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I premi di metà stagione di NBA.com

NBA
Russell Westbrook e James Harden, ex compagni e rivali per il premio di MVP (Foto Getty)
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Arrivati alla boa di metà stagione, abbiamo fatto una breve riunione all'interno della redazione confrontandoci su chi dovessero essere i tre candidati e il vincitore dei sei principali premi che la NBA assegna ogni anno. Queste sono le nostre scelte.

MVP

Mauro Bevacqua: Russell Westbrook, Oklahoma City Thunder

Al momento scrive 30.8 punti, 10.7 rimbalzi, 10.5 assist di media, cifre che lo renderebbero l’unico giocatore nella storia capace di eguagliare l’Oscar Robertson versione 1961-62, chiudendo un’intera stagione in tripla doppia di media. I suoi Thunder orfani di Durant, poi, vincono comunque (24-17) in un one-man-show che non ha eguali nella lega. Sorry Harden, come non premiare Russ?

Dario Vismara: Kevin Durant, Golden State Warriors

Un conto è mettere su cifre irreali avendo sempre il pallone in mano, un altro è farlo giocando in una delle squadre più talentuose di sempre. KD sta viaggiando solamente di poco sotto la “solita” media per punti (26 attuali contro i 27.4 delle 9 stagioni in maglia Thunder), ma lo fa mantenendo l’efficienza più alta della carriera (59.3 di percentuale effettiva). In più ci aggiunge una ritrovata presenza difensiva, specialmente in aiuto (1.7 stoppate, massimo in carriera). Il tutto con nuovi compagni, ambiente, situazioni e soprattutto pressioni dal mondo esterno. Sicuri che non abbia i suoi argomenti?

Stefano Salerno: James Harden, Houston Rockets

Beh, vincere conterà pure qualcosa. E Houston lo sta facendo più e meglio dei Thunder, con il Barba protagonista indiscusso. Di punti ne segna poco meno di Westbrook (28.6), ma con una True Shooting del 61%, ben al di sopra del 54 di Russ. E poi gli 11.7 assist (record by far di carriera) erano quello che mancava a completare l’arsenale offensivo del miglior attaccante della lega. Con la gara da 95 punti (53 realizzati e 41 assistiti) messa a referto in tripla doppia contro i Knicks il primo gennaio, ha toccato vette raggiunte solo da Wilt Chamberlain nella storia NBA. Si sa, chi domina a Capodanno...

La scelta della redazione: Russell Westbrook

Most Improved

Bevacqua: Giannis Antetokounmpo, Milwaukee Bucks

L’unica controindicazione (al premio) è che aveva cifre già ottime lo scorso anno, diventate però strabilianti quest’anno. Al massimo in carriera sostanzialmente in ogni categoria statistica, e i suoi Bucks sono da playoff.

Vismara: Bradley Beal, Washington Wizards

Perso nel brutto inizio di stagione degli Wizards è passato sottotraccia anche il salto di qualità compiuto dalla guardia di Washington, che ha incrementato di 5 punti la sua media stagionale (da 17.4 a 22.4) migliorando l’efficienza (54.5% effettiva, 40% da tre) e il coinvolgimento offensivo (26.4 di Usage, 3.7 assist su 36 minuti). Le 35 partite disputate in quintetto finora pareggiano il totale della stagione passata: non diciamolo troppo forte, ma se la salute lo assiste...

Salerno: Isaiah Thomas, Boston Celtics

Il playmaker dei Celtics, già All Star la passata stagione, sembrava aver raggiunto l’apice di una carriera su cui avrebbero scommesso in pochi. L’incredibile stagione del numero 4 invece sta riposizionando per l'ennesima volta i suoi obiettivi. Da 22 a 28 punti di media, realizzati con la miglior percentuale reale in carriera (61.3) e da tre (37.9). Canestri pesanti, spesso arrivati nel quarto periodo (non a caso ribattezzato “The King of the Fourth”), decisivo nel guidare Boston al terzo posto a Est. il tutto dall'alto dei suoi 175 centimetri (a star larghi): se non lo merita lui...

La scelta della redazione: Giannis Antetokounmpo

 

Difensore

Bevacqua: Draymond Green, Golden State Warriors

Perché andrebbe riconosciuto il suo modo di essere decisivo sulle sorti di Golden State. Spesso con una giocata difensiva nel finale, come i recuperi contro Bucks e Pelicans e le stoppate contro gli Hawks (due, su Schröder e Bazemore). Primo nella NBA per deflection e terzo per tiri contestati, come dice coach Steve Kerr: “Può difendere contro chiunque”.

Vismara: Rudy Gobert, Utah Jazz

La sua ascesa è coincisa con quella degli Utah Jazz, che nonostante mille problemi fisici danno l’assalto a uno dei primi quattro posti nella Western Conference potendo contare sulla miglior difesa della NBA (101 punti concessi su 100 possessi). Un dato che nei 1.400 minuti da lui disputati - più di chiunque altro in squadra - scende a 99.3, con gli avversari che tirano il 42.6% nei pressi del ferro su undici tentativi a partita (il secondo, Myles Turner, si ferma a 9.6, concedendo però il 51%) se c’è lui a pattugliarlo. Semplicemente, il miglior “rim protector” della lega.

Salerno: Kawhi Leonard, San Antonio Spurs

Tra i maggiori indiziati non può non esserci Kawhi Leonard, vincitore in back-to-back negli ultimi due anni del premio. A guardare le statistiche fa sorridere il fatto che il Defensive Rating degli Spurs peggiori quando il numero 2 è in campo (da 105.4 quando è sul parquet al 95 quando va a sedersi in panchina). Semplice da spiegare: gli avversari ormai fanno ricorso a misure drastiche, come quella adottata dai Bulls che nella sfida dello scorso 9 dicembre sacrificarono Jimmy Butler, confinandolo nella cosiddetta Kawhisolation. Meglio giocare 4 vs. 4 non coinvolgendo il proprio miglior attaccante, pur di non dover affrontare Leonard. Uno spauracchio contro cui nessun attacco vuole avere a che fare.

La scelta della redazione: Rudy Gobert

 

Sesto uomo

Bevacqua: Patty Mills, San Antonio Spurs

Per la sua candidatura avanza un fin qui ottimo +17 di net rating (97.5 quello difensivo, quattro punti ancora meglio di quello di squadra), e gli Spurs sono +15.7 con lui in campo, mentre solo +4.4 con lui fuori. Quando c’è Tony Parker i dati fanno registrare rispettivamente +7.7 e +11.1: sicuri che non sia l’australiano il migliore nel ruolo?

Vismara: Eric Gordon, Houston Rockets

Difficile trovare un “Robin” migliore per “Batman” Harden: tira col 40% da tre coi piedi per terra e va ancora meglio quando deve crearsi la tripla da solo (44%, addirittura il 52% dopo due palleggi). In più, il rendimento della squadra migliora quando c’è lui in campo, sorprendentemente anche nella metà campo difensiva. È costato tanto in free agency, ma sta andando perfino oltre le più rosee aspettative.

Salerno: Lou Williams, Los Angeles Lakers

Unico nella storia NBA in grado di segnare 137 punti complessivi in quattro gare consecutive uscendo dalla panchina (curiosamente tutte perse dai Lakers), il numero 23 è la maggiore spinta propulsiva della panchina più prolifica dell’intera lega (tanto che Luke Walton lo ha provato in quintetto nel derby perso contro i Clippers). Diventare irrinunciabile sin dalla palla a due potrebbe essere l’unico modo per impedirgli di vincere il premio.

La scelta della redazione: Eric Gordon

 

Rookie

Bevacqua: Joel Embiid, Philadelphia 76ers

Per meriti suoi (sta avendo ottime cifre e anche impatto sulla squadra) e anche perché senza tantissima competizione nel resto della lega. No contest il premio a Joel “The Process” Embiid.

Vismara: Malcolm Brogdon, Milwaukee Bucks

L’unico a poter tentare di tenere testa al fenomeno di Philadelphia, perfetto complemento del Giannis & Jabari Show di Milwaukee grazie all’intelligenza, il sorprendente atletismo e l’eccellente 45% da tre con i piedi per terra. Già visto in tripla doppia a fine dicembre contro Chicago, Jason Kidd ormai gli regala oltre 30 minuti a sera.

Salerno: Brandon Ingram, Los Angeles Lakers

Meno maturo di quello che si potesse immaginare, è il rookie che sta trascorrendo più tempo sul parquet (quasi 28 minuti). I margini di crescita sono enormi, così come le sue potenzialità. Basterà saperlo aspettare.

La scelta della redazione: Joel Embiid (non scherziamo)

 

Allenatore

Bevacqua: Mike D’Antoni, Houston Rockets

Vince (a mani basse) il premio anche in rappresentanza di James Harden, che avrebbe tutto per mettere le mani sul titolo di MVP. Sta sublimando tanto il suo sistema di gioco, quanto quello pensato da Daryl Morey, grazie a giocatori dalle perfette caratteristiche per farlo.

Vismara: David Fizdale, Memphis Grizzlies

Nonostante la carta d’identità del roster, gli infortuni che si sono accumulati e l’inesperienza come capo-allenatore, il coach dei Memphis Grizzlies guida una macchina che continua ad andare oltre le aspettative, potendo vantare gli scalpi di quasi tutte le migliori squadre della NBA, tra cui gli Warriors (due volte). Il 12° net rating della lega (con la seconda miglior difesa) si trasforma nel terzo migliore nei finali di partita, dove i Grizzlies hanno raccolto 17 delle loro 25 vittorie stagionali.

Salerno: Steve Kerr, Golden State Warriors

Migliorare la squadra col record più vincente della storia NBA non è impresa semplice, anche ricevendo in dote Kevin Durant. Al momento gli Warriors hanno chiuso un solo match in stagione con meno di 23 assist a referto; ben 27 volte invece sono andati oltre quota 30. Gli Spurs secondi ne hanno messe insieme soltanto sette. La più bella sinfonia suonata a ritmo di passaggi e canestri sui parquet della lega.

La scelta della redazione: Mike D’Antoni