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NBA, Adam Silver ci ripensa: è la fine degli "One & Done"?

NBA
Adam Silver e Ben Simmons al Draft 2016 (Foto Getty)
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Il commissioner della NBA ha parlato a lungo della questione dei giocatori che si dichiarano per il Draft dopo un solo anno di college: “Dobbiamo ripensare il sistema per il bene della pallacanestro, così non va. Avete visto il documentario di Ben Simmons?”

Negli ultimi dieci anni, la chiusura della NBA nei confronti dei giovani provenienti dal liceo ha prodotto effetti più o meno desiderati. Uno di questi è stata la creazione degli ‘One & Done’, ovverosia quei giocatori in uscita dal liceo passano un solo anno al college prima di presentarsi al Draft per diventare professionisti. Fino ad ora la regola in vigore – che costringeva i giocatori usciti dal liceo a spendere un anno all’università, in D-League oppure all’estero prima di diventare professionisti per la NBA – era sempre stata ritenuta intoccabile, ma le cose potrebbero cambiare molto presto. “La cosa potrà sorprendere, ma sto riconsiderando la nostra posizione sulla questione” ha dichiarato il commissioner della NBA Adam Silver a The Herd, il programma di Colin Cowherd su Fox Sports USA. “La nostra posizione storica da quando abbiamo portato il limite di età dai 18 ai 19 anni è stata che volevamo salire ulteriormente da 19 a 20. Mentre l’unione dei giocatori ha sempre espresso l’intenzione di scendere da 19 a 18. Nell’ultima negoziazione per il contratto collettivo, Michelle Roberts [capo dell’associazione giocatori, ndr] e io abbiamo concordato di affrontare prima le questioni economiche più pressanti per rinnovare il CBA e tornare poi in un secondo momento sul limite di età. Perché è una questione su cui dobbiamo pensare seriamente, e non bisogna affrontarla nel bel mezzo dell’animosità per il rinnovo del contratto collettivo”.

L’esperienza degli “One & Done”

Silver non si è però fermato a questa a suo modo rivoluzionaria rivelazione. “Penso che non sia giusto definire i giocatori che rimangono un solo anno al college come ‘One & Done’, perché non rimangono nemmeno per un anno intero al college. Dopo essersi iscritti, rimangono a scuola solamente fino a quando non escono dal torneo NCAA, perciò è quasi un ‘Half & Done’”. Uno di questi, forse l’esempio più lampante e più vocale, è stato Ben Simmons, prima scelta del Draft 2016 che non ha denunciato l’ipocrisia del sistema in vigore. “Inviterei tutti a vedere il documentario di Ben Simmons che è stato trasmesso lo scorso anno su Showtime” ha continuato Silver. “Io non lo biasimo: non lo conosco bene e sembra un giovane con una mente brillante, ma aveva una troupe di persone che lo seguivano per tutto il suo anno a LSU. In quel documentario dice ‘Per quale motivo mi trovo qui, visto che non voglio rimanerci? Perché sono costretto a spendere un anno qui?’. La sua squadra non è nemmeno andata al torneo e lui è stato comunque la prima scelta assoluta del Draft. Per questo penso che bisogna ripensare tutto il sistema”. I giocatori destinati alla NBA, infatti, hanno obiettivi diversi rispetto a quelli delle università o anche solo dei compagni: “Dal punto di vista personale, sono un grande fan del college basket e sono preoccupato dal mancato sviluppo negli anni migliori di questi giocatori” ha detto Silver, “perché gli allenatori universitari non hanno più lo stesso controllo che avevano una volta, dato che questi ragazzi sanno che se ne andranno. E le loro quotazioni al Draft non cambiano poi di molto una volta affrontata la stagione al college, perché tutti gli scout e le franchigie li conoscono già da quando hanno 13 o 14 anni, dalle loro esperienze ai camp sponsorizzati o i circuiti AAU. Una volta arrivati al college, questi ragazzi sono quasi più preoccupati a non infortunarsi per non perdere posizioni al Draft piuttosto che vincere il torneo NCAA: gli interessa più come possono mostrare le loro qualità, quanti minuti giocano, le loro condizioni fisiche… Non è una grande dinamica”

La situazione è cambiata

Tra i motivi per cui Silver sta ripensando alla posizione della NBA ci sono le mutate condizioni socio-economiche della lega, perché ovviamente con l’esplosione del cap i giovani sono incentivati a iniziare il più presto possibile la loro carriera da professionisti. “Nel primo anno con la regola del ‘One & Done’, nel 2006, abbiamo avuto solamente due giocatori di quel tipo al Draft. Quest’anno è previsto che ce ne siano venti sui sessanta posti disponibili dei due giri del Draft. Penso che bisogna sederci tutti assieme per rimettere mano al sistema, perché non possiamo cambiarlo senza l’assenso di tutte le parti, ma dobbiamo fare tutti un passo indietro e capire cosa è nel miglior interesse della pallacanestro. Perché se sono solo venti i giocatori che abbandonano presto il college, nelle tre Division della NCAA ci sono 15.000 giovani solamente tra gli uomini, perciò il bacino rimane comunque enorme per i college e ci saranno sempre quei giocatori che ‘sbocciano’ tardi”. Ci sarebbero tantissime altre questioni da affrontare, come ad esempio quale sistema verrà implementato (tipo quello della NFL, con l’obbligo di passare almeno due anni al college nel caso di mancato passaggio al Draft dopo il liceo?), ma il primo passo è stato fatto: l’era degli “One & Done” potrebbe essere arrivata alla fine.