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Speciale NBA 2017-2018: Toronto Raptors, ancora uniti per puntare alla corona a Est

NBA
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In estate si sono spesi più di 200 milioni di dollari per mantenere intatto il nucleo di una squadra che negli ultimi anni ha sempre assicurato una cinquantina di vittorie a stagione. Il punto ora è riuscire a fare l'ultimo step, e candidarsi al titolo della Eastern Conference

Dopo la secca eliminazione al secondo turno degli ultimi playoff (e per secca si intende un 4-0 che ha fatto male) a Toronto la tentazione di dichiarare esaurito un ciclo, ammettendo l’impossibilità di fare l’ultimo, decisivo passo in avanti, è stata forte. Anche perché sul tavolo del GM Masai Ujiri c’erano due contratti pesanti da valutare, quelli di Kyle Lowry e di Serge Ibaka. La point guard era uscito dall’ultimo anno del suo contratto e attendeva un segnale dalla sua franchigia; l’ala (arrivato a stagione in corso da Orlando) era in scadenza di contratto e per dare continuità andava rifirmato. Nel giro di 48 ore (tra il 2 e il 3 luglio) Ujiri ha preso le sue decisioni, convincendo la proprietà a staccare due assegni da 165 milioni di dollari totali (100 per Lowry, 65 per Ibaka, entrambi blindati per i prossimi tre anni). Non a caso la stessa finestra temporale che vede anche DeMar Derozan a contratto (garantito) fino alla stagione 2019-20 (la stagione successiva è una player option), delineando in maniera chiara il nucleo su cui Toronto punta tutto. In Canada quindi la parole d’ordine prima del via della stagione 2017-18 è ovviamente continuità (come dimostrato anche dall’ultimo rinnovo, quello concesso a Norman Powell, altri 42 milioni di dollari investiti), anche perché gli unici cambi a roster consistono nella sostituzione di DeMarre Carroll (perso a Brooklyn) con C.J. Miles e nell’aggiunta dal Draft di OG Anunoby. La matricola da Indiana – già recuperato, in anticipo sui tempi, dall’operazione ai legamenti crociati anteriori del suo ginocchio destro e quindi a disposizione di Casey fin dalla prima palla a due stagionale – può portare soprattutto difesa e rimbalzi, ma deve migliorare offensivamente, in primis nelle percentuali da fuori. A Toronto avrà modo e tempo di maturare, le fortune dei Raptors per quest’anno riposano sulle spalle dei soliti noti…

RECORD 2016-17: 51-31 (2° Atlantic Division; 2° Eastern Conference; 5° NBA)

PLAYOFF: eliminati in semifinale di conference
(4-2 vs. Milwaukee, 0-4 vs. Cleveland)

OVER/UNDER 2017-18: 48.5 (7°)  

Roster

KYLE LOWRY | Delon Wright, Fred VanVleet
DEMAR DEROZAN | Norman Powell
C.J. MILES | OG Anunoby, Bruno Caboclo
SERGE IBAKA | Pascal Siakam
JONAS VALANCIUNAS | Jakob Poeltl, Lucas Nogueira

ALLENATORE: Dwane Casey

GM: Masai Ujiri

Tre domande per raccontare la stagione dei Raptors

Rinnovi e continuità: la scelta giusta da parte della dirigenza?

Spesso la continuità – i San Antonio Spurs degli ultimi vent’anni, i Golden State Warriors dell’ultimo lustro sembrano lì a dimostrarlo – è ritenuta fattore importante per i successi di una squadra. Toronto sembra confermare l’assunto: attorno alla coppia Lowry-DeRozan, con Casey in panchina, i Raptors per 4 anni hanno sempre migliorato il loro record (34, 48, 49, 56 vittorie, dal 2013 al 2016). Per questo motivo la scorsa stagione – senz’altro ancora positiva, 51 vittorie e il raggiungimento delle semifinali di conference – in parte è stata anche un campanello d’allarme, perché per la prima volta negli ultimi 5 anni i canadesi hanno fatto un passo indietro. Il primo segnale di un calo inevitabile, per un gruppo che forse ha già raggiunto il suo picco più alto, o semplicemente un caso? Con la permanenza incerta di LeBron James a Cleveland (e nella Eastern Conference), Toronto – con Boston e Washington – nei prossimi tre anni più ancora puntare a recitare da protagonista, tornare in finale di conference (come fatto nel 2016) e magari sognare il primo, storico approdo alle finali NBA.  

Come sarà gestita la transizione a un nuovo stile di gioco offensivo?

La prestagione, si sa, dà indicazioni che valgono il giusto, ma nel caso dei Toronto Raptors un’occhiata già alla prima gara ufficiale (il 1 ottobre contro i Clippers) nasconde un dato che non può essere catalogato come una coincidenza: 43 triple tentate, totale toccato non nelle 82 partite dello scorso anno ma nei 23 anni di storia della franchigia. Episodio isolato? Tutt’altro: quattro giorni dopo, contro Portland, ne tentano una in più, 44, stabilendo un nuovo record (roba da far invidia agli Houston Rockets…). Per il momento ne segnano poche (sotto il 30% in entrambe le uscite, il dato dello scorso anno li vedeva al 36.3%, 13^ squadra NBA) ma quello che conta è il cambio di filosofia offensiva annunciato e messo in pratica da coach Casey: i Raptors vogliono aumentare la loro pericolosità perimetrale (22° per triple tentate l’anno scorso) anche se l’allenatore è il primo a sapere che la mutazione non sarà immediata: “Non è che si compie una magia e accade, non funziona così. Ci vorrà tempo”. A maggior ragione conoscendo le caratteristiche dei giocatori (DeRozan ad esempio è un giocatore che eccelle nel mid-range) e le abitudini a giocare un ritmo di pallacanestro non certo forsennato (solo sette squadre hanno avuto un pace factor inferiore l’anno scorso). “Non saranno triple ricavate da un gioco in velocità, frenetico, perché non siamo noi; voglio che arrivino da un maggior movimento di palla, da una migliore esecuzione anche sul lato debole”. 

Una panchina troppo inesperta?

Delon Wright e Norman Powell alla loro terza stagione NBA, la coppia di cambi sotto canestro – Pascal Siakam e Jakob Poeltl – solo alla loro seconda, più il rookie OG Anunoby: le seconde linee a disposizione di coach Casey non hanno molto vissuto NBA da portare in campo. Può essere un bene (grandi margini di miglioramento) ma può anche essere un male, se si vuole puntare in alto da subito. Dei cinque nomi, i due a cui viene chiesto di più sono senza dubbio Powell (anche alla luce del suo rinnovo contrattuale) e Siakam, che già all’esordio ha collezionato 38 partenze in quintetto e dato indicazioni più che positive al coaching staff dei canadesi. Il rendimento della second unit di Toronto (terza l’anno scorso per net rating, dietro solo a Spurs e Warriors) è una variabile fondamentale per poter avere ambizioni importanti. 

Obiettivi

L’idea generale è che a Est i Raptors siano un gradino sotto alle due squadre favorite, Cleveland Cavs e Boston Celtics. L’obiettivo dei canadesi è proprio questo, quello di scalzare una delle due avversarie da quella posizione, per occuparla in prima persona. Vorrebbe dire tornare a giocarsi le finali di conference, che nel 2016 li aveva visti fermarsi a due vittorie soltanto dalla finale NBA. Non facile ma neppure impossibile.