Danilo Gallinari incontra Flavio Tranquillo a Basket Room e confida di considerare più possibile una vittoria con la nazionale italiana che con i Denver Nuggets. Anche perché "sono a un punto della mia carriera in cui ho bisogno di vincere".
Ospite negli studi di Sky Sport per una puntata speciale di Basket Room, l’ala dei Nuggets e della nostra nazionale (impegnata da fine agosto negli Europei) si è raccontato in una lunga chiacchierata con Flavio Tranquillo che lo ha portato a toccare tanti temi diversi, tra America e Italia. Due stagioni e mezzo a New York, sei e mezzo ormai a Denver (più una in cui non ha giocato per via dell’infortunio al ginocchio), Gallinari è ormai a tutti gli effetti un veterano NBA, status che – insieme a quello economico, che lo vede come il giocatore più pagato dei Nuggets – gli assegna di diritto il ruolo di leader nella squadra allenata da Michael Malone. Un ruolo che lui – con molto candore – sente giù suo, e non da oggi: “Io sono sempre stato un leader, ovunque sono andato, ovunque ho giocato: non ho mai avuto problemi a dire quello che pensavo, ho cercato sempre di tenere assieme la squadra nei momenti più difficili, per me non è niente di nuovo”. Nel corso della sua carriera NBA Gallinari assegna – forse un po’ a sorpresa – un ruolo del genere ad Amar’e Stoudemire, ricordando i pochi mesi in cui i due sono stati compagni di squadra a New York: “Lo era, per il modo in cui viveva la sua professione, per come si prendeva cura del suo corpo, per la presenza costante in allenamento e la capacità di essere vocale, tanto in palestra quanto in campo”. All’arrivo a Denver invece, in mancanza di presenze carismatiche tra i suoi compagni, “direi che il leader fosse George Karl”, responsabilità che invece oggi sente ricadere sulle sue spalle.
Costruire una cultura di squadra
Al proprio leader, più ancora che ai suoi compagni, una franchigia NBA chiede di costruire una cultura vincente – la parola magica di inizio millennio nella lega, innanzitutto attraverso l’esempio: “La costruzione di questa famosa cultura deve partire dall’alto, dalla proprietà e dalla dirigenza – l’opinione di Gallinari – ma poi a mio avviso si crea dopo che per tanti anni ci si qualifica sempre ai playoff o si è sempre vicini alla vittoria (anche senza arrivare a vincere, magari), creando così quella mentalità che permette a una squadra di continuare ad avere risultati di alto livello”. Quei risultati che a Denver erano quasi un’abitudine quando l’azzurro è arrivato in città dopo la trade con New York: “I primi tre anni a Denver sono stati bellissimi perché nella franchigia c’era proprio questo, una cultura vincente: si veniva da un decennio di successi, sempre ai playoff. Poi questa cultura è stata distrutta per via di alcune scelte societarie che hanno allontanato le persone che l’avevano costruita e ora noi stiamo riprovando a tornare a quei livelli, anche perché io sono a un punto della mia carriera in cui ho bisogno di vincere”.
Le chance di vittoria
Se non con i Nuggets (esclusi dai playoff anche quest’anno), che sembrano ancora lontani da pensare di poter competere per il titolo (“per arrivare a vincere un anello poi entrano in gioco mille fattori diversi”), Gallinari si sente più vicino alla chance di vincere qualcosa con la maglia azzurra della nostra nazionale, “perché un’estate in cui va tutto per il verso giusto può succedere”. A meno che, in ottica NBA, per avvicinarsi più in fretta ai vertici il n°8 dei Nuggets non scelga di lasciare Denver e cercare altrove il suo anello. Con il 1 luglio inizia la free agency NBA, per cui la domanda non può mancare. E il Gallo risponde così…