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NBA, Golden State mai in difficoltà: è 2-0 su Utah

NBA

Curry, Durant e Green combinano per 83 punti e gli Warriors guidano dall’inizio alla fine anche gara-2, vincendo 115-104. Ai Jazz non bastano gli sforzi di Hayward (33 punti) e Gobert (16+16)

Basterebbe anche solo questo dato per spiegare l’andamento della serie tra Golden State Warriors e Utah Jazz: nei 96 minuti disputati finora nelle prime due gare, i padroni di casa sono stati avanti nel punteggio per 94 minuti e 8 secondi, il punteggio è rimasto in parità per 1:52 e gli ospiti non sono mai, neanche per un secondo, stati in vantaggio alla Oracle Arena. Eppure gli Utah Jazz, a differenza di gara-1, dopo essere sprofondati a -20 nel primo quarto sono rimasti quasi sempre “a contatto” nel punteggio, vincendo il secondo e il terzo quarto per 67-59 e oscillando sempre tra gli otto e i dodici punti di scarto nel secondo tempo, tenuti in piedi dagli sforzi di un Gordon Hayward da 33 punti con 11/21 al tiro e la doppia doppia di Rudy Gobert da 16 punti e 16 rimbalzi. Sembrerà poco, visto che i Jazz hanno comunque finito per perdere 115-104, ma è un minimo passo in avanti rispetto alla prima partita: di questi tempi, contro questi Warriors schiacciasassi (21 vittorie nelle ultime 22 partite disputate), bisogna aggrapparsi a qualsiasi appiglio per non farsi sommergere dalla marea.

Ritmo insostenibile

Gli Warriors hanno messo in chiaro fin da subito il loro dominio sulla gara, iniziando con un 12-3 di parziale nei primi tre minuti di gara che si è poi ampliato fino a toccare il massimo vantaggio sul 33-13. A propiziare la partenza a razzo dei padroni di casa sono state le quattro triple su quattro tentativi di un Draymond Green scatenato, capace poi di chiudere con 21 punti, 7 rimbalzi, 6 assist e 4 recuperi nonostante questa volta — a differenza della regular season — l’allenatore Quin Snyder abbia avuto l’accortezza di non pungolarlo in conferenza stampa. La bocca chiusa del coach dei Jazz non è comunque servito a evitare la grande prova di Green, uno dei cinque giocatori in doppia cifra degli Warriors con i primi due, ovviamente, che non potevano che essere Kevin Durant e Steph Curry. Le due stelle di Golden State sono stati entrambi estremamente efficienti al tiro (25 punti con 6/13 dal campo per KD, 23 con 8/15 e 5 triple per Curry) e in doppia cifra nel plus-minus (+12 il primo, +15 il secondo) con 7 assist a testa sui 33 di squadra, a cui si sono aggiunti i 6 di un Klay Thompson da 14 punti e i 4 di Andre Iguodala (anche 10 punti e 5 rimbalzi nei suoi 34 minuti in campo). I cinque del “Death Lineup” sono stati i quintetto più utilizzato da coach Mike Brown, rimanendo in campo assieme per 11 minuti e producendo un eccellente +22.6 di Net Rating, con l’80% dei canestri assistiti (a fronte del 7% di palle perse), il 60.4% di percentuale reale e soprattutto un ritmo altissimo vicino ai 120 possessi — insostenibile per una squadra lenta come gli Utah Jazz, che in stagione ne hanno tenuti meno di 92. Segno che a Oakland si gioca al ritmo che impongono i padroni di casa, e non c’è molto che gli avversari possano fare per contrastarli.

Paura per Draymond

Pur con così tanti extra-possessi a disposizione, propiziati anche dalle 17 palle perse di Golden State, i Jazz non sono riusciti a dominare sotto i tabelloni avversari (solo 5 rimbalzi offensivi in tutta la partita, 44-39 il vantaggio Warriors in gara-2), una condizione necessaria per poter avere una speranza su un campo così difficile. Invece l’attacco di Utah è rimasto alla fine spuntato nonostante la grande prova di Hayward e i 14 punti di Shelvin Mack, partito in quintetto al posto di George Hill ancora alle prese con un problema all’alluce sinistro. L’unico momento di vera preoccupazione per Golden State è arrivato a 7:24 dalla fine, quando Draymond Green è rimasto a terra dopo una penetrazione senza riuscire a rialzarsi per rientrare in difesa, tenendosi per qualche secondo il ginocchio sinistro prima di tornare sulle sue gambe negli spogliatoi per farselo controllare. Fortunatamente per lui e per gli Warriors si è trattato solo di un falso allarme, permettendogli di rientrare dopo soli due minuti di assenza per chiudere la partita regolarmente in campo. Dopo aver perso Steve Kerr probabilmente per il resto dei playoff, sarebbe stato un colpo troppo duro da sopportare anche per una squadra che ha già messo una grossa ipoteca sul passaggio alle finali di conference.