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A un passo dalla morte: Lamar Odom racconta il suo dramma

NBA
Lamar Odom, 37 anni, al party di Los Angeles del sito The Players' Tribune (foto Getty)
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Il due volte campione NBA è tornato a parlare pubblicamente della sua dipendenza dalla cocaina e dei drammi che lo hanno portato vicinissimo alla morte due anni fa. “Il dottore mi disse: ‘È un miracolo che tu sia ancora qui, pensavamo che non ce l’avresti fatta’. Se oggi sono sobrio è solo grazie ai miei figli”

Sono passati quasi due anni da quando Lamar Odom, due volte campione NBA e per quattordici stagioni nella lega, è stato trovato privo di coscienza in un bordello nella zona di Las Vegas. Portato in ospedale in condizioni critiche, all’ex giocatore dei Los Angeles Lakers erano stati diagnosticati dodici ictus e due infarti – ma, per miracolo, è riuscito a salvarsi e ad uscirne vivo dopo una lunga riabilitazione che non si è ancora conclusa. Ieri sul noto sito The Players’ Tribune Odom ha raccontato la sua storia in un articolo scritto in prima persona, nel quale ha dichiarato che in quel periodo faceva uso di cocaina ogni singolo giorno. “Quando il dottore mi ha spiegato cosa è successo mi ha detto ‘Mr. Odom, lei è stato in coma negli ultimi quattro giorni. È un miracolo che sia ancora qui. Non pensavamo che potesse farcela”. Oggi Odom è sobrio, anche se la dipendenza da cocaina non ha smesso di essere presente “e probabilmente non passerà mai. Voglio dire: vorrei sballarmi in questo stesso momento”. A tenerlo sulla retta via è soprattutto la presenza dei due figli, Destiny di 18 anni e Lamar Jr. di 16: “I miei figli sono l’unica cosa che mi fanno andare avanti. Sono sempre stato un tipo grosso e forte, ma quando i miei figli mi hanno visto in condizioni del genere mi ha spezzato il cuore. Quando vedo i loro volti ogni mattina mi ricordo cosa dovrebbe essere importante nella vita. Mi scalda il cuore. Sento l’energia. Sento l’amore. Queste cose mi fanno andare avanti ogni giorno: è come prendere le medicine”.

Done in the dark

Nella lettera a cuore aperto Odom parla anche dei drammi che hanno sconvolto la sua vita: un padre mai presente nella sua infanzia per colpa dei suoi stessi demoni con la droga; una madre persa a soli 12 anni per un cancro; la nonna deceduta attorno ai 24 anni, quando aveva provato per la prima volta la cocaina; la scomparsa del suo miglior amico Jaime; e la sconvolgente morte del figlio Jayden, di soli 6 mesi, mai svegliatosi dopo essersi normalmente addormentato come tutte le sere (mentre Lamar era rimasto fuori per tutta la notte). Da quel momento in poi la vita di Odom, complice anche un deterioramento fisico dopo i 30 anni e sempre meno voglia di allenarsi, è andata a rotoli e la cocaina è diventata la sua soluzione per convivere con l’ansia e col dolore: “Quando avevo 32 o 33 anni, non volevo fare altro che sballarmi. Solo quello. Sono finito in un periodo molto buio: il momento peggiore è stato quando ero in una stanza di motel – io, un milionario che giocava nella NBA – con una ragazza solamente per drogarmi, e la mia moglie del tempo è entrata a sorprendermi. Quello è stato il punto più basso. Quando sei un drogato, niente riesce a farti cambiare. Non ho mai pensato che avrei potuto morire. Non ho mai pensato che potessi finire in coma. Non ho mai pensato che avessi un problema. Ma poi mi sono svegliato in un letto con dei tubi che mi uscivano dalla bocca – e la cosa è diventata reale”. Il titolo del pezzo, “Done in the dark”, fa riferimento a una frase che l’amatissima madre continuava a ripetergli: ““What’s done in the dark will come out in the light”, quello che viene fatto nel buio emerge alla luce. Oggi Odom sta provando a riemergere dall’oscurità in cui si è cacciato con i suoi demoni, i suoi errori e le sue debolezze: “Anche se il mio funerale sarebbe probabilmente un bel funerale, con tanta gente che non si vedeva da molto tempo… non è ancora arrivato il momento. Ho ancora i miei figli. E io sono ancora qui. E dannazione, sono ancora piuttosto bello”.