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NBA, dubbio Boston dopo gara-1: non esistono risposte contro LeBron?

NBA

LeBron James dice che né lui né i Cavs hanno disputato "chissà che gran partita". Eppure lo strapotere del n°23 è sembrato evidente, contro ogni avversario, contro ogni marcatura. I Celtics ora si chiedono cosa fare per poterlo almeno limitare in gara-2...

L’opinione di LeBron James sulla vittoria in gara-1 117-104? “Non penso che abbiamo giocato particolarmente bene, stasera”. L’opinione di tutti i Boston Celtics? Decisamente diversa. In particolare proprio facendo riferimento alla gara da 38 punti con 14/24 al tiro, 9 rimbalzi e 7 assist di “King” James, padrone della partita dal primo all’ultimo secondo. Responsabile per 55 dei 105 punti prodotti dai Cavs con lui in campo, titolare di un offensive rating oltre i 130 punti per 100 possessi (+26.5 il net rating con lui in campo, -30.1 nei 6 minuti in cui si è riposato!), 26 dei suoi 34 punti sono arrivati da sotto canestro (20 nel solo primo tempo), zona del campo da cui ha tirato con uno strabiliante ’81.2%. Numeri che, tradotti in parole, dicono che i Boston Celtics sono stati fatti a pezzi dallo strapotere fisico (oltre che tecnico) di LeBron James, che per tutta la serata è stato in grado di andare a canestro a piacimento, di forza prima ancora che di finezza. “James ha messo subito in chiaro che sarebbe andato spesso al ferro, indipendentemente da chi lo avrebbe marcato”, le parole di coach Brad Stevens. E così è stato, infatti. L’allenatore di Boston ha cercato di alternare più marcatori sul n°23 dei Cavs, proponendogli matchup diversi per cercare di metterlo in difficoltà in modi differenti, una volta con la fisicità di un lungo, un’altra con la velocità di un piccolo, un’altra ancora con raddoppi mirati. Non è servito a niente. “Sono sempre stato impressionato dalla sua capacità mentale di leggere il gioco e di riuscire a comunicare ai suoi compagni quello che riesce a vedere, le sue letture difensive e offensive. Sceglie sempre lui quale matchup esplorare, tra quelli che si presentano in campo. Invecchiando guadagni in esperienza e valuti meglio ogni aspetto del gioco. È difficile da credere, ma è più forte oggi di quanto lo fosse quando io sono arrivato nella lega. Molto più forte. Non penso possa migliorare molto ancora, ma è già un grandissimo giocatore”. 

Ci ha provato Crowder…

Il primo a provare a mettersi sulle tracce di un LeBron James riposato (9 giorni di attesa dopo la serie vinta contro Toronto) è stato Jae Crowder, schierato in quintetto nel ruolo di ala piccola da coach Stevens. L’ex Marquette è il primo a fare autocritica, visto che dopo una prima tripla sbagliata, LeBron ha chiuso il primo quarto con 7/7 al tiro: “Devo far meglio per restare a contatto con lui, restare davanti alla palla, ma poi è essenziale che dietro di me lui veda altri corpi, che ci siano pronti gli aiuti dei miei compagni: eventuali raddoppi o aiuti devono essere anticipati, ma poi chi aiuta deve essere anche pronto a recuperare sul suo uomo perché LeBron ha la capacità di pescare sempre il compagno libero”. Più facile da dire che da fare, sicuramente, ma Crowder ha fiducia che in gara-2 le cose andranno meglio: “Analizzeremo il filmato della partita e saremo pronti a proporgli un game plan diverso, cambiando il nostro approccio alla sua marcatura”. 

…ci ha provato Brown…

Se un veterano come Crowder, con la reputazione di essere un ottimo difensore, feroce e fisico, non è riuscito neppure a infastidire l’ispiratissimo James di gara-1, le speranze che ci potesse riuscire una matricola al suo debutto nei playoff erano ancora meno. E invece Jaylen Brown se l’è cavata forse meglio di tutti, a partire da un approccio alla gara (e alla marcatura) sicuramento positivo, senza inutili deferenze verso l’illustre avversario: “Si allaccia le scarpe come me le allaccio io, è solo pallacanestro, non vedo perché dovrei essere spaventato o intimorito. Il mio lavoro è cercare di fargli sudare ogni punto”. Un atteggiamento che dev’essere piaciuto anche a un veterano come Al Horford, che ha consigliato coach Stevens di mandare più spesso Jaylen Brown sulle piste di LeBron in gara-2. “Io sono pronto – la risposta della matricola di California – chiunque sia l’avversario che il mio allenatore mi dice di marcare. Vuole che stia addosso all’uomo che porta l’acqua in panchina? Io lo marco strettissimo, faccio tutto quello che mi dice di fare”.

…e ci hanno provato Olynyk e Horford

Brad Stevens ha provato anche a far sentire a James il corpo di Al Horford, proponendo una marcatura un po’ più statica, oppure una più dinamica con Kelly Olynyk sulle sue tracce. Qualsiasi accoppiamento – se in marcatura singola, senza raddoppi – si è rivelato inefficace. “E probabilmente prenderemo in considerazione l’idea di raddoppiarlo di più – la conclusione dell’allenatore dei Celtics – ma farlo contro un giocatore del genere e contro una squadra del genere è davvero rischioso, perché ti esponi a triple facili dal perimetro e vai in difficoltà a rimbalzo. Mi fa paura pensare di doverlo raddoppiare con continuità, ma forse è necessario”. Perché un’altra gara da 38 punti dominata come l’ha dominata James Boston non può più permettersela, anche se “The Chosen One” avverte: “Essendo stata la prima partita in 10 giorni non è che mi sentissi al massimo. Sono sicuro che mi sentirò molto meglio in gara-2, non vedo l’ora della prossima sfida”. I Celtics sono avvisati.