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Draft NBA 2017, il consiglio di Durant: “Non andate alla combine”

NBA

Dieci anni fa Kevin Durant fu l’unico prospetto che non riuscì a sollevare 84 kg alla panca piana. Secondo i trainer doveva essere il primo degli esclusi: è diventato un Hall Of Famer

La prossima settimana a Chicago ci sarà la combine NBA, le prove fisiche e atletiche a cui vengono sottoposti i prospetti più interessanti in vista del draft del prossimo 22 giugno per essere valutati, misurati e schedati. I risultati dei test vengono poi resi pubblici, formando così una sorta di ranking in cui di anno in anno vengono fuori dati impressionanti rispetto alle sempre più sviluppate doti atletiche, fisiche e di resistenza dei ragazzi che sognano un posto in NBA. Chi ricorda non con particolare piacere quella selezione è Kevin Durant, unico giocatore del suo anno a non essere in grado di sollevare neanche una volta il bilanciere da 84 chili alla panca piana. Una selezione che lo vide arrivare 78° sugli 80 partecipanti, di gran lunga peggiore del brillante e statuario Greg Oden che era in lizza con lui per il posto da prima scelta assoluta. Adesso, a distanza di 10 anni, il n°35 di Golden State non ha ancora dimenticato l’umiliazione di quei test a detta sua inutili. Per questo, intervistato al termine dell’allenamento di ieri dei suoi Warriors, ha consigliato senza esitazione ai migliori prospetti di questa stagione: “Non andate”. Malik Monk, Lonzo Ball e Johs Jackson resteranno a casa e secondo l’ex giocatore dei Thunder è la scelta più saggia: “Se avete la consapevolezza di poter essere una chiamata da Top-10, con buone possibilità di prendere un contratto garantito, restate a casa, lavorate sodo e cercate di migliorare dedicando all’allenamento tutto il tempo possibile”.

Durant: il primo da non scegliere al draft 2007

Quello di KD infatti fu un calvario, come ha sottolineato il diretto interessato: “Lo ricordo come se fosse ieri; tutti i preparatori atletici veniva da me ridendo. Ridacchiavano tra di loro del fatto che io non fossi in grado di sollevare 84 chili alla panca piana e io ero lì che pensavo: ‘Bravi, ridete adesso. Continuate a farlo’. Per loro era una cosa divertente, visto che ero stato l’unico a non riuscire a sollevare quel peso e stavo continuando a provarci invano. In quei momenti ero molto imbarazzato, ma ripetevo dentro di me: ‘Datemi un pallone da basket per favore. Datemi una dannata palla’”. Una selezione che prende quindi in considerazione dei parametri che poco hanno a che fare con le qualità da dover poi mettere in mostra sul parquet. “Sapevo benissimo che nessuno degli altri ragazzi a disposizione in quel draft avrebbe potuto difendere contro di me uno contro uno. Lo sapevo. Così come ero convinto del fatto che non servisse sollevare un bilanciere per maneggiare al meglio un pallone da basket. La pallacanestro non è il football, in cui questo tipo di valutazioni hanno valore ben diverso. Sapevo di avere molte più qualità di tutti gli altri, così come ero convinto che se avessi continuato a lavorare sulle mie caratteristiche da giocatore, tutte queste stupidaggini del sollevamento pesi alla fine non avrebbero avuto alcuna importanza. Sono stato valutato come il peggiore a quel camp, il primo da non scegliere in quel draft. Questo spiega più di ogni altra cosa quanto valgano quelle c****te”.

“Voglio essere un giocatore di basket, non un sollevatore di pesi”

Valutazioni che secondo il prodotto di Texas non hanno inciso sulla scelta fatta da Portland pochi giorni dopo al draft: “Credo che i Blazers avessero già le idee chiare su chi scegliere. Ma questo racconta molto: sono stato la seconda chiamata assoluta, nonostante non fossi in grado di sollevare quei dannati 84 chili. Questo dimostra che il basket non è quel genere di sport, anzi”. A dieci anni di distanza, la domanda sorge spontanea: Durant adesso riesce a sollevare quel peso? “Non ho provato. So di poterci riuscire volendo, ma ogni volta che lavoro alla panca non spingo mai al massimo. Non ha senso all’interno del mio allenamento”. La combine resta dunque una possibilità da sfruttare soprattutto da chi non ha grande riconoscibilità e deve in tutti i modi provare a mettersi in mostra: “Può essere una buona opportunità per ragazzi che sono in lotta per un posto al primo giro, oppure per mettersi in mostra ed essere scelti. In quel caso conviene andare. Se si ha una consapevolezza diversa, è di gran lunga più utile l’allenamento individuale: ti hanno tenuto sotto osservazione per tutto l’anno, non saranno di certo quei test a cambiare le carte in tavola”. Le parole di Durant restano dure, figlie della delusione evidente che traspare ancora a distanza di un decennio. “Mi sentivo molto abbattuto e demotivato, anche perché tutti avevano qualcosa da ridire a quel punto. Ma mia madre ci ha sempre tenuto a precisare: ‘Tu non sarai mai quel tipo di giocatore, non avrai mai la costituzione fisica di Alonzo Mourning’. Per me non era un problema: volevo essere un giocatore di basket, non un sollevatore di pesi. Puoi saltare anche più in alto di tutti, ma se non sai sfruttare sul parquet le tue qualità, conta il giusto. Lasciamoli giocare  5 vs. 5 oppure uno contro uno: è così che si comprende per davvero quale sia il giocatore migliore”. Gli avessero messo una palla in mano, lo avrebbero capito anche loro che prospetto pazzesco era Kevin Durant.

La sudorazione di Kawhi e le interviste di Morey

Il meraviglioso mondo delle combine in realtà è spesso e volentieri un terno al lotto. Non esiste una scienza esatta per prendere la decisione migliore. KD infatti non è stato l’unico su cui sono state fatte delle considerazioni sbagliate, anzi. Come filtrato ad esempio da indiscrezioni nei giorni scorsi, Kawhi Leonard fu escluso dalla dirigenza di Phoenix non tanto per le evidenti difficoltà nel tiro da tre punti, ma soprattutto per l’eccessiva sudorazione che dimostrava chiaramente irrequietezza e mancanza di carisma e di leadership durante i colloqui del giocatore poi approdato agli Spurs. “Aveva l’abito completamento zuppo”, ha raccontato Lance Blanks, allora neo GM dei Suns. Aneddoti divertenti sono anche quelli cinguettati da Daryl Morey, l’estroso general manager degli Houston Rockets , alle prese con le selezioni di nuove leve per la squadra texana. Il tweet di gran lunga più divertente è quello datato 22 maggio 2013, in cui Morey racconta di un'intervista iniziata con la domanda fatta a uno dei prospetti da valutare sulla possibilità di superare il test antidroga, la cui risposta è stata dopo aver sgranato gli occhi con fare terrorizzato: “OGGI?!?!?!?”. In quel caso evidentemente la valutazione è stata molto più semplice del previsto.