Please select your default edition
Your default site has been set

NBA Draft, alla scoperta di Markelle Fultz: sarà lui la prima scelta?

NBA

Stefano Salerno

Fultz

La point guard in uscita dall'università di Washington è uno dei migliori prospetti a disposizione nel prossimo Draft: un talento sbocciato improvvisamente alla high school, cresciuto di 17 centimetri in meno di un anno che non ha nessuna voglia di fermarsi

“Penso di poter diventare uno dei migliori atleti ad aver mai giocato a basket”. Per descrivere Markelle Fultz, il più quotato dei prospetti per il Draft del prossimo 22 giugno, bisogna partire dalla dichiarazione rilasciata qualche mese fa. Dalla pressione, dagli oneri e onori che porta in dote con sé una prima scelta assoluta; quest’anno in modo particolare, visto che essere scelti per primi permetterà di entrare da subito a far parte di una squadra blasonata e lanciata come i Boston Celtics. Niente macerie da ricostruire, niente gruppo da rilanciare, ma una solida organizzazione che già nella stagione appena terminata ha permesso ai ragazzi di coach Brad Stevens di conquistare la vetta della Eastern Conference e di infliggere l’unica sconfitta playoff lungo la costa atlantica a LeBron James e soci. Il matrimonio tra i Celtics e Fultz è ancora tutt’altro che scontato (come sottolineato anche da Danny Ainge dopo la visita al TD Garden della point guard), anche se i margini di crescita e il talento già espresso in questa stagione dal classe ’98 lo rendono un giocatore difficile da passare, nonostante eventuali problemi di accoppiamento con Isaiah Thomas e in generale rispetto alle necessità del roster di Boston, al quale farebbe comodo un giocatore con altre caratteristiche. Lo scorso anno Ben Simmons è stato soltanto l’ottavo giocatore collegiale dal 1970 a oggi a essere stato scelto alla numero uno al draft nonostante non fosse riuscito a conquistare l’accesso al torneo NCAA. Anche questo dunque, non sembra essere un limite, come confermato anche da Keith Williams, il suo mentore (uno che ha allenato anche un giovane Kevin Durant): la scalata verso l’olimpo del basket NBA può iniziare già dalla vetta.

Storia personale e percorso scolastico: un talento sbocciato in fretta

Un obiettivo non così ovvio da pronosticare e un destino tutt’altro che scontato. Markelle Fultz infatti è sempre stato un tipo stimolato dalle sfide impossibili, come quando da ragazzino sua mamma Ebony gli aveva regalato una mountain bike che presto lo rese un vero e proprio patito delle due ruote. Uno di quelli che salgono sulle ringhiere e sulle sedie in sella alla bici: “Era solito fare dei numeri pazzeschi”, raccontano i suoi amici e i sui parenti, che hanno visto come in breve sia riuscito a trasferire quella dose di sana follia e spettacolo anche nei playground con in mano una palla a spicchi. Nativo di Upper Marlboro, nel Maryland, ha frequentato la DeMatha Catholic High School a Hyattsville, un posto ben lontano dai riflettori e dalle luci della ribalta. Il suo talento però, non è sfuggito agli osservatori dell’università di Washington e di coach Lorenzo Romar ben prima che le sue prospettive cambiassero in maniera drastica dopo aver compiuto 15 anni. Tra il secondo e il terzo anno di liceo infatti, Fultz è cresciuto di 17 centimetri in un amen, cambiando in pochi mesi la tipologia di gioco e le sue prospettive su un campo da basket. A quel punto, diventato ancor più dominante e dopo due anni da protagonista, sono arrivate decine di offerte dai college di tutta America (tra cui Georgetown, Kentucky, Arizona e Maryland), ma Fultz non ha avuto dubbi nello scegliere Washington, visto che gli Huskies erano stati gli unici a interessarsi di lui quando i suoi centimetri erano molti meno. La speranza inoltre era quella di affiancare talenti come Marquese Chriss e Dejounte Murray, partiti però direzione NBA prima che Markelle atterrasse con il suo volo a Seattle. Le aspettative su di lui erano già molto alte (al 4° posto nei Mock Draft datati giugno 2016), ma la point guard non ha faticato a conquistare in fretta un palcoscenico che in poche settimane è iniziato a stargli fin troppo stretto: “Il college basket non gli ha permesso di performare nel migliore dei modi, anzi. Per lui è stato fin troppo facile; alle volte è sembrato quasi annoiarsi”, ha spiegato uno dei suoi trainer, in parte non motivato da una squadra che non è riuscita ad assecondare il suo talento e le sue ambizioni. Nulla però ha scalfito la considerazione attorno a lui; le aspettative sono andate via via crescendo, nonostante sia stato costretto a uscire di scena ben prima dei suoi rivali nella corsa alla NBA, impegnati sul parquet anche a marzo inoltrato. I suoi 23.2 punti e 6 assist di media non sono bastati alla sua Washington per evitare il filotto di nove sconfitte che hanno condannato gli Huskies all’undicesimo posto della Pac-12, ben lontani da una possibile qualificazione al torneo NCAA. Per vincere, in fondo, ci sarà tempo.

Punti di forza: fisico inviadiabile e l'innata capacità di fare canestro

Tra tutti i prospetti in corsa per una chiamata al Draft, Fultz è tra quelli che ha dimostrato di avere più punti nelle mani, spinto da una squadra non competitiva come Washington a dare fondo alle sue qualità offensive, come dimostrato dal 31.3% di Usage Rate, il dato più alto tra le point guard di questo draft assieme al 32.5% di Juwan Evans di Oklahoma State. Il numero 20 degli Huskies è lungo (196 centimetri and counting) e soprattutto dispone di un’apertura alare da 208 centimetri; caratteristica che assieme alla sua fisicità gli permette di giocare vicino a canestro (1.18 punti per possesso in post) e allo stesso tempo di assorbire meglio i contatti in area avversaria. Ha le mani grandi e la necessaria esplosività che gli permette con uno o due passi di arrivare a schiacciare. Un fisico utile anche a livello difensivo: le 1.3 rubate e 1.7 stoppate (parametrate su 40 minuti) ne testimoniano le potenzialità che potrebbero renderlo efficace anche sui cambi difensivi contro avversari più alti (aspetto su cui al momento bisogna ancora lavorare), riuscendo all’occorrenza anche a contestare le conclusioni grazie alle braccia spesso più lunghe di quelle del suo rivale. Un pacchetto già interessante di per sé, a cui si aggiungono le purissime doti da realizzatore: dal palleggio-arresto-tiro al grande controllo del corpo in transizione, sia nel cambio di direzione che nelle variazioni di velocità, utile anche quando si tratta di giocare puntando al centro dell'area anche a difesa schierata. Eurostep e virata sono già nel suo bagaglio tecnico, dote che gli permette di essere nel 93esimo percentile per punti realizzati da pick&roll; qualità utile come il pane in una lega che fa della capacità di sfruttare i blocchi uno dei fulcri della maggior parte degli attacchi della lega. Fultz rende la vita impossibile alle difese perché non ti permette di passare dietro, costringendo il lungo a restargli incollato vista l’ottima capacità di crearsi lo spazio per tentare il tiro a cui unisce eccellenti doti di passatore, in grado di giocare sia a diversi livelli di ritmo che utilizzando angoli sempre nuovi per servire i compagni. Un bagaglio tecnico davvero unico, completato da due colpi eccellenti che sempre più di frequente si vedono sui parquet NBA: la capacità di splittare il raddoppio creando superiorità a proprio piacimento e quella di ribaltare il lato à-la-LeBron, concedendo ai compagni di squadra metri di spazio e tanto ritmo. Un generatore unico di attacco insomma, che potrebbe davvero far comodo a molti.

Punti deboli: le palle perse e quella difesa da migliorare

Non è tutto oro però quel che luccica, visto che di lavoro in realtà ce n’è ancora tanto da fare. L’estrema fiducia nelle sue doti di tiratore infatti lo portano spesso a forzare delle palle perse banali, come quelle messe a referto dopo aver staccato i piedi da terra senza aver bene idea di cosa fare con il pallone; così come quelle frutto di passaggi fatti con leggerezza e spesso reiterati senza che l’errore precedente ne abbia cambiato l’approccio. Inoltre, nonostante le percentuali molto redditizie, Fultz ad esempio non è un tiratore naturale di liberi (65% dalla lunetta) e, pur proponendosi come un giocatore che ama avere la palla in mano, i punti per possesso prodotti quando tira in maniera assistita rispetto a quelli generati in isolamento sono ben 0.616 in più. Per farla semplice: quando gioca lontano dal pallone tira con un'efficacia superiore del 30% rispetto a quando deve crearsi il tiro da solo. Una tendenza manifestata anche quando si trova al cospetto di difensori di primo livello che non gli concedono molto vantaggio nel mettere la palla a terra; il suo primo passo in penetrazione infatti non sempre riesce a fare la differenza e, togliendogli la possibilità di tiro, lo si può limitare in maniera efficace. In difesa inoltre resta spesso sul blocco (soprattutto quelli che lo colgono di sorpresa), risultando poi totalmente estraneo alle logiche di aiuti della squadra che si ritrova spesso e volentieri a disporre di un giocatore in meno. In generale poi è disattento quando si tratta di giocare nella propria metà campo (spesso preoccupato dal pallone, perde di vista il proprio avversario) e non sempre dimostra grande volontà e velocità nel recuperare durante le fasi di transizione. Tutti aspetti che possono essere corretti e che quindi preoccupano il giusto tutti quelli che pensano di scommettere su di lui: con il lavoro Fultz potrebbe davvero diventare un giocatore completo.

Comparison e fit in NBA: da James Harden a D’Angelo Russell

I più lusinghieri lo hanno paragonato in prospettiva a un potenziale ibrido tra James Harden e Russell Westbrook (e a guardare come sono andati in questa stagione sarebbe un affare non di poco conto), mentre i dati sia fisici che a livello di produzione ricordano molto quelli di D’Angelo Russell prima dell'approdo ai Lakers. In quel caso Fultz si rivelerebbe un giocatore poco compatibile con Isaiah Thomas, con cui avrebbe difficoltà a condividere soprattutto la metà campo difensiva in una squadra che per continuare a crescere deve migliorare soprattutto nella protezione del ferro. La stazza potrebbe permettergli di giocare da "2" (quest'anno lo ha fatto Avery Bradley,più piccolo di lui), costringendolo poi inevitabilmente a giocare lontano dal pallone, visto che i Celtics non sono di certo disposti a toglierlo dalle mani di Thomas. Il punto interrogativo più grande nasce proprio da questo: il talento del numero 20 degli Huskies non è in discussione, ma quanto può essere utile da subito alla causa dei Celtics, che tanto vorrebbero un giocatore "già fatto e finito"? Non converrebbe ai bianco-verdi puntare su qualcuno più esperto, magari un'ala in grado di garantire un impatto immediato su entrambi i lati del campo? Lakers, Sixers e Suns sono alla finestra, anche perché è difficile immaginare che venga selezionato oltre la quarta chiamata.