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NBA Finals, la chiave tattica della serie: chi marca Kevin Durant?

NBA

Dario Vismara

Rispetto allo scorso anno, la presenza di Kevin Durant cambia totalmente il sistema difensivo dei Cleveland Cavaliers. Come risponderà tatticamente Tyronn Lue alla presenza dell’ex MVP?

Come tutti sappiamo, quello che sta per cominciare è il terzo episodio in finale tra Golden State e Cleveland, una trilogia mai vista prima nella storia della NBA. Ogni film che si rispetti, però, ha bisogno di novità per mantenere vivo l’interesse, visto che nessuno vuole vedere sempre la stessa storia con gli stessi personaggi anno dopo anno. Ecco allora che nell’equazione che deciderà le sorti del titolo 2016-17 va inserita la variabile delle variabili, quella che marca la vera differenza rispetto allo scorso anno: la presenza di Kevin Durant tra le fila dei Golden State Warriors. Il suo passaggio estivo in California ha cambiato i rapporti di potere all’interno della Western Conference e nella NBA stessa – anche se nei giorni scorsi KD si è difeso dalle accuse di aver “falsato” la competitività della lega dicendo solo “Non è colpa mia se Orlando non va ai playoff e Brooklyn ha ceduto tutte quelle scelte a Boston…” –, ma soprattutto li cambia tatticamente in campo per le due squadre. Perché i Cavs negli ultimi anni hanno potuto preparare difensivamente le loro serie con l’obiettivo principale di arginare Steph Curry, anche a costo di concedere tiri completamente aperti ai vari Andre Iguodala (che nel 2015 vinse l’MVP anche per aver tenuto il 40% da tre in quella serie) e Harrison Barnes (che invece ha chiuso lo scorso anno con un pessimo 31%). A poter godere di quei tiri, ora, ci sarebbe un tiratore del livello di Kevin Durant, uno che di sicuro non si può lasciare smarcato sul perimetro e anzi, costringe la difesa a una marcatura speciale per far fronte alle sue doti realizzative. Proprio la sua marcatura si propone come il dilemma tattico principale della serie: chi si prende cura di Kevin Durant?

La risposta facile: LeBron James

La risposta più semplice è anche la più logica: Durant se lo prende LeBron James. Come già fatto nelle Finals del 2012, il Re è più che in grado di marcare KD e di imporre la sua superiore stazza fisica, che unita all’atletismo e all’intelligenza lo rendono una forza distruttiva anche nella propria metà campo. Il problema è che sono passati cinque anni da quelle finali in cui James dominò un 23enne Durant al suo esordio nelle finali, e tante cose sono cambiate: James non è più il portento atletico che era una volta e deve necessariamente gestire lo sforzo nella sua metà campo, specialmente considerando quanto gli è richiesto di fare in attacco e quanti minuti deve giocare per dare ai suoi una chance di vittoria. Anche ai tempi di Miami, comunque, poteva contare sul supporto del fido Shane Battier, abituato a prendersi cura dell’avversario perimetrale più pericoloso per concedere a LeBron dei possessi di pausa, giocando da “free safety” in difesa. Un ruolo che si è potuto permettere nelle finali dello scorso anno con risultati eccellenti, andando ad aiutare i compagni in difficoltà (16 stoppate nelle 7 partite dello scorso anno) e giocando sulle linee di passaggio (18 palloni recuperati) lasciando libero di tirare l’avversario di turno, anche quando è stato spostato su Draymond Green per disinnescare il pick and roll con Curry – una strutturazione che ha ribaltato la serie in favore di Cleveland. Metterlo a tempo pieno su KD avrebbe il risultato positivo di limitare l’impatto di un candidato MVP di questa serie, ma il rischio di “tassarlo” eccessivamente e ritrovarselo privo di energie per i finali di partita sarebbe altissimo, oltre a provocare l’effetto a cascata sulle altre marcature (sicuri di volere Love coinvolto in ogni pick and roll con Curry e Green?). Per tutti questi motivi, Tyronn Lue avrà bisogno di trovare delle alternative nel corso della serie, utilizzando James solo per le situazioni di emergenza nei finali di gara.

Il precedente della partita di Natale

Le due squadre si sono già affrontate due volte in regular season con i nuovi roster e i risultati sono stati tutt’altro che incoraggianti per Cleveland. Se da una parte la sconfitta alla Oracle Arena po’ essere giustificata dalla lunga trasferta affrontata dai Cavs prima dell’incontro di gennaio e le condizioni non perfette di molti membri del roster, lo stesso non si può dire della partita di Natale. In quella occasione James non venne utilizzato in marcatura su Durant e il numero 35 di Golden State fece il bello e il cattivo tempo, segnando 33 punti con 12 rimbalzi in poco più di tre quarti, portando i suoi fino al +14 e sbagliando solo 7 dei 18 tiri tentati con 9/9 ai liberi. Da lì in poi partì la clamorosa rimonta dei Cavs suggellata dal tiro della vittoria di Irving, ma c’è da scommettere che il ricordo di Durant che terrorizza qualsiasi difensore del roster di Cleveland sia ancora ben presente nella memoria di Tyronn Lue. Soprattutto perché il mercato ha portato delle alternative sul perimetro come Kyle Korver e Deron Williams, ma nessuno dei due è neanche lontanamente in grado di affrontare KD e le alternative rimaste non sono poi molte: J.R. Smith è l’uomo in missione su Klay Thompson, che ha dimostrato di far soffrire in passato; Iman Shumpert è sulla carta il miglior difensore perimetrale della squadra, ma è più a suo agio sulla palla contro guardie più piccole di lui (sulle quali impone il fisico maggiore) rispetto ad ali delle fattezze di Durant, che gli può tirare sulla testa ad ogni occasione; Tristan Thompson, Kevin Love e Channing Frye sono ovviamente troppo lenti, essendo dei lunghi; James e Danthay Jones a questo punto delle rispettive carriere sono poco più dei veterani che sventolano asciugamani in panchina. Tolto Irving per evidenti motivi, rimangono solo due carte in mano a Lue.

Uomini in missione: Richard Jefferson e Derrick Williams

Nella partita di Natale, fu il vecchio Richard Jefferson a prendersi cura di Durant nei possessi finali, costringendolo a una palla persa decisiva sull’ultimo possesso (che a Golden State ancora ritengono sia fallo). Il problema è che Jefferson è finito sempre più fuori dalle rotazioni di Cleveland in questi playoff, disputando solo 95 minuti con quattro “DNP” nella serie con Toronto, fino a guadagnarsi qualche minuto in più nel garbage time delle vittorie con Boston. Mancanza di fiducia da parte di Lue oppure una scelta ponderata di tenerlo “in naftalina” in vista delle Finals? Jefferson si rivelò infatti fondamentale nella serie dello scorso anno giocando minuti importantissimi da “4” nei quintetti piccoli, ma è comunque un veterano che compirà 37 anni nel corso del mese di giugno e aveva già flirtato con l’idea del ritiro, prima di concedersi un altro anno in cui si è divertito a registrare il podcast “Road Trippin’”. Derrick Williams, invece, è definitivamente uscito dalle rotazioni di Lue giocando solamente 28 minuti in questi playoff (anche i due Jones ne hanno giocati 23 e 21…), perché non è dotato né della disciplina difensiva né delle letture tattiche per poter rimanere in campo contro il vorticoso movimento di palla di Golden State, pur avendo teoricamente l’altezza e l’atletismo per darsi una chance contro Durant. Lue forse gli concederà un giro di valzer con KD, ma solo per qualche brevissimo minuto e solo nel caso in cui tutte le altre alternative precedenti non siano andate a buon fine. Il coaching staff di Cleveland potrebbe anche provare a giocare qualche minuto con Irving o Love da “esca” per Durant, portando gli Warriors a dargli palla in isolamento per sfruttare il mismatch ma provocando in questo modo l’effetto indesiderato di bloccare il movimento di palla che ha reso gli Warriors il miglior attacco della regular season. Una tattica certamente rischiosa e da usare con parsimonia, visto che KD è più che in grado di vincere una serie da solo in isolamento, ma che comunque verrà provata in una serie che si preannuncia combattutissima. Perché ogni singolo possesso vale doppio nelle finali NBA, e sul filo sottile degli accoppiamenti si deciderà molto del titolo NBA 2016-17.