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Boban Marjanovic, il gigante buono che spaventa l’Italia

NBA

Stefano Salerno

Boban Marjanovic e Bogdan Bogdanovic (Twitter @FIBA)
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Il centro serbo è una delle principali insidie nella sfida che vedrà impegnata l’Italia nei quarti di finale di Eurobasket: un uomo di cuore, prima ancora che uno spauracchio contro cui i ragazzi di coach Messina dovranno faticare non poco

Italia-Serbia, mercoledì alle 20.30 in diretta esclusiva su Sky Sport 2 HD

Già a guardarlo semplicemente camminare in campo, ci si rende subito conto che un tipo così non può essere uno dei tanti. E i 222 centimetri raccontano soltanto in parte il perché Boban Marjanovic è entrato nel cuore di tutti i tifosi che lo hanno abbracciato nelle proprie squadre. “Un ragazzo unico, speciale”, come amavano definirlo tutti i suoi compagni a San Antonio in quella prima metà di 2016 trascorsa agli Spurs. Pochi minuti in campo, ma il passaggio forse più importante della sua carriera, che in questa estate complicata per la nazionale serba lo ha portato a essere uno dei punti fermi della squadra che i ragazzi di coach Ettore Messina (sì, proprio quello che lo ha allenato in Texas) affronteranno mercoledì sera in un Italia-Serbia tutto da seguire in diretta in esclusiva su Sky Sport 2 HD e attraverso il liveblog su skysport.it. Una storia particolare la sua, sbarcato nel mondo NBA quando per molti quelle porte sembrano essere definitivamente chiuse. Rookie a 27 anni in una delle squadre più forti della Lega, rincalzo alle spalle di campioni come Tim Duncan, LaMarcus Aldridge, David West e Boris Diaw. Inevitabile che il suo utilizzo fosse quindi contingentato e ridotto al minimo: dieci minuti scarsi sul parquet, ma il 60% al tiro e un’efficienza seconda soltanto a quella di Durant e Curry. Cifre a loro modo significative, ma difficili da parametrare nell’eventualità in cui il suo utilizzo fosse cresciuto.

Il passaggio ai Pistons e “l’invito” di Popovich

Una scommessa in sostanza, su cui i Detroit Pistons hanno deciso di investire il proprio denaro. Marjanovic infatti nei tre anni da MVP del campionato serbo non aveva riempito più di tanto il suo conto in banca e per gli Spurs era stato un investimento al minimo: 1.2 milioni di dollari per una stagione, con la possibilità di rinnovare poi il suo contratto in estate. La concorrenza dei Philadelphia 76ers poi, pronti a offrire un bel gruzzoletto a Manu Ginobili, costrinse i texani a fare delle scelte, limitando a “soli” tre milioni di dollari l’offerta per Marjanovic, sei volte in meno rispetto ai ventuno messi sul piatto dai Pistons. In molti non avrebbero esitato e neanche il centro serbo lo fece; appena ricevute le proposte infatti, era convinto di restare a San Antonio e rinunciare a tutto quel denaro pur di continuare a farsi allenare da Popovich. Una scelta folle a cui proprio il coach degli Spurs decise di porre rimedio: “È un ragazzo così buono, ma a un certo punto mi sono dovuto fermare e ho dovuto spiegargli quale fosse la differenza tra tre e ventuno milioni di dollari. Gli ho detto ‘Porta il tuo sedere lontano da qui. Vai, devi farlo’. Anche se mi dispiaceva molto”. Appena arrivato a Detroit le sue parole sono state: “Il mio primo pensiero era quello di rimanere in Texas”, a sottolineare come tutti quei soldi non fossero riusciti a fargli cambiare completamente idea.

La Boban-Mania a San Antonio

Quello con gli Spurs infatti era una legame non solo tecnico, ma anche umano, rinsaldatosi dopo che i tifosi dei nero-argento avevano eletto Marjanovic come proprio beniamino. In troppi lo hanno accostato a Frankenstein per le similitudini fisiche, ma il soprannome che Boban ha fatto suo è quello di Bobinator: “Il mio braccio sinistro è come una macchina, proprio come Terminator”, ha scherzato più volte dopo aver definitivamente cambiato l’immagine del suo profilo Instagram. A San Antonio poi era stato un vero e proprio contagio di massa, una Boban-Mania che lo aveva reso il più cercato, il più ambito e il più fotografato, nonostante poi fosse sempre più raro vederlo sul parquet. Alla fine via Twitter alcuni fan aprirono anche un account dal nome “Did Boban Play”, che di volta in volta cinguettava “Yes” o “No”, in base alla sua presenza o meno sul parquet. Un fenomeno stigmatizzato da Popovich, che vedeva in questo una sottile presa in giro per un giocatore che invece ha sempre apprezzato l’abbraccio del pubblico. Un uomo dall’animo gentile, nonostante all’apparenza incuta ben altra impressione. Un totem contro cui l’Italia si ritroverà inevitabilmente a sbattere nella gara di mercoledì, nella quale dovremo fare di necessità virtù, compensando alla mancanza di centimetri con intensità e attenzione. Non farà sconti Boban, per la prima volta protagonista con la sua nazionale. E non farà sconti l'Italia, contro un avversario che da sempre è stato una bestia nera. Che sia questa la volta giusta, con buona pace di Marjanovic?