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NBA, anteprima playoff: San Antonio – Memphis

NBA

Stefano Salerno

In tre degli ultimi quattro incroci playoff gli Spurs hanno passeggiato contro i Grizzlies, vincendo sempre 4-0. Nel 2011, però, Memphis è riuscita a vincere il primo turno, battendo la testa di serie n°1 San Antonio. La domanda sorge spontanea: è davvero così scontato il risultato di questa serie?

Negli incroci che la solita competitiva Western Conference ci propone già dal primo turno, ce n'è uno che non risulta di certo nuovo. Anzi. San Antonio Spurs e Memphis Grizzlies si ritrovano l'una di fronte all'altra per la quinta volta nella post-season e le roboanti vittorie dei texani in tre delle ultime quattro occasioni (con gli Spurs sempre vincenti 4-0), allontanano il ricordo dell'unico successo Grizzlies, una delle tre volte nella storia NBA che la squadra che ha chiuso la stagione al primo posto ha poi perso contro l'ottava. Quest'anno San Antonio e Memphis si sfidano da seconda contro settima, proprio come accaduto 12 mesi fa: in quel caso gli speroni passeggiarono senza troppo fatica nelle quattro partite giocate, vincendo la serie con uno scarto medio di 22 punti, lucrando su assenze e infortuni che avevano rimaneggiato il roster dei Grizzlies per tutta la regular season, in una sfida conclusasi con le lacrime d'orgoglio di coach Dave Joerger. Quest'anno all'appello invece manca “solo” Tony Allen, fuori a causa di un problema al polpaccio e non in grado di svolgere la sua missione speciale: provare a contenere e limitare la versione 4.0 di Kawhi Leonard, in continua evoluzione e il cui attacco in isolamento è diventata la vera novità degli Spurs, sempre profondi e con a disposizione la miglior panchina per produzione dell'intera NBA. Le partite dei playoff però spesso le decidono i campioni e gli MVP: Kawhi ha dimostrato di poter essere anche questo.

Stato di forma delle squadre

Memphis arriva a passo lento alla post-season, vincente in sette delle ultime 21 gare e scivolata rapidamente fuori dalla corsa al quarto posto che a febbraio sembrava poter riguardare anche gli uomini di coach Fizdale. Più forti Clippers e Jazz, più motivato Russell Westbrook; la squadra del Tennessee ha quindi staccato il piede dall’accelleratore e proseguito a un'andatura di crociera, in parte necessaria per tirare il fiato in vista della post-season. Se si parla di riposi, però, non si può non fare riferimento a Popovich e ai suoi "metodi" che anche i vari Tyronn Lue e Steve Kerr hanno deciso di applicare (generando un mare di polemiche). Gli Spurs sono riusciti per la prima volta a conquistare in due stagioni consecutive almeno 60 partite, confermandosi (nel primo anno dell'era post Duncan) come la squadra più vincente degli sport professionistici americani dell'ultimo ventennio, alla 18^ regular season consecutiva da almeno 50 successi (e nel '99 a limitarne il numero fu soltanto il lockout che ridusse le partite). Il lupo perde il pelo, ma non il vizio.

I precedenti

Nelle quattro sfide stagionali ha sempre vinto la squadra di casa, con Memphis brava a limitare a 98.2 punti su 100 possessi la produzione offensiva di San Antonio, che esce con un differenziale negativo dai quattro incroci. Nel primo disputato in Tennessee, l'attenuante è stata l'assenza di Pau Gasol e Kawhi Leonard, mentre nella seconda partita persa dai texani a fare la differenza ci ha pensato il solito trio di casa: Marc Gasol-Mike Conley-Zach Randolph, con il terzo diventato l'arma da sfruttare a partita in corso in uscita dalla panchina. Se si parla di riserve però, non si può non pensare a quelle degli Spurs, che garantiscono il miglior impatto sulla gara di tutta la lega: un +8.9 di Net Rating che contro Memphis però è diventato -4.5, così come il -20 aggregato raccolto da Manu Ginobili, il peggior dato dell'argentino in stagione contro una singola avversaria. Una cosa è certa: la 27^ contro la 28^ squadra NBA per pace, non potevano che disputare la sfida con il minor numero di possessi tra gli otto incroci playoff (90.1).

Punti di forza e deboli

I Grizzlies, in una stagione di esplosione offensiva generale della lega, sono una delle sole quattro squadre NBA ad aver migliorato il proprio rating difensivo rispetto alla passata regular season (da 105.4 a 104.5): un dato che lascia ben sperare soltanto in parte, visto che tra prima e dopo l'All-Star Game la difesa di Memphis è peggiorata di ben 6 punti (da 102.8 a 108.8, dal 4° posto al 20°). A livello difensivo poi, il paragone contro gli Spurs difficilmente regge: San Antonio è prima per rating difensivo su base stagionale (100.9) e soprattutto ha concesso 101.6 punti nelle 26 gare contro i dieci migliori attacchi NBA, di gran lunga la migliore in tutta la lega. A questo i texani sommano poi un attacco da 108.8 punti su 100 possessi, dalla selezione di tiro tanto anacronistica quanto efficace: gli Spurs infatti sono la squadra che tira di più dalla media distanza (eresia!), ma allo stesso tempo sono quella dalla miglior percentuale nei tiri fuori dal pitturato (40.5%). Un dato che parametrato sul valore effettivo, però, colloca San Antonio soltanto al 6° posto, visto che gli Spurs sono una delle sette squadre NBA che hanno tirato di più dal mid-range che da tre. Un mare di dati e cifre a testimoniare il fatto che Gregg Popovich non ha snaturato la sua concezione d'attacco, puntando forte dalla scorsa estate su LaMarcus Aldridge e non vietando certo a Leonard di giocare dalla media distanza. Diversificare l'attacco rende meno prevedibile il tiro dall'arco, che quando arriva è davvero di pregevole qualità: i nero-argento sono primi sia per percentuale da tre punti di squadra (39.1%) che in quella nelle situazioni di catch-and-shoot (40.9%). Riempire gli angoli, far circolare velocemente la palla e ricordare sempre che rinunciare a un buon tiro può significare generarne uno eccellente (“good-to-great”): passano gli anni, ma gli Spurs restano sempre gli stessi.

Matchup

Lo scontro più intrigante è quello tutto in salsa catalana sotto canestro tra i fratelli Gasol, con Marc che negli anni ha conquistato definitivamente lo scettro di "migliore dei due" (nonché di leader tecnico in quel di Memphis), mentre Pau, al primo anno in maglia Spurs, si è visto nel corso delle settimane scavalcato da un Dewayne Dedmon diventato candidato credibile al ruolo di difensore dell'anno, oltre che titolare al suo posto durante l'infortunio dell'ex-Bulls. Le fortune dei texani come al solito passano dalla panchina, oltre che dalla condizione fisica di Tony Parker, mai sembrato così appannato e in difficoltà come quest'anno, ma che più volte nel corso delle stagioni è riuscito a cambiare marcia quando arriva la post-season. I Grizzlies d'altro canto invece vanno alla disperata ricerca di continuità in fase realizzativa, ultimi per percentuale dal campo, da due e nel pitturato: una squadra che non può fare a meno di Mike Conley, senza il quale nel post All-Star Game precipita a -13.3 punti su 100 possessi. In realtà, il quintetto Conley-Allen-Carter-Green-Gasol nelle ultime settimane ha fatto la differenza per Memphis, in grado di superare gli avversari di 19.6 punti quando loro scendono sul parquet. Tony Allen adesso però non c'è, così come il lungodegente Chandler Parsons: il quintetto senza entrambi più utilizzato è rimasto in campo per soli 75 minuti, battendo gli avversari di oltre 21 punti. Pochi, ma buoni. Con la speranza che possano reggere anche in prospettiva playoff.