presentato davanti ai microfoni dicendo chiaramente che il problema dei Knicks è difensivo, e potrebbe essere più strutturale che di impegno – il che è ancora più preoccupante. “I ragazzi ci stanno provando, ma mi sa che proprio non siamo abbastanza forti difensivamente. Devo trovare qualcuno che difenda un po’ di più”, le parole quasi sconsolate del coach. Le statistiche parametrate su 100 possessi ci dicono che nelle ultime dieci partite quella dei Knicks è la quart’ultima difesa NBA (110 punti concessi), ma non è che in attacco le cose vadano poi molto meglio, visto che ne producono solo 103.3 (25esimi nella lega, tirando sotto il 50% di percentuale effettiva) per un differenziale di -6.7 – peggio di loro fanno solo i cugini di Brooklyn e i derelitti Miami Heat. Anche Courtney Lee, la guardia presa apposta per compensare le mancanze difensive di Rose e Anthony, non le ha mandate a dire: “Il modo in cui perdiamo le partite è imbarazzante. Nessuna scusa. È solo colpa nostra. Questa m***a è imbarazzante. Deve iniziare tutto dalla difesa, dobbiamo cambiare la nostra mentalità”.

Phil Jackson dove sei? – In tutto questo marasma, fa ancora più rumore l’assenza di commenti ufficiali da parte di Phil Jackson, che riceve 15 milioni di dollari all’anno dal proprietario James Dolan per essere (anche) la faccia della franchigia e mantenere salda la presa sul timone mentre la nave affronta la tempesta. Invece non una parola pubblica è stata pronunciata sul caso-Rose – i Knicks si sono limitati a multarlo in maniera standard per una partita saltata, trattenendogli 1/110 dello stipendio, che nel caso della point guard equivale a 200.000 dollari – e la sempre velenosa stampa di New York non ha mancato di farlo notare in più di un’occasione, mettendolo di fronte alle sue colpe visto che si tratta “della sua squadra, del suo allenatore, del suo caos”. Ecco, forse è proprio questa la condizione strutturale dei Knicks: il caos. E neanche uno che in carriera ha vinto “Eleven Rings” è riuscito a mettere un freno alla spirale verso il basso in cui i Knicks sono crollati nel nuovo millennio – solo un turno di playoff superato negli ultimi 16 anni – e da cui nessuno sembra in grado di risollevarli.